12 Giugno 2017

Responsabilità medica – Violazione del dovere di informazione – Nascita indesiderata – Danni da perdita di chance

Corte di Cassazione, sezione terza civile, sentenza 10 gennaio 2017, n. 243 (pres. Chiarini – rel. Frasca)
Qualora risulti che un medico ginecologo, cui fiduciariamente una gestante si sia rivolta per accertamenti sulle condizioni della gravidanza e del feto, non abbia adempiuto correttamente la prestazione, per non avere prescritto l’amniocentesi, ed all’esito della gravidanza il feto nasca con una sindrome che quell’accertamento avrebbe potuto svelare, la mera circostanza che due mesi dopo quella prestazione la gestante abbia rifiutato di sottoporsi all’amniocentesi presso una struttura ospedaliera in occasione di ulteriori controlli, non può dal giudice di merito essere considerata automaticamente come causa efficiente esclusiva, sopravvenuta all’adempimento, riguardo al danno alla propria salute psico-fisica che la gestante lamenti per avere avuto la “sorpresa” della condizione patologica del figlio all’esito della gravidanza, occorrendo all’uopo invece accertare in concreto che sul rifiuto non abbia influito il convincimento ingenerato nella gestante dalla prestazione erroneamente eseguita.

Qualora risulti che un medico specialista in ginecologia, cui una gestante si sia rivolta per accertamenti sulle condizioni della gravidanza e del feto, non abbia adempiuto correttamente la prestazione per non avere prescritto l’amniocentesi, ed all’esito della gravidanza il feto nasca con una sindrome che quell’accertamento avrebbe potuto svelare, la mera circostanza che, due mesi dopo quella prestazione, la gestante abbia rifiutato di sottoporsi all’amniocentesi, non elide l’efficacia causale dell’inadempimento quanto alla perdita della chance di conoscere lo stato della gravidanza fin dal momento in cui si è verificato e, conseguentemente, ove la gestante lamenti di avere subito un danno alla salute psico-fisica, per avere avuto la “sorpresa” della condizione patologica del figlio solo al termine della gravidanza, la perdita di quella chance deve esser considerata una parte di quel danno ascrivibile all’inadempimento del medico.

 

Il caso di specie riguarda una gestante che lamenta di non aver ricevuto le necessarie indicazioni dal suo medico ginecologo di fiducia in merito alla necessità/opportunità di sottoporsi all’amniocentesi, sicché la donna non aveva eseguito il predetto accertamento nemmeno quando, successivamente, le era stato prescritto in occasione di un controllo in ospedale. E tuttavia, al momento della nascita il bambino era risultato affetto da sindrome di Down.

 

Orbene, alla violazione dell’obbligo informativo del medico la donna riconduce la conseguenza lesiva di avere subito l’effetto sorpresa in relazione allo stato di salute del figlio, dal quale sarebbero derivati effetti dannosi alla sua salute psico-fisica (nevrosi ansio depressiva).

 

I giudici di merito avevano escluso la risarcibilità dei danni lamentati, ritenendo che il nesso causale tra il comportamento (seppure inadempiente) del medico e l’evento dannoso fosse stato interrotto dal comportamento tenuto dalla donna, allorquando aveva rifiutato di sottoporsi all’amniocentesi. Tale rifiuto avrebbe assunto efficacia causale esclusiva del danno, derivante dall’effetto sorpresa circa la condizione del neonato.

 

Diversamente ritiene la Suprema Corte.

 

Per i giudici di legittimità l’efficacia causale esclusiva del rifiuto postulava il concreto accertamento che esso non dipendesse anche solo parzialmente dal fatto di confidare nella diagnosi del medico ginecologo. Ne deriva un onere probatorio assai gravoso a carico del convenuto professionista, in merito alla totale estraneità della sua condotta rispetto alla scelta della gestante di non sottoporti ad accertamenti diagnostici sul feto.

 

Invece, la circostanza che la donna sia stata posta nella condizione di scegliere se proseguire o meno la gravidanza con due mesi in più rispetto al periodo in cui il medico avrebbe dovuto prescrivere l’amniocentesi e che abbia dovuto esercitare la scelta ponendo a raffronto – nei termini in cui un paziente può farlo – il risultato della prestazione del medico ginecologo di fiducia con quello della prescrizione dell’ospedale, non consente di attribuire alla scelta di rifiutare quest’ultima l’efficacia di causa esclusiva tanto della prosecuzione della gravidanza quanto, soprattutto, dell’effetto della sorpresa poi verificatasi alla nascita, quale evento dannoso che avrebbe avuto la conseguenza di ledere la sua integrità psico-fisica.

 

In particolare, essendo la scelta di rifiutare avvenuta anche sulla base e con il condizionamento del risultato dell’inadempimento del medico, siffatto inadempimento non si può ritenere in astratto privo di ogni efficacia causale.

 

Inoltre, la cattiva esecuzione della prestazione del medico avrebbe in ogni caso precluso alla gestante la possibilità di conoscere la stato del feto fin dal momento in cui si rivolse al medesimo. Su tale preclusione il successivo rifiuto dell’amniocentesi non ha potuto dispiegare alcuna efficacia causale esclusiva sopravvenuta, per l’assorbente ragione che la perdita di chance di conoscere lo stato di gravidanza e, quindi, di abituarsi alla condizione del nascituro fin da quel momento, si era ormai definitivamente verificata quando ebbe luogo il rifiuto dell’esame diagnostico.

 

Né il rifiuto può interpretarsi come una sorta di rinuncia tacita a dolersi della perdita della detta chance. Il rifiuto si risolse solo nella perdita – peraltro astrattamente imputabile anche all’inadempimento – della possibilità di conoscere lo stato del feto a partire dal momento in cui venne espresso.

 

Sotto questo secondo aspetto si configura un’efficacia causale dell’inadempimento per quella parte del danno che si individui come determinata dalla perdita della chance di conoscere lo stato del feto ben prima dell’esito della gravidanza.