Perdita rapporto parentale nonno-minore – Danno morale – Danno futuro – Escluso il risarcimento alla nipote di otto mesi

Cass. Civ., sez. III, sentenza 26 aprile 2022, n. 12987

La perdita del legame affettivo è perdita attuale, consiste nella definitiva, per l'appunto, impossibilità di godere di quel legame, difficile da ammettersi come perdita differita rispetto alla lesione, come invece potrebbe in astratto essere per la sofferenza morale. Con la conseguenza che la perdita del rapporto parentale è pregiudizio rilevante solo per il congiunto che di tale rapporto sia parte, ovviamente non in senso formale, ma che lo sia nel senso di poter trarre dal rapporto le "utilità" che esso offre: reciproco affetto, solidarietà, comunanza familiare, la cui natura presuppone naturalmente una certa capacità di trarre beneficio da quel rapporto, di averne le "utilità" che offre e che l'illecito fa perdere definitivamente. E che l'infante non ha. Se si può ammettere, in astratto, una eventuale sofferenza postuma, non si può ammettere un godimento postumo dei beni che il rapporto familiare consente.

Valutazione equitativa del danno presuppone che la relativa prova sia stata raggiunta

Cass. Civ., sez. VI, ordinanza 18 marzo 2022, n. 8941 (rel. M. Gorgoni)

La valutazione equitativa presuppone che il danno sia certo nella sua esistenza ontologica (Cass. 19/12/2011, n. 27447), cioè che «la sussistenza di un danno risarcibile nell'an debeatur sia stata dimostrata ovvero sia incontestata» (Cass. 04/04/2017, n. 8662). Ne consegue che, ove la prova del danno non sia stata raggiunta, non può chiedersi al giudice di creare i presupposti logici e normativi per la liquidazione del danno richiesto (Cass. 04/08/2017, n. 19447). Non solo: al danneggiato si chiede di provare i parametri per una liquidazione equitativa e le ragioni che gli hanno impedito l'accertamento degli specifici effetti dannosi concretamente riconducibili all'illecito, rendendo il danno di difficile o impossibile quantificazione.

RCA – FGVS – Massimali minimi di legge – Irretroattività – Mala gestio e ingiustificato ritardo

Cass. Civ., sez. III, ordinanza 18 marzo 2022, n. 8900 (rel. E. Vincenti)

In tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore o dei natanti, qualora l’assicuratore sia sottoposto a liquidazione coatta amministrativa, il danno risarcibile dal Fondo di Garanzia per le vittime della strada, anche se lo stesso sta in giudizio per il tramite del suo rappresentante ex lege, costituito dall’impresa designata (come nella specie) o cessionaria, resta assoggettato al limite fissato dall’art. 21, ultimo comma, della legge n. 990 del 1969, in forza del rinvio a detta norma operato dall’art. 4 del d.l. n. 576 del 1978, convertito nella legge n. 738 del 1978, cioè ai cosiddetti “massimali minimi di legge”, indicati nella tabella A allegata alla citata legge n. 990 del 1969, con gli adeguamenti disposti dai decreti emanati, con il procedimento di cui all’art. 9, comma secondo, della medesima legge n. 990, fino alla data della verificazione del sinistro ed a quella data vigenti, restando, viceversa, esclusa l’operatività retroattiva di eventuali decreti di adeguamento intervenuti dopo quella data (Cass. n. 7247/2006).
Il limite del massimale minimo di legge così individuato può, tuttavia, essere superato in ipotesi di ingiustificato ritardo nell’adempimento dell’obbligo risarcitorio gravante sul Fondo di Garanzia nei confronti del danneggiato (cosiddetta mala gestio impropria) e con riferimento a quanto risulti dovuto per interessi legali e rivalutazione monetaria, decorrenti dalla scadenza del termine previsto - quale spatium deliberandi - dall’art. 22 della legge n. 990 del 1990 (norma, applicabile ratione temporis, oggi sostituita dall’art. 145 del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209), che si identifica con quello della costituzione in mora (tra le altre: Cass. n. 7247/2006, Cass. n. 23870/2006 e Cass. n. 15900/2014).

Resp. medica ante Legge Gelli – Aborto – Onere probatorio

Cass. Civ., sez. III, sentenza 29 marzo 2022, n. 10050 (rel. P. Spaziani)

Con riguardo al le fattispecie di responsabilità medica non sottoposte al nuovo regime introdotto dalla legge n. 24 del 2017 (la quale non trova applicazione in ordine ai fatti verificatisi anteriormente alla sua entrata in vigore: Cass. 8 novembre 2019, n. 28811; Cass. 11 novembre 2019, n. 28994 ), questa Corte, con orientamento consolidatosi sin dagli ul timi anni del l o scorso millennio, ha chiarito che, nell'ipotesi in cui il paziente alleghi di aver subìto danni in conseguenza di una attività svolta dal medico (eventualmente, ma non necessariamente, sulla base di un vincolo di dipendenza con la struttura sanitaria) in esecuzione dell a prestazione che forma oggetto del rapporto obbligatorio tra quest'ultima e il paziente, tanto la responsabilità della struttura quanto quella del medico vanno qualificate in termini di responsabilità contrattuale: la prima, in quanto conseguente all'inadempimento dell e obbligazioni derivanti dal contratto atipico di spedalità o di assistenza sanitaria, che il debitore (la struttura) deve adempiere personalmente (rispondendone ex art. 1218 c.c.) o mediante il personale sanitario (rispondendone ex art. 1228 c.c.); la seconda, in quanto conseguente alla violazione di un obbligo di comportamento fondato sulla buona fede e funzionale a tutelare l'affidamento sorto in capo al paziente in seguito al contatto sociale avuto con il medico, che diviene quindi direttamente responsabile, ex art. 1218 c.c., della violazione di siffatto obbligo (a partire da Cass. 22 gennaio 1999, n. 589, cfr., tra le tante: Cass. 19 aprile 2006, n. 9085; Cass. 14 giugno 2007, n. 13953; Cass. 31 marzo 2015, n. 6438; Cass. 22 settembre 2015, n. 18610).
Nell'ipotesi - come quella in esame - in cui il paziente faccia valere la responsabilità del medico e della struttura sanitaria per i danni derivatigli da un intervento che si assume svolto in spregio alle leges artis, l'attore è tenuto a provare, anche attraverso presunzioni, il nesso di causalità materiale intercorrente tra la condotta del medico e l'evento dannoso, consistente nella lesione della salute e nelle altre lesioni ad essa connesse (nella specie, la perdita del concepito); è, invece, onere dei convenuti, ove il predetto nesso di causalità materiale sia stato dimostrato, provare o di avere eseguito la prestazione con la diligenza, la prudenza e la perizia richieste nel caso concreto, o che l'inadempimento (ovvero l'adempimento inesatto) è dipeso dall'impossibilità di eseguirla esattamente per causa ad essi non imputabile (Cass. 26 novembre 2020, n. 26907).

Danno morale – Per la liquidazione non rilevano fatti e avvenimenti successivi all’evento dannoso

Cass. Civ., sez. VI, ordinanza 16 aprile 2022, n. 12060 (rel. S.G. Guizzi)

La liquidazione del danno morale, quale sofferenza interiore patita dalla vittima dell'illecito, deve effettuarsi con riferimento al momento dell'evento dannoso ed alle caratteristiche dello stesso, mentre non incidono su di essa fatti ed avvenimenti successivi, quale la morte del soggetto leso.

RCA – Mora dell’assicuratore e massimale

Cass. Civ., sez. VI, ordinanza 17 marzo 2022, n. 8676 (rel. M. Rossetti)

La mora dell'assicuratore della r.c.a. nei confronti del danneggiato ha conseguenze diverse a seconda che il massimale sia capiente o incapiente.
Sino a quando il massimale resti capiente rispetto al danno causato dall'assicurato al terzo, la mora dell'assicuratore è giuridicamente insignificante, perché resta assorbita dalla mora dell'assicurato. Quest'ultimo infatti, in quanto autore di un fatto illecito, è tenuto al pagamento degli interessi (compensativi) di mora dal giorno dell'illecito, ai sensi dell'art. 1219, secondo comma, n. 1, c.c., interessi che costituiscono una delle voci del risarcimento spettante al terzo. L'assicuratore della r.c.a. ha l'obbligo di pagare al terzo danneggiato il medesimo risarcimento a quegli dovuto dall'assicurato: sia a titolo di capitale, sia a titolo di interessi. Pertanto gli interessi dovuti dall'assicurato al danneggiato ai sensi dell'art. 1219 c.c. sono ipso facto dovuti anche dall'assicuratore della r.c.a., e vanno calcolati col saggio e sul capitale stabiliti dalle Sezioni Unite di questa Corte con la nota sentenza 17.2.1995 n. 1712, e cioè ad un tasso equitativamente scelto dal giudice in considerazione delle peculiarità del caso, applicato sulla semisomma tra credito espresso in moneta dell'epoca dell'illecito, e credito rivalutato all'epoca della decisione. Pertanto sino al limite di capienza del massimale l'assicuratore in mora sarà tenuto a versare all'assicurato gli stessi interessi dovuti dall'assicurato, vale a dire gli interessi compensativi computati secondo i criteri stabiliti da Sez. U, Sentenza n. 1712 del 17/02/1995. Questa è la ragione per la quale si è affermato che l'obbligazione dell'assicuratore della r.c.a., la quale è una obbligazione di valuta, fino a quando non supera il massimale "si comporta" come una obbligazione di valore per quanto attiene le conseguenze della mora (Sez. 3, Sentenza n. 28811 del 08/11/2019).
Quando il danno causato dall'assicurato eccede il massimale, l'obbligazione dell'assicuratore nei confronti del terzo danneggiato ha per oggetto l'intero massimale.
Quando l'assicuratore della r.c.a. sia tenuto al pagamento dell'intero massimale, e non adempia nei termini di legge, non può ovviamente più pretendere che le conseguenze della (sua) mora restino contenute nel limite del massimale. Quel limite, infatti, concerne una garanzia per fatto altrui, e cioè il risarcimento del danno causato dall'assicurato. Ma se l'assicuratore della r.c.a. debba versare alla vittima l'intero massimale e non lo faccia nei tennini di legge, tale ritardo sarà imputabile a lui, non al fatto dell'assicurato. Pertanto in virtù del principio di autoresponsabilità (per effetto del quale ciascuno deve sopportare le conseguenze giuridiche delle proprie azioni od omissioni) l'assicuratore in mora nel pagamento dell'intero massimale sarà tenuto a sopportare gli effetti della mora stessa sena limiti di sorta. In questo caso infatti le conseguenze della mora scaturiscono dall'inadempimento dell'assicuratore, e non dall'illecito dell'assicurato.

Opposizione a decreto ingiuntivo – Domanda nuova in comparsa di costituzione e risposta

Cass. Civ., sentenza 5 marzo 2022, n. 13491 (rel. L. Semeraro)

In tema di opposizione a decreto ingiuntivo il convenuto opposto può proporre con la comparsa di costituzione e risposta tempestivamente depositata una domanda nuova, diversa da quella posta a fondamento del ricorso per decreto ingiuntivo, anche nel caso in cui l'opponente non abbia proposto una domanda o un 'eccezione riconvenzionale e sia limitato a proporre eccezioni chiedendo la revoca del decreto opposto, qualora tale domanda si riferisca alla medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio, attenga allo stesso sostanziale bene della vita e sia connessa per incompatibilità a quella originariamente proposta.

Surroga INPS – Concorso di colpa del danneggiato – Limiti

Cass. Civ., sez. III, sentenza 21 marzo 2022, n. 9002 (rel. F.G.A. Frasca)

Il congegno della surrogazione non può diventare fonte di lucro per chi lo subisce neppure quando il ristoro del danno spetti da parte di soggetti diversi: tale eventualità è scongiurata, appunto, dal diritto di surrogazione dell'assicuratore per il recupero delle spese effettivamente sostenute e delle indennità eventualmente versate all'assicurato nei confronti del terzo responsabile del fatto dannoso, fino a concorrenza dell'ammontare della somma erogata, ma entro i limiti del quantum liquidato a favore del danneggiato, senza che possa tenersi conto del concorso di colpa di quest'ultimo nella produzione del danno
(cfr. Cass. Sez. 3n. 2595 del 1979; Sez. 3 n. 9742 del 07 ottobre 1997; Cass. Sez. 3 n. 293 del 1973; Cass. n. 2341 del 1977; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2823 del 06 agosto 1968; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 3761 del 03 luglio 1979; Cass. Sez. 3, sentenza n. 20357 del 21 ottobre 2005).

Danno da perdita della capacità di lavoro – Danno permanente da incapacità di guadagno – Liquidazione – Inadeguati i coefficienti di capitalizzazione del 1922

Cass. Civ., sez. III, sentenza 21 marzo 2022, n. 9002 (rel. F.G.A. Frasca)

Il danno permanente da incapacità di guadagno non può essere liquidato in base ai coefficienti di capitalizzazione approvati con r.d. n. 1403 del 1922, i quali, a causa dell'innalzamento della durata media della vita e dell'abbassamento dei saggi di interesse, non garantiscono l'integrale ristoro del danno, e con esso il rispetto della regola di cui all'art. 1223 cod.civ. (cfr. Cass. Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 18093 del 31/08/2020).
Inoltre il danno da perdita della capacità di lavoro, come ogni altro credito risarcitorio, va liquidato stabilendo la quota del reddito perduta dalla vittima in conseguenza dell'invalidità causata dall'illecito; se l'ultimo reddito noto risale ad epoca anteriore al sinistro, detta liquidazione va operata rivalutando tale importo in base al coefficiente del costo della vita per le famiglie di operai ed impiegati (cd. FOI) calcolato dall'Istat e relativo al tempo del sinistro (cfr. Cass. Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 3545 del 13/02/2020).

Responsabilità da cose in custodia – L’Ente preposto alla manutenzione della strada non è tenuto sempre ad installare guard rail

Tribunale di Novara, sentenza 11 gennaio 2022, n. 4 (g. L. Casiraghi)

In tema di responsabilità da cose in custodia, le regole di comune prudenza e le disposizioni regolamentari in tema di manutenzione delle strade pubbliche non impongono al gestore, in base al rapporto di custodia, o comunque al principio del neminem laedere, l'apposizione di una recinzione dell'intera rete viaria, mediante guard-rail, anche nei tratti oggettivamente non pericolosi, al fine di neutralizzare qualsivoglia anomalia nella condotta di guida degli utenti.