La “clausola floor” è legittima e deve essere distinta dal contratto derivato “Interest Rate Floor”
La previsione di un tasso minimo garantito a favore dell’istituto di credito (“clausola floor”) non costituisce “opzione floor”, che è strumento finanziario derivato che consente a chi lo acquista, a fronte di un premio da versare, di porre un limite alla variabilità in discesa di un determinato indice o di un prezzo, ricevendo la differenza che alla scadenza/alle scadenze contrattuali si manifesta tra l’indice/prezzo di riferimento ed il limite fissato.
La sentenza in esame offre l’occasione per approfondire l’interessante tema della c.d. clausola floor, spesso inserita nei contratti di mutuo.
Trattasi di previsione pattizia considerata legittima dalla giurisprudenza in quanto funzionale al soddisfacimento di una giustificata necessità dell’istituto di credito di ricavare, dall’operazione di finanziamento, un minimo di lucro, in un periodo storico connotato dall’abbassamento dei tassi (v. Trib. Trento, 27 marzo 2017, in Le leggi d’Italia).
Tale clausola, inoltre, è stata considerata valida anche sotto il diverso profilo della presunta vessatorietà, ove, specificamente sottoscritta dal cliente, risulti chiara nel contenuto (v. Trib. Trento, 27 marzo 2017, cit.).
Nella fattispecie esaminata, il Tribunale di Lanciano ha escluso la mancanza di trasparenza e l’inadeguatezza dell’informazione, in quanto la clausola floor era inserita in un atto pubblico ed il cliente non poteva non essere a conoscenza del fatto che il tasso del mutuo, seppure variabile, non poteva scendere al di sotto di un limite minimo contrattualmente fissato.
Trattandosi di una previsione pattizia che si limitava a concedere alla Banca la sicurezza di un tasso minimo di rendimento dell’attività finanziaria senza obbligo (per l’istituto di credito) di pagare un premio, doveva escludersi la sinallagmaticità dell’operazione e, quindi, la configurabilità di un contratto derivato (opzione floor).
Il contratto derivato, infatti, costituisce uno strumento finanziario che consente a chi lo acquista di porre un limite alla variabilità in discesa di un determinato indice o prezzo, ricevendo, a scadenza contrattuale, la differenza che in quel momento si determina tra l’indice/prezzo di riferimento ed il limite fissato. L’opzione floor richiede, però, il pagamento di un premio da parte dell’acquirente e, pertanto, in mancanza di corrispettivo deve escludersi la configurabilità di tale contratto derivato, analogamente a quanto accaduto nel caso di specie.
Rosalia Calandrino