Contratto d’opera professionale – Risarcimento del danno non patrimoniale per la mancata costruzione della “casa dei propri sogni” – Esclusione
“Il contratto di opera professionale tra un committente ed un architetto per la costruzione di una residenza familiare non è un contratto di protezione, destinato a regolamentare anche interessi di natura non patrimoniale._x000d_
In altri termini, chi affida ad un professionista il compito di progettare la propria abitazione non lo investe certo della tutela di interessi non patrimoniali, quali quello di veder realizzata la “casa dei propri sogni”. Per conseguenza, non può essere accolta la domanda di riparazione del danno non patrimoniale quando si assuma la lesione di un siffatto diritto. Ammettere, infatti, il risarcimento non patrimoniale in questi casi equivale a dare rilievo al motivo unilaterale e alle aspettative soggettive più che alla causa concreta del negozio”.
Il Tribunale, facendo propri gli insegnamenti delle Sezioni Unite (sent. 11 novembre 2008), nega il risarcimento del danno non patrimoniale-esistenziale, richiesto dalla proprietaria di un’area edificabile nei confronti dell’architetto incaricato del progetto e della relativa esecuzione, in quanto responsabile di un rilevante inadempimento (mancato ottenimento delle previste e sperate autorizzazioni), da cui era derivata l’impossibilità di abitare la “casa dei propri sogni”._x000d_
In particolare, il Decidente esclude che, nella relazione contrattuale instaurata tra l’architetto e la proprietaria dell’area edificabile, possa acquistare caratteristiche di diritto inviolabile la pur legittima pretesa della signora di veder costruita una casa in un modo pienamente satisfattivo del suo interesse: “non può sostenersi che chi affidi ad un professionista il compito di progettare la propria abitazione, lo investa della tutela di interessi non patrimoniali da proteggere ed assicurare, quali quello a vedere realizzata la “casa dei propri sogni”, o altro. A ragionare in tal modo non si coglierebbe la differenza con i casi, per esempio, di chi richieda il risarcimento del danno non patrimoniale per la consegna ritardata della propria autovettura, o per l’acquisto di un vestito da cerimonia non perfetto, o per la vacanza rovinata, o chissà che altro: si finirebbe per innescare, sotto altro profilo, la stessa dinamica incontrollabile che ha poi determinato il nascere del fenomeno del danno esistenziale, stigmatizzato dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione. Si darebbe cioè nuovo ingresso a tutte queste fantasiose, ed a volte risibili, prospettazioni di pregiudizi alla vita di relazione, commettendo lo stesso errore giuridico operato in precedenza nel campo extracontrattuale. In altri termini: come si errava dando rilievo ai presunti pregiudizi esistenziali, omettendo di individuare rigorosamente quale fosse l’interesse giuridicamente rilevante leso dal fatto illecito, così, ammettendo il risarcimento non patrimoniale a seguito dell’inadempimento di obbligazioni fuori dai casi sopra esaminati, si finirebbe per dare rilievo al motivo unilaterale, alle aspettative, invece che alla causa concreta del negozio”.