16 Giugno 2022

Assicurazione contro infortuni mortali – Ramo danni o ramo vita – Recesso ex art. 177 cda

Cass. Civ., sez. III, sentenza 14 aprile 2022, n. 12264 (rel. M. Dell'Utri)
Al fine di riconoscere il potere dell'assicurato di sciogliersi dal contratto di assicurazione contro gli infortuni (anche mortali), secondo i tempi e le forme di cui all'art. 177 cod. ass., occorrerà svolgere un accurato esame sulla natura di detta prerogativa, sulle sue origini, le finalità, le funzioni e le ragioni della relativa previsione legislativa, al fine di misurarne la compatibilità con la specifica struttura causale della singola polizza considerata.
Secondo la concorde (e comunque più condivisa) interpretazione della letteratura giuridica, il diritto di recesso del contraente, nell'assicurazione sulla vita, venne introdotto allo specifico fine di sanare le "asimmetrie informative fra assicuratore e contraente, particolarmente rilevanti nel "ramo vita", in considerazione, da un lato, del normale carattere duraturo del vincolo imposto al contraente dalle polizze-vita, dall'altro, della circostanza costituita dalla frequente collocazione di dette polizze mediante tecniche "aggressive", assimilabili a quelle seguite nella collocazione degli strumenti finanziari (sovente accostati alle finalità proprie delle polizze-vita) e dell'elevato tecnicismo di quelle polizze, tale da esporre l'assicurato al rischio di esprimere un consenso negoziale non sempre adeguatamente ponderato o consapevole.
Fatte proprie tali condivisibili ragioni sottese al riconoscimento del recesso sancito dall'art. 177 cit., spetterà al giudice del merito procedere alla verifica di compatibilità di tale istituto con riferimento alla polizza di assicurazione contro gli infortuni (anche) mortali: un contratto di per sé del tutto privo di contenuto finanziario e a cui rimane estranea la previsione di alcun piano di accumulo, di alcun diritto di riscatto (ai sensi dell'art. 1924 c.c.) e di alcuna funzione previdenziale.
Si tratterà di condurre un'indagine in modo del tutto indipendente da un'aprioristica e astratta riconduzione del contratto di assicurazione contro gli infortuni (anche mortali) all'uno all'altro tipo assicurativo (dell'assicurazione contro i danni o dell'assicurazione sulla vita), dovendosi piuttosto giungere alla più coerente e adeguata disciplina del singolo rapporto in ragione dello specifico assetto di interessi che le parti intesero realizzare attraverso la stipulazione della singola polizza considerata.

Le Sezioni Unite, infine, hanno evidenziato come la circostanza per cui nella “pratica corrente, le polizze di assicurazione contro gli infortuni non si limitano a coprire l’ipotesi dell’infortunio inabilitante o invalidante, ma anche quella dell’infortunio mortale”, le “differenziazioni di disciplina sopra menzionate sono (…) destinate ad operare nell’ambito di un medesimo contratto”. Una peculiarità del contratto di assicurazione privata contro gli infortuni è infatti “proprio quella dell’essere tale contratto caratterizzato dalla complessità del rischio coperto, in quanto comprensivo sia del rischio di infortunio produttivo di inabilità temporanea o invalidità permanente, sia del rischio di infortunio mortale. La duplicità del rischio implica diversificazione di disciplina del contratto, che deve quindi ritenersi soggetto ad una disciplina di tipo misto: da ricavare prevalentemente dalla disciplina dettata per l’assicurazione contro i danni, nel caso in cui il particolare aspetto del rapporto del quale deve essere individuata la disciplina si ricolleghi alla deduzione di un infortunio che abbia determinato inabilità o invalidità, ovvero prevalentemente dalla disciplina dettata per l’assicurazione sulla vita, nel caso in cui venga in considerazione un infortunio mortale” (Sez. U., Sentenza n. 5119 del 10/04/2002, cit.; all’indirizzo raccomandato dalle Sezioni Unite sembrano potersi ricondurre Sez. 3, Sentenza n. 5000 del 11/03/2004; Sez. 3, Sentenza n. 9380 del 08/04/2021).