Sulla regolarità della notifica all’estero

Cass. Civ., sez. III, sentenza 8 novembre 2018, n. 28509 (rel. C. D'Arrigo)

In tema di notificazione o comunicazione di atti giudiziari fra Stati membri dell'Unione europea, regolata dal Regolamento CE n. 1393/2007, è onere del notificante dimostrare che l'atto fosse, ai sensi dell'art. 8 del citato Regolamento, redatto o accompagnato da una traduzione in una lingua compresa dal destinatario oppure nella lingua ufficiale dello Stato di destinazione. Tale dimostrazione può essere fornita anche mediante l'attestazione rilasciata dall'ufficiale giudiziario italiano, ma tale attestazione, essendo relativa ad una notificazione che si perfeziona all'estero, secondo la legge del luogo di destinazione e sotto il controllo del relativo organo ricevente, non fa fede fino a querela di falso e può essere superata dalla prova contraria.
Ove sia accertata la carenza, nella copia ricevuta dal destinatario di altro Stato membro, della traduzione dell'atto nella lingua richiesta da questa, il destinatario ha diritto ad un termine per la regolarizzazione, ovvero, in alternativa, il termine perentorio dalla ricezione dell'atto, a causa dell'irritualità di questo, non inizia a decorrere e, finché non sia provata - in base alla legge del luogo di destinazione della notifica - dal notificante la ricezione della copia tradotta, l'attività da lui espletata non può definirsi tardiva.

Le spese della pretestuosa chiamata in garanzia dell’assicuratore sono sempre a carico del chiamante

Cass. Civ., sez. III, sentenza 8 novembre 2018, n. 28510 (rel. C. D'Arrigo)

In tema di spese processuali, la palese infondatezza della domanda di garanzia proposta dal convenuto nei confronti di un terzo chiamato in giudizio comporta l'applicabilità del principio di soccombenza nel rapporto processuale instauratosi fra di loro, anche quando l'attore sia, a sua volta, soccombente nei confronti del convenuto chiamante, atteso che quest'ultimo sarebbe stato soccombente nei confronti del terzo anche in caso di esito diverso della causa principale (Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 10070 del 21/04/2017; Sez. 3, Sentenza n. 8363 del 08/04/2010).

Danni da pignoramento illegittimo

Cass. Civ., sez. III, sentenza 8 novembre 2018, n. 28527 (rel. M. Rossetti)

La domanda di risarcimento del danno derivato dall'incauta trascrizione d'un pignoramento, ai sensi dell'art. 96, comma secondo, c.p.c., può essere proposta in via autonoma solo: (a) quando non sia stata proposta opposizione all'esecuzione, né poteva esserlo; (b) ovvero quando, proposta opposizione all'esecuzione, il danno patito dall'esecutato sia insorto successivamente alla definizione di tale giudizio, e sempre che si tratti di un danno nuovo ed autonomo, e non d'un mero aggravamento del pregiudizio già insorto prima della definizione del giudizio di opposizione all'esecuzione.

Sulla notifica degli atti introduttivi alle Amministrazioni presso l’Avvocatura dello Stato

Cass. Civ., sez. III, sentenza 8 novembre 2018, n. 28528 (rel. C. D'Arrigo)

L'impugnazione del preavviso di fermo amministrativo previsto dall'art. 86 del d.P.R. n. 602 del 1973, avendo natura di ordinaria azione di accertamento negativo della pretesa creditoria, segue le regole generali del rito ordinario di cognizione, con la conseguenza che ad essa è applicabile la previsione di cui al combinato disposto dell'art. 144, primo comma, cod. proc. civ. e dell'art. 11, primo comma, del r.d. n. 1611 del 1933, in forza del quale l'atto introduttivo del giudizio nei confronti di un'amministrazione dello Stato deve essere notificato presso l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato nel cui distretto ha sede l'autorità giudiziaria competente, con esclusione della deroga prevista dagli artt. 6, comma 9, e 7, comma 8, del d.lgs. n. 150 del 2011, valevole solamente per í giudizi di opposizione ad ordinanza-ingiunzione e di opposizione al verbale di accertamento di violazione del codice della strada.

La notificazione dell'atto introduttivo di un giudizio eseguita direttamente all'Amministrazione dello Stato e non presso l'Avvocatura distrettuale dello Stato, nei casi nei quali non vi è deroga alla regola di cui all'art. 11 r.d. n. 1611 del 1933, non può ritenersi affetta da mera irregolarità, ma, secondo quanto espressamente previsto da tale disposizione, da nullità, ma non anche da inesistenza. Essa è quindi suscettibile di rinnovazione ai sensi dell'art. 291 cod. proc. civ., ovvero di sanatoria, qualora l'Amministrazione si costituisca (Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 21574 del 2017)
Un'eccezione alla regola generale dell'obbligo di difesa - ed alla conseguente domiciliazione ex lege - delle amministrazioni statali riservata all'Avvocatura dello Stato è rinvenibile nel giudizio di opposizione a ordinanza-ingiunzione e a sanzione amministrativa già regolato dagli artt. 22 ss. della legge 24 novembre 1981, n. 689, e ora regolamentato dagli artt. 6 e 7 del d.lgs. 1° settembre 2011, n. 150.
In particolare, l'art. 6, commi 8 e 9, del d.lgs. n. 150 del 2011, stabilisce che il decreto di fissazione dell'udienza di comparizione delle parti deve essere notificato dalla cancelleria, unitamente al ricorso introduttivo, all'opponente ed all'autorità che ha emesso l'ordinanza impugnata, e che tali parti possono stare in giudizio personalmente, potendo l'autorità opposta avvalersi di funzionari appositamente delegati allorquando detta autorità sia un'amministrazione dello Stato. Ciò comporta, quindi, una deroga all'art. 11, comma primo, del r.d. n. 1611 del 1933 sull'obbligatorietà della notificazione all'Avvocatura dello Stato degli atti introduttivi di un giudizio contro le amministrazioni erariali; inoltre, allorquando l'autorità opposta sia rimasta contumace ovvero si sia costituita personalmente (o tramite funzionario delegato), è derogato anche il secondo comma del sud detto art. 11, che prevede la notificazione degli altri atti giudiziari e delle sentenze presso la stessa Avvocatura (Sez. U, Sentenza n. 599 del 24/08/1999; Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 25080 del 07/11/2013; Sez. 2, Sentenza n. 14279 del 19/06/2007).

Rimessa alle Sezioni Unite la questione concernente la responsabilità della P.A., ex art. 28 Cost., per condotte dei dipendenti pubblici dirette a perseguire finalità esclusivamente personali mediante la realizzazione di un reato doloso

Cass. Civ., Sez. III, ordinanza 5 novembre 2018, n. 28079 (Rel. Scrima)

La questione, oggetto di contrasto, concernente la configurabilità della responsabilità civile della P.A., ex art. 28 Cost., anche per le condotte dei dipendenti pubblici dirette a perseguire finalità esclusivamente personali mediante la realizzazione di un reato doloso, quando le stesse siano poste in essere sfruttando, come premessa necessaria, l’occasione offerta dall’adempimento di funzioni pubbliche, e costituiscano, inoltre, non imprevedibile sviluppo dello scorretto esercizio di tali funzioni è stata rimessa al primo Presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite

Rimessa alle Sezioni Unite la questione del bilanciamento del diritto di cronaca e del diritto all’oblio

Cass. Civ., Sez. III, ordinanza 5 novembre 2018, n. 28084 (Rel. Gianniti)

Il delicato assetto dei rapporti tra diritto all'oblio e diritto di cronaca o di manifestazione del pensiero assume così - alla luce del vigente quadro normativo e giurisprudenziale, nazionale ed europeo, il primo dei quali come di recente innovato, a garanzia del generale principio della certezza del diritto - i contorni della questione di massima di particolare importanza, parendo ormai indifferibile l'individuazione di univoci criteri di riferimento che consentano agli operatori del diritto (ed ai consociati) di conoscere preventivamente i presupposti in presenza dei quali un soggetto ha diritto di chiedere che una notizia, a sé relativa, pur legittimamente diffusa in passato, non resti esposta a tempo indeterminato alla possibilità di nuova divulgazione; e, in particolare, precisare in che termini sussiste l'interesse pubblico a che vicende personali siano oggetto di (ri)pubblicazione, facendo così recedere il diritto all'oblio dell'interessato in favore del diritto di cronaca. Si rimettono pertanto gli atti al Primo Presidente della Corte per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite della questione di massima di particolare importanza, concernente il bilanciamento del diritto di cronaca - posto al servizio dell'interesse pubblico all'informazione - e del c.d. diritto all'oblio - posto a tutela della riservatezza della persona - alla luce del quadro normativo e giurisprudenziale negli ordinamenti interno e sovranazionale.

Spese processuali

Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 5 novembre 2018, n. 28190 (Rel. La Torre)

La condanna ex art. 91 c.p.c. alle spese processuali a norma dell'art. 91 c.p.c., ha il suo fondamento nell'esigenza di evitare una diminuzione patrimoniale alla parte che ha dovuto svolgere un'attività processuale per ottenere il riconoscimento e l'attuazione di un suo diritto; sicché essa non può essere pronunziata in favore del contumace vittorioso, poiché questi, non avendo espletato alcuna attività processuale, non ha sopportato spese al cui rimborso abbia diritto (cfr. da ultimo Cass. n. 16174 del 19/06/2018). Principio applicabile anche nel processo tributario, come implicitamente confermato dall'art. 15, comma 2 sexies, del d.lgs. n. 546 del 1992 ( Cass., Sez. VI - 5, n. 12195 del 18/05/2018).

Ricorso per cassazione: le questioni nuove o i nuovi temi di contestazione sono inammissibili

Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 2 novembre 2018, n. 28060 (Rel. Nazzicone)

I motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d'inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio d'appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito, tranne che non si tratti di questioni rilevabili d'ufficio. Il ricorrente, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l'onere non solo di allegare l'avvenuta deduzione della questione avanti al giudice del merito, ma anche di indicare in quale atto del precedente giudizio lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassa ione di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminarne il merito (conf. Cass. 22069/2015).

Sulla nullità del saggio degli interessi moratori convenzionali

Cass. Civ., sez. III, ordinanza 30 ottobre 2018, n. 27442 (rel. M. Rossetti)

E' nullo il patto col quale si convengano interessi convenzionali moratori che, alla data della stipula, eccedano il tasso soglia di cui all'art. 2 della I. 7.3.1996 n. 108, relativo al tipo di operazione cui accede il patto di interessi moratori convenzionali.
Il riscontro dell'usurarietà degli interessi convenzionali moratori va compiuto confrontando puramente e semplicemente il saggio degli interessi pattuito nel contratto col tasso soglia calcolato con riferimento a quel tipo di contratto, senza alcuna maggiorazione od incremento: è infatti impossibile, in assenza di qualsiasi norma di legge in tal senso, pretendere che l'usurarietà degli interessi moratori vada accertata in base non al saggio rilevato ai sensi dell'art. 2 I. 108/96, ma in base ad un fantomatico tasso talora definito nella prassi di "mora-soglia", ottenuto incrementando arbitrariamente di qualche punto percentuale il tasso soglia.
Nonostante l'identica funzione sostanziale degli interessi corrispettivi e di quelli moratori, l'applicazione dell'art. 1815, comma secondo, cod. civ. agli interessi moratori usurari non sembra sostenibile, atteso che la norma si riferisce solo agli interessi corrispettivi, e considerato che la causa degli uni e degli altri è pur sempre diversa: il che rende ragionevole, in presenza di interessi convenzionali moratori usurari, di fronte alla nullità della clausola, attribuire secondo le norme generali al danneggiato gli interessi al tasso legale.