08 Marzo 2012

Contratto di assicurazione – Limiti e portata del divieto di svolgere attività commerciali diverse da quella assicurativa, riassicurativa e di capitalizzazione ex art. 5 della legge n. 295/1978 – Obbligazioni – Solidarietà passiva – Effetti della transazi

“Non può dirsi di per sé vietato che una società esercente attività assicurativa acquisisca partecipazioni in società avente oggetto diverso, se tale acquisizione non comporti l’esercizio di un’attività di trading finanziario incoerente con l’oggetto assicurativo, ma sia uno dei mezzi adoperati per la conservazione delle riserve patrimoniali di cui detta società ha bisogno per assolvere correttamente i propri compiti istituzionali”_x000d_
“Il debitore che non sia stato parte della transazione stipulata dal creditore con altro condebitore in solido non può profittarne se, trattandosi di un’obbligazione divisibile ed essendo stata la solidarietà prevista nell’interesse del creditore, l’applicazione dei criteri legali d’interpretazione dei contratti porti alla conclusione che la transazione ha avuto ad oggetto non l’intero debito ma solo la quota di esso riferibile al debitore che ha transatto; in caso contrario il condebitore ha diritto a profittare della transazione senza che eventuali clausole in essa inserite possano impedirlo. _x000d_
Qualora risulti che la transazione ha avuto ad oggetto solo la quota del condebitore che l’ha stipulata, il residuo debito gravante sugli altri debitori in solido è destinato a ridursi in misura corrispondente all’ammontare di quanto pagato dal condebitore che ha transatto solo se costui ha versato una somma pari o superiore alla sua quota ideale di debito; se invece il pagamento è stato inferiore alla quota che faceva idealmente capo al condebitore che ha raggiunto l’accordo transattivo, il debito residuo gravante sugli altri coobligati deve essere ridotto in misura proporzionale alla quota di chi ha transatto”_x000d_

La sentenza in commento risolve la controversia insorta a causa del diniego dell’ammissione proposta da un istituto bancario al passivo della liquidazione coatta amministrativa di una compagnia assicurativa._x000d_
Il credito derivava da due lettere di patronage, con le quali la compagnia assicurativa aveva prestato garanzia per debiti bancari facenti capo ad una società edilizia, la quale era indirettamente controllata dalla stessa assicuratrice._x000d_
L’opposizione fu accolta dal Tribunale e confermata in secondo grado._x000d_
Avverso la sentenza della Corte d’Appello la compagnia assicurativa, nella persona del commissario liquidatore pro tempore, proponeva ricorso in cassazione._x000d_
La III sezione civile della Cassazione trasmetteva il ricorso alle Sezioni Unite, reputandone necessario l’intervento onde risolvere due questioni di particolare importanza: 1) l’esatta individuazione della portata e dei limiti del divieto di svolgere attività commerciali diverse da quella assicurativa, riassicurativa e di capitalizzazione, imposto alle società assicurative dall’art. 5 della legge n. 295/1978; 2) la possibilità che il creditore ed uno dei debitori in solido, nel transigere la lite tra loro insorta, escludano la potestà degli altri debitori in solido di profittare degli effetti della transazione, ex art. 1304, I comma, c.c._x000d_
In merito alla prima questione, affermano le Sezioni Unite che occorre individuare correttamente i confini del divieto espresso dal secondo comma del citato art. 5._x000d_
In particolare occorre stabilire quali operazioni possano esser considerate lecite, in quanto “connesse” con l’oggetto proprio dell’impresa assicurativa, quali invece debbano dirsi vietate perché implicanti il compimento di “altra attività commerciale”._x000d_
La norma in esame è volta a circoscrivere l’area dell’attività imprenditoriale della società assicurativa, nel senso di impedire che tale attività assuma una portata incompatibile con quella tipica e specifica di una simile impresa. _x000d_
Porre in essere un’attività imprenditoriale non coincide con il compiere singoli e specifici atti negoziali, quali quelli implicanti l’assunzione di obblighi di garanzia, che di per sé non connotano in alcun modo una specifica attività d’impresa._x000d_
E’ il possibile oggetto sociale dell’impresa assicurativa ad essere limitato dalla norma, non la capacità d’agire dell’ente personificato._x000d_
L’assunzione di garanzie per debiti di terzi potrebbe assumere i connotati di un’attività imprenditoriale extra assicurativa, se si esplicasse in modo sistematico e nei confronti di un’indeterminata platea di soggetti, rivestendo le sembianze di un’attività di tipo finanziario, con la conseguente assunzione di un rischio d’impresa ulteriore e diverso da quello assicurativo._x000d_
Ma non è questo il caso della prestazione di singole garanzie in favore di società facenti parte di un gruppo, gestito dalla stessa impresa assicurativa._x000d_
Se così non fosse, sarebbe derivata una rigidità, nell’individuazione degli atti consentiti e di quelli vietati ad un’impresa di assicurazione, del tutto incompatibile con le esigenze dinamiche dell’impresa assicurativa, non potendosi fissare a priori una tassonomia di atti connessi o non connessi all’oggetto assicurativo._x000d_
La liceità degli atti connessi dipende, piuttosto, dalla loro concreta attinenza alle mutevoli finalità dell’impresa, con il solo limite che il loro compimento non può tradursi in una sistematica attività implicante l’assunzione di un rischio imprenditoriale, indipendente e estraneo a quello tipico dell’assicurazione._x000d_
In merito alla seconda questione, è stato affrontato il problema relativo alla possibilità che il creditore ed uno dei debitori in solido, nel transigere la lite tra loro insorta, possano impedire agli altri debitori in solido di profittare degli effetti della transazione, come previsto dall’art. 1304, primo comma, c.c., circostanza che si è verificata nel caso di specie, dato che l’istituto bancario, soggetto creditore, ebbe a transigere con altra compagnia assicurativa condebitrice insieme alla compagnia in liquidazione. _x000d_
Le Sezioni Unite chiariscono, in primo luogo, che la norma citata fa riferimento alla transazione riguardante l’intero debito, perché è la comunanza dell’oggetto della transazione a far sì che di questa possa avvalersi il condebitore in solido pur non avendo partecipato alla sua stipulazione; poi precisano quale sia il credito azionabile nei confronti degli altri debitori rimasti estranei alla transazione, nel caso in cui essa abbia fatto riferimento ad una determinata quota di debito._x000d_
Pertanto, considerato che la transazione parziaria non può condurre ad un incasso superiore rispetto all’ammontare complessivo del credito originario, né determinare un aggravamento della posizione dei condebitori rimasti ad essa estranei, neppure in vista del successivo regresso nei rapporti interni, gli Ermellini giungono ad affermare il principio di diritto massimato, stabilendo che quanto dovuto dai debitori non transigenti è destinato a ridursi in misura corrispondente all’ammontare di quanto pagato dal condebitore che ha transatto, solo se costui ha versato una somma pari o superiore alla sua quota ideale di debito._x000d_
In caso contrario, se il pagamento è stato inferiore alla quota che faceva idealmente capo al transigente, il debito residuo che resta a carico degli altri obbligati dovrà essere ridotto in misura proporzionale alla quota di chi ha transatto, giacché altrimenti la transazione provocherebbe un ingiustificato aggravamento per gli altri condebitori rimasti estranei ad essa.