01 Agosto 2018

La valida stipulazione di un contratto bancario non esige la sottoscrizione da parte della banca

Cass. Civ., Sez. I, ordinanza 4 giugno 2018, n. 14243
In tema di contratti bancari soggetti alla disciplina di cui all'art. 117 d.lgs. n. 385/1993, la valida stipula del contratto non esige la sottoscrizione del documento contrattuale da parte della banca, il cui consenso si può desumere alla stregua di atti o comportamenti alla stessa riconducibili, sicché la conclusione del negozio non deve necessariamente farsi risalire al momento in cui la scrittura privata che lo documenta, recante la sottoscrizione del solo cliente, sia prodotta in giudizio da parte della banca stessa.

La decisione in commento si inserisce nel solco di quell’indirizzo giurisprudenziale, oggi confermato dalle Sezioni Unite (Cass., Sez. un., sentenza 16 gennaio 2018, n. 898), in ragione del quale la validità sul piano formale dei contratti bancari prescinde dalla apposizione di sottoscrizione da parte della Banca.
Invero, le richiamate Sezioni Unite si erano pronunciate sul requisito della forma scritta nei contratti-quadro relativi ai servizi di investimento chiarendo che il requisito della forma scritta, previsto dall’art. 23 del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, “è rispettato ove sia redatto il contratto per iscritto e ne venga consegnata una copia al cliente ed è sufficiente la sola sottoscrizione dell’investitore, non necessitando la sottoscrizione anche dell’intermediario, il cui consenso ben si può desumere alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti”.
Analogamente, la Suprema Corte, con l’ordinanza in esame, ha deciso di estendere il detto principio anche ai contratti bancari regolati dal D.Lgs. n. 385/1993 (t.u.b.), osservando al riguardo che l’art. 117, comma 1, del detto decreto, prevedendo che “i contratti sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato al cliente”, contempla una previsione normativa perfettamente sovrapponibile a quella dell’art. 23, comma 1, d.lgs. 58/1998 (t.u.f.), nella versione applicabile ratione temporis alla fattispecie decisa dalla Corte (anteriormente alla novella del 2010).
Tale similitudine normativa viene ritenuta dalla Corte elemento decisivo al fine di estendere l’interpretazione data dalle Sezioni Unite in tema di requisito formale richiesto dalla legge per la conclusione dei contratti-quadro anche ai contratti bancari di cui al D.Lgs. n. 385/1993.
In entrambi i casi, infatti, il legislatore è mosso dalla medesima esigenza, che è quella di consentire la più piena conoscenza, da parte del cliente, del contenuto del regolamento contrattuale predisposto dall’Istituto di credito e, in tal senso, si comprende come sia applicabile la conclusione fatta propria dalle Sezioni Unite, laddove “evidenziano come il dato della [mancata] sottoscrizione dell’intermediario risulti “assorbito”, quindi privo di rilievo, una volta che lo scopo perseguito dalla legge sia raggiunto attraverso la sottoscrizione del documento contrattuale da parte del cliente e la consegna, a quest’ultimo, di un esemplare del documento medesimo”.
Se la forma scritta è richiesta dalla legge al solo ed esclusivo fine di garantire la posizione del cliente, l’omessa sottoscrizione da parte dell’intermediario risulta priva di pregio, dal momento che l’apposizione di firma da parte del cliente confermerebbe il conseguimento della finalità protetta dalla norma e, in tal senso, la sottoscrizione del cliente consentirebbe il perfezionamento del contratto bancario in un momento anteriore alla produzione in giudizio del documento contrattuale.
La certezza della data di conclusione del contratto – continua la Corte – può essere desunta anche da circostanze fattuali diverse dalla produzione in giudizio del contratto e, precisamente, dai fatti di cui all’art. 2704 c.c., norma che in termini generici rinvia ad ogni “fatto che stabilisca in modo egualmente certo l’anteriorità della formazione del documento”; ne consegue che il contratto bancario, “documentato dalla scrittura privata recante la proposta della banca firmata dal cliente” deve essere considerato concluso prima della produzione in giudizio dello stesso.

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Rosalia Calandrino