24 Marzo 2022

Danno da perdita della capacità di lavoro – Danno permanente da incapacità di guadagno – Liquidazione – Inadeguati i coefficienti di capitalizzazione del 1922

Cass. Civ., sez. III, sentenza 21 marzo 2022, n. 9002 (rel. F.G.A. Frasca)
Il danno permanente da incapacità di guadagno non può essere liquidato in base ai coefficienti di capitalizzazione approvati con r.d. n. 1403 del 1922, i quali, a causa dell'innalzamento della durata media della vita e dell'abbassamento dei saggi di interesse, non garantiscono l'integrale ristoro del danno, e con esso il rispetto della regola di cui all'art. 1223 cod.civ. (cfr. Cass. Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 18093 del 31/08/2020).
Inoltre il danno da perdita della capacità di lavoro, come ogni altro credito risarcitorio, va liquidato stabilendo la quota del reddito perduta dalla vittima in conseguenza dell'invalidità causata dall'illecito; se l'ultimo reddito noto risale ad epoca anteriore al sinistro, detta liquidazione va operata rivalutando tale importo in base al coefficiente del costo della vita per le famiglie di operai ed impiegati (cd. FOI) calcolato dall'Istat e relativo al tempo del sinistro (cfr. Cass. Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 3545 del 13/02/2020).

Tale approdo costituisce l’evoluzione naturale di quanto già statuito dalla Suprema Corte con la sentenza n. 20615/2015, secondo cui, <<il giudice di merito resta libero di adottare i coefficienti di capitalizzazione che ritiene preferibili purché aggiornati e scientificamente corretti>> che ha condotto al ripudio di criteri che non si giustificano più né dal punto di vista biologico, relativamente alla durata della vita media, né dal punto di vista economico, con riguardo al tasso di svalutazione ivi indicato per le somme future capitalizzate.

L’evoluzione de qua si pone nel solco dei generali rilievi secondo cui il danno permanente da incapacità di guadagno non può più liquidarsi utilizzando i coefficienti di capitalizzazione approvati con r.d. n. 1403 del 1922, dal momento che questi ultimi, a causa dell’aumento della durata media della vita, e della diminuzione dei saggi d’interesse, non sono idonei a garantire un corretto risarcimento equitativo del danno.

Sicché, per rispettare il principio di integralità del risarcimento ex art. 1223 cod .civ. la valutazione deve essere svolta mediante la moltiplicazione del reddito perduto “per un adeguato coefficiente di capitalizzazione”, alla stregua di parametri che considerino da un lato, la retribuzione media dell’intera vita lavorativa della categoria di pertinenza, desunta da parametri di rilievo normativa o altrimenti stimata in via equitativa, e, dall’altro, mediante coefficienti di capitalizzazione di maggiore affidamento, in quanto aggiornati e scientificamente corretti, quali, ad esempio, quelli approvati con provvedimenti normativi per la capitalizzazione delle rendite previdenziali o assistenziali oppure quelli elaborati specificamente nella materia del danno aquiliano (cfr. Cass. 25 giugno 2019 n. 16913).

 

 

 

Allegati