29 Giugno 2022

Danni da emotrasfusione – Prescrizione

La presentazione della domanda di indennizzo ex I. n. 210 del 1992 segna il limite ultimo di decorrenza del termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno, a norma degli artt. 2935 e 2947, comma 1, c.c., ma ciò non esclude che il giudice di merito possa individuare in un momento precedente l'avvenuta consapevolezza del suddetto collegamento sulla base di un accertamento in fatto adeguatamente motivato (cfr., ex multis, Cass. n. 27757/2017).
Un siffatto accertamento circa il fatto che il danneggiato conoscesse (o potesse conoscere, con l'ordinaria diligenza) l'esistenza della malattia e la sua riconducibilità causale alla trasfusione può essere compiuto anche mediante presunzioni semplici, sempreché - tuttavia- «il fatto noto dal quale risalire a quello ignoto sia circostanza obiettivamente certa e non mera ipotesi o congettura, pena la violazione del divieto del ricorso alle "praesumptiones de praesumpto"» (Cass. n. 17421/2019).
Viceversa, incorre «in un errore di sussunzione e, dunque, nella falsa applicazione dell'art. 2935 c.c., il giudice di merito che, ai fini della determinazione della decorrenza del termine di prescrizione, ritenga tale conoscenza conseguita o, comunque, conseguibile da parte del paziente, pur in difetto di informazioni idonee a consentirgli di collegare causalmente la propria patologia alla trasfusione» (Cass. n. 13745/2018; conforme Cass. n. 24164/2019).

In un siffatto errore di sussunzione è incorsa la Corte di merito giacché non ha tenuto conto delle informazioni di cui il danneggiato era effettivamente in possesso prima degli accertamenti diagnostici eseguiti negli anni 1997 e 1998, per valutare se le stesse fossero idonee a consentirgli di ricollegare la malattia all’emotrafusione, ma ha ragionato in termini di possibilità che lo stesso avrebbe avuto di acquisire prima (già nel 1983 o, comunque, nel 1989) la consapevolezza della probabile origine trasfusionale della propria epatopatia (ciò che sarebbe potuto avvenire, secondo l’assunto della sentenza, ricorrendo alla consulenza del medico curante e monitorando e tenendo sotto osservazione l’evoluzione della epatopatia).
In tal modo, tuttavia, la Corte, anziché tener conto della conoscenza dell’esistenza di un’infezione virale correlabile all’emotrasfusione (o della sua conoscibilità, sulla base dei dati di cui il danneggiato concretamente disponeva), ha valorizzato in modo decisivo il diverso fatto che l’attore non abbia tenuto condotte che, presumibilmente, gli avrebbero consentito di acquisire prima la conoscenza della natura e della causa della propria patologia epatica.
Con ciò, si è però determinato uno “sviamento” dall’oggetto dell’indagine che la Corte avrebbe dovuto compiere, giacché alla stessa era richiesto di accertare quando, in concreto, il danneggiato avesse avuto consapevolezza -o, comunque, effettiva conoscibilità- della possibile riconducibilità dell’epatite cronica alla trasfusione e non anche di accertare se lo stesso avesse diligentemente monitorato l’evoluzione malattia, al punto da ascrivere il “silenzio diagnostico” protrattosi dal 1983 al 1997 a «colpevole inerzia del malato» e da ritenere non «utilmente spendibile» il ritardo maturato ai fini della decorrenza del dies a quo della prescrizione.
Invero, ciò che rileva ai fini dell’art. 2935 c.c. (secondo cui la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere) è il momento in cui l’emotrasfuso ha avuto consapevolezza della natura dell’infezione e della sua correlabilità alla trasfusione o, comunque, ha avuto a disposizione elementi che gli avrebbero consentito, con l’ordinaria diligenza, di individuare la possibile origine della patologia; non possono invece rilevare – nell’ambito di un accertamento che è volto a individuare il momento in cui il danneggiato avrebbe potuto concretamente attivarsi per far valere il suo diritto- circostanze e valutazioni come quelle valorizzate dalla Corte, attinenti a condotte che -in via del tutto ipotetica avrebbero consentito di acquisire in anticipo la conoscibilità della natura della malattia e della sua possibile origine.