Responsabilità sanitaria da errata diagnosi: ctu e danni risarcibili
In
materia di responsabilità sanitaria, "la consulenza tecnica è di norma
«consulenza percipiente» a causa delle conoscenze tecniche
specialistiche necessarie, non solo per la comprensione dei fatti, ma
per la rilevabilità stessa dei fatti, i quali, anche solo per essere
individuati, necessitano di specifiche cognizioni e/o strumentazioni
tecniche; atteso che, proprio gli accertamenti in sede di consulenza
offrono al giudice il quadro dei fattori causali entro il quale far operare
la regola probatoria della certezza probabilistica per la ricostruzione
del nesso causale" (così, in motivazione, Cass. Sez. III, sentenza 20
ottobre 2014, n. 22225).
In presenza di colpevoli ritardi nella diagnosi di
patologie ad esito infausto, l'area dei danni risarcibili non si esaurisce,
[...], nel pregiudizio recato alla
integrità fisica del paziente (privato, in ipotesi, della possibilità di
guarigione o, in alternativa, di una più prolungata - e
qualitativamente migliore - esistenza fino all'esito fatale), ma include
la perdita di un "ventaglio" di opzioni, con le quali affrontare la
prospettiva della fine ormai prossima, ovvero "non solo l'eventuale
scelta di procedere (in tempi più celeri possibili) all'attivazione di una
strategia terapeutica, o la determinazione per la possibile ricerca di
alternative d'indole meramente palliativa, ma anche la stessa
decisione di vivere le ultime fasi della propria vita nella cosciente e
consapevole accettazione della sofferenza e del dolore fisico (senza
ricorrere all'ausilio di alcun intervento medico) in attesa della fine",
giacché, tutte queste scelte "appartengono, ciascuna con il proprio
valore e la propria dignità, al novero delle alternative esistenziali"
(così, nuovamente, Cass. Sez. III, ordinanza n. 7260/2018).