Danni da perdita del rapporto parentale – Liquidazione equitativa – Obbligo di motivazione
La liquidazione equitativa, anche nella sua forma cd. "pura", consiste in un giudizio di prudente contemperamento dei vari fattori di probabile incidenza sul danno nel caso concreto, sicché, pur nell'esercizio di un potere di carattere discrezionale, il giudice è chiamato a dare conto, in motivazione, del peso specifico attribuito ad ognuno di essi, in modo da rendere evidente il percorso logico seguito nella propria determinazione e consentire il sindacato del rispetto dei principi del danno effettivo e dell'integralità del risarcimento. Ne consegue che, allorché non siano indicate le ragioni dell'operato apprezzamento e non siano richiamati gli specifici criteri utilizzati nella liquidazione, la sentenza incorre sia nel vizio di nullità per difetto di motivazione (indebitamente ridotta al disotto del "minimo costituzionale" richiesto dall'art. 111 Cost., comma 6) sia nel vizio di violazione dell'art. 1226 c.c. (Cass. n. 22272/2018).
In definitiva, una liquidazione equitativa del danno, priva di specifica motivazione, si pone in violazione non solo della legge processuale (art. 132 c.p.c.), ma anche dell'art. 1226 c.c., perché ciò che difetta è non solo la motivazione, ma anche la valutazione e tale valutazione deve dare conto anche del profilo della quantificazione del danno sotto il profilo dell'"inferenza degli importi riconosciuti dai dati presupposti" (Cass. n. 33005/2021).
Il capo di sentenza censurato è quello relativo alla parte in cui la Corte territoriale ha proceduto alla riduzione del quantum debeatur liquidato equitativamente dal giudice di primo grado, assumendo che “in nessun caso il risarcimento può superare il limite massimo delle tabelle milanesi”.
Questa affermazione è in diritto errata, in quanto costituisce principio consolidato, enunciato dalla Suprema Corte, quello per cui, in sede di liquidazione equitativa del danno non patrimoniale, il giudice possa discostarsi dai limiti tabellari, purché tale scostamento sia supportato da adeguata motivazione che renda manifeste le circostanze, anomale e irripetibili (provate dalla parte danneggiata), che hanno richiesto una “personalizzazione” in aumento in quanto non adeguatamente risarcibili mediante una liquidazione confinata all’interno degli ordinari parametri tabellari.
Il giudice di appello, dunque, nel reputare eccessiva e immotivata la quantificazione operata dal primo giudice, avrebbe dovuto procedere esso stesso ad un apprezzamento delle circostanze del caso, in base alle risultanze processuali acquisite, e così provvedere alla liquidazione equitativa del danno non patrimoniale per lesione del rapporto parentale patito dalla madre del danneggiato, dando contezza del peso attribuito agli elementi valorizzati in rapporto alle somme equitativamente da liquidarsi.