Identificazione del mezzo di impugnazione

Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 4 marzo 2019, n. 6283 (Rel. Rossetti)

L'identificazione del mezzo di impugnazione esperibile contro un provvedimento giurisdizionale va operata con riferimento esclusivo alla qualificazione giuridica dell'azione effettuata dal giudice nello stesso provvedimento, a prescindere dalla sua esattezza o dalle indicazioni della parte, fermo il potere del giudice ad quem di operare una autonoma qualificazione non solo ai fini del merito, ma anche dell'ammissibilità stessa dell'impugnazione (conf. Cass., Sez. III, sentenza 22 giugno 2016, n. 12872).

Limiti al risarcimento del danno biologico

Cass. Civ., sez. III, 28 febbraio 2019, n. 5820 (Rel. Gianniti)

Il legislatore ha voluto ancorare la liquidazione del danno biologico, sia temporaneo che permanente, in presenza di postumi micro-permanenti o senza postumi, ad un rigoroso riscontro obiettivo in rapporto alla singola patologia. Invero, vi sono malattie che si estrinsecano con delle alterazioni strumentali, che non sono rilevabili clinicamente o neppure all'esame obiettivo: si consideri un trauma cranico con microlesione encefalica che dia luogo ad un focolaio epilettogeno; detta patologia produce sintomatologia di tipo temporale, che solo il paziente è in grado di riferire, ed è dimostrabile soltanto strumentalmente (mediante un'alterazione dell'EEG). Al contrario, i disturbi psico reattivi e le lesioni sensoriali non sono generalmente suscettibili di essere dimostrati mediante un accertamento strumentale, ma possono essere accertate ricorrendo ad un esame clinico.
Il danno biologico, per potere essere risarcito, deve essere obiettivamente sussistente in corpore, e detta sua sussistenza deve potersi predicare sulla base (non di intuizioni o suggestioni, ma) di una corretta criteriologia medico legale.

Notifica telematica di sentenza ad indirizzo INIPEC: non fa decorrere il termine breve per le impugnazioni ex art. 326 c.p.c.

Cass. Civ., sez. III, sentenza 8 febbraio 2019, n. 3709 (rel. C. D'Arrigo)

Il domicilio digitale previsto dall'art. 16-sexies del d.l. n. 179 del 2012, conv. con modif. in l. n. 221 del 2012, come modificato dal d.l. n. 90 del 2014, conv., con modif., in l. n. 114 del 2014, corrisponde all'indirizzo PEC che ciascun avvocato ha indicato al Consiglio dell'Ordine di appartenenza e che, per il tramite di quest'ultimo, è inserito nel Registro Generale degli Indirizzi Elettronici (ReGindE) gestito dal Ministero della giustizia. Solo questo indirizzo è qualificato ai fini processuali ed idoneo a garantire l'effettiva difesa, sicché la notificazione di un atto giudiziario ad un indirizzo PEC riferibile - a seconda dei casi - alla parte personalmente o al difensore, ma diverso da quello inserito nel ReGindE, è nulla, restando del tutto irrilevante la circostanza che detto indirizzo risulti dall'l'Indice Nazionale degli Indirizzi di Posta Elettronica Certificata (INI-PEC)".

Buca: nessuna insidia se il danneggiato conosce lo stato dei luoghi e non presta attenzione. Condanna per lite temeraria

Cass. Civ., sez. III, ordinanza 27 febbraio 2019, n. 5725 (rel. A Di Florio)

Deve escludersi la responsabilità dell'ente comunale per i danni causati dalla caduta in una buca presente sul manto stradale, nel caso in cui il danneggiato conosca lo stato dei luoghi e non abbia prestato la dovuta attenzione mentre scendeva dall'auto.
Nel caso di specie, è stata attribuita correttamente valenza confessoria alle dichiarazioni rese dal danneggiato in sede di interrogatorio formale (" il sinistro è avvenuto in pieno giorno, con visibilità buona" ; "io guardavo la strada" ; " nessun ostacolo impediva la visione dei luoghi" "via Balduina è piena di buche" ). Ciò in quanto la valutazione delle dichiarazioni rese dalla parte in sede di interrogatorio formale, ove sostenuta da motivazione congrua e logica non è censurabile in sede di legittimità e risponde, comunque, alla regola che, ove la parte riferisca fatti ( a se sfavorevoli ) le sue dichiarazioni hanno valore confessorio.

Nel caso in esame, le censure contenute nel ricorso - in parte inammissibili perché tendenti ad ottenere rivalutazioni di merito della controversia, in parte manifestamente infondate ed, oltre tutto, relative ad una sentenza che aveva respinto la domanda di revocazione rispetto al una pronuncia d'appello conforme a quella di primo grado - devono ritenersi tanto erronee da non essere compatibili con un quadro ordinamentale che, da una parte, deve universalmente garantire l'accesso alla giustizia ed alla tutela dei diritti ( cfr. art. 6 CEDU ) e, dall'altra, deve tener conto del principio costituzionalizzato della ragionevole durata del processo ( art. 111 Cost. ) e della necessità di creare strumenti dissuasivi rispetto ad azioni meramente dilatorie e defatigatorie: in tale contesto la Suprema Corte condanna il ricorrente al pagamento di una somma ulteriore ex art. 96 ult. comma c.p.c.
Infatti, ai fini della condanna ex art. 96, terzo comma, cod. proc. civ. può costituire abuso del diritto all'impugnazione la proposizione di un ricorso per cassazione basato su motivi manifestamente incoerenti con il contenuto della sentenza impugnata, o completamente privo di autosufficienza oppure contenente una mera complessiva richiesta di rivalutazione nel merito della controversia, oppure fondato sulla deduzione del vizio di cui all'art. 360 n° 5 cpc, ove sia applicabile, ratione temporis, l'art. 348ter u.co cpc che ne esclude la invocabilità.
In tali ipotesi, il ricorso per cassazione integra un ingiustificato sviamento del sistema giurisdizionale, essendo non già finalizzato alla tutela dei diritti ed alla risposta alle istanze di giustizia, ma destinato soltanto ad aumentare il volume del contenzioso e, conseguentemente, a ostacolare la ragionevole durata dei processi pendenti ed il corretto impiego delle risorse necessarie per il buon andamento della giurisdizione.

La procura necessaria per il ricorso in Cassazione

Cass. Civ., Sez. I, ordinanza 26 febbraio 2019, n. 5677 (Rel. Nazzicone)

Ai fini dell'ammissibilità del ricorso per cassazione, sotto il profilo della sussistenza della procura speciale al difensore iscritto nell'apposito albo, richiesta dall'art. 365 c.p.c., è essenziale, da un lato, che la procura sia rilasciata in epoca anteriore alla notificazione del ricorso e, dall'altro, che essa investa il difensore espressamente del potere di proporre ricorso per cassazione contro una sentenza determinata e pronunciata necessariamente in epoca antecedente al rilascio della procura speciale.

Azione diretta terzo trasportato ex art. 141 cda: non si tratta di responsabilità oggettiva. Il caso fortuito (costituito da fatto del terzo) esclude il risarcimento da parte del vettore.

Cass. Civ., sez. III, sentenza 13 febbraio 2019, n. 4147 (rel. C. Graziosi)

L'art. 141 CdA, in conseguenza del riferimento al caso fortuito - nella giuridica accezione inclusiva delle condotte umane - come limite all'obbligo risarcitorio dell'assicuratore del vettore verso il trasportato danneggiato nel sinistro, richiede che il vettore sia almeno corresponsabile del sinistro quale presupposto della condanna risarcitoria del suo assicuratore; una volta accertato l'an della responsabilità del vettore, non occorre accertare quale sia la misura di responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti, dovendo comunque l'assicuratore del vettore risarcire in toto il trasportato, salva eventuale rivalsa verso l'assicuratore di altro corresponsabile o di altri corresponsabili della causazione del sinistro.
La totale assenza di responsabilità del vettore deve essere inoltre dimostrata dal suo assicuratore provando che il caso fortuito è stata l'unica causa del sinistro, salvo che l'assicuratore di un altro dei veicoli coinvolti non intervenga e non lo esoneri dall'obbligo risarcitorio dichiarando la esclusiva responsabilità del proprio assicurato, in tal caso il giudice dovendo subito estromettere l'assicuratore del vettore, la domanda risarcitoria rivolgendosi ex lege verso l'assicuratore intervenuto.

La personalizzazione del danno non patrimoniale

Cass. Civ., Sez. III, sentenza 30 gennaio 2019, n. 2788 (Rel. Porreca)

La "personalizzazione" della liquidazione non concerne, come affermato dalla corte di appello, le oscillazioni tabellari che definiscono il "range" astrattamente individuato per monetizzare le "ordinarie" conseguenze del punto d'invalidità accertato (congegnato in modo da lasciare così al giudicante un margine per il concreto apprezzamento equitativo delle appena menzionate ricadute pregiudizievoli). La "personalizzazione" in parola riguarda le eccezionali conseguenze dannose che, rispetto a quelle (da ritenere) incluse nello "standard" statistico sintetizzato dal punto d'invalidità, permettano e anzi, quando del caso, impongano un incremento rispetto a quel "range".

Responsabilità cose in custodia – Art. 2051 c.c. – Insidia – Macchia d’olio – Caso fortuito

Cass. Civ., sez. VI, ordinanza 20 febbraio 2019, n. 4963 (rel. A. Tatangelo)

La responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia, di cui all'art. 2051 c.c., opera anche per la P.A. in relazione ai beni demaniali, con riguardo, tuttavia, alla causa concreta del danno, rimanendo l'amministrazione liberata dalla medesima responsabilità ove dimostri che l'evento sia stato determinato da cause estrinseche ed estemporanee create da terzi, non conoscibili né eliminabili con immediatezza, neppure con la più diligente attività di manutenzione, ovvero da una situazione (nella specie, una macchia d'olio, presente sulla pavimentazione stradale, che aveva_provocato la rovinosa caduta di un motociclista) la quale imponga di qualificare come fortuito il fattore di pericolo, avendo esso esplicato la sua potenzialità offensiva prima che fosse ragionevolmente esigibile l'intervento riparatore dell'ente custode.

Prevedibilità della situazione di pericolo: deve escludersi la responsabilità dell’ente proprietario per danni da difetto di manutenzione della sede stradale

Trib. Ragusa, 21 febbraio 2019, n. 53

L’ente proprietario di una strada aperta al pubblico transito risponde ai sensi dell’art. 2051 c.c., per difetto di manutenzione, dei sinistri riconducibili a situazioni di pericolo connesse alla struttura o alle pertinenze della strada stessa, salvo che si accerti la concreta possibilità per l’utente danneggiato di percepire o prevedere con l’ordinaria diligenza la situazione di pericolo. Nel compiere tale ultima valutazione, si dovrà tener conto che quanto più questo è suscettibile di essere previsto e superato attraverso l’adozione di normali cautele da parte del danneggiato, tanto più il comportamento della vittima incide nel dinamismo causale del danno, sino ad interrompere il nesso eziologico tra la condotta attribuibile all’ente e l’evento dannoso” (Cass. 23919/2013; nello stesso senso, Cass. 22419/2017, 11228/2017, 10129/2015 e 287/2015).