11 Settembre 2017

Interessi moratori usurari

Trib. Brescia, Sez. II, 15 giugno 2017, n. 1857
“Posta la diversità ontologica e funzionale esistente tra interessi corrispettivi ed interessi moratori, le pattuizioni relative alle due tipologie di interesse sono autonome e, pertanto, l’eventuale nullità della clausola prevedente interessi moratori usurari non coinvolge la distinta clausola relativa agli interessi corrispettivi”

La sentenza in esame si segnala per aver affrontato il delicato e interessante tema della usurarietà dei soli interessi moratori e i conseguenziali effetti sulla onerosità dell’operazione di finanziamento.
Il problema che si pone in questi casi, come noto, è stabilire le conseguenze discendenti dall’accertata usurarietà degli interessi moratori ove gli interessi corrispettivi siano pattuiti in misura legale. Detto altrimenti: deve applicarsi l’art. 1815 c.c. nella sua interezza, determinando la gratuità del contratto di mutuo, o la dichiarazione di nullità deve investire la sola clausola relativa agli interessi di mora mantenendo la validità degli interessi corrispettivi?
La risposta all’interrogativo di cui sopra dipende dal diverso modo di intendere il rapporto tra interessi di mora e interessi corrispettivi; la differenziazione sotto il profilo ontologico e funzionale giustifica una autonomia delle rispettive pattuizioni e, quindi, una possibile diversa sorte delle stesse, ove solo gli interessi moratori, come nel caso di specie, siano fissati in misura eccedente il tasso soglia.
E converso, l’assimilazione sul piano funzionale delle dette tipologie di interessi conduce ad una indiscriminata applicazione dell’art. 1815 c.c., con la conseguente conversione dell’operazione di finanziamento da onerosa a gratuita (App. Venezia, 18 febbraio 2013, n. 342).
La decisione in commento adotta il primo punto di vista ricordando come, pur non essendo pacifica l’applicabilità dell’art. 1815, secondo comma, c.c. agli interessi moratori, “non appare obiettivamente opinabile, […], la permanente diversità ontologica tra interesse corrispettivo ed interesse moratorio, integrante il primo la remunerazione concordata per l’attuazione del programma contrattuale, ed il secondo il risarcimento convenzionalmente predeterminato per l’eventuale inadempienza”. Da tale osservazione il Giudice fa discendere l’autonomia delle pattuizioni contrattuali relative all’uno e all’altro tipo di interesse con l’effetto che “l’eventuale invalidità della clausola relativa al tasso moratorio non si estende a quella relativa all’interesse corrispettivo”.
Il principio cui si dà applicazione è così sintetizzabile: “se il tasso soglia viene superato dall’interesse moratorio ma non anche da quello corrispettivo, la pattuizione del primo è nulla ma non quella del secondo”.
Indubbiamente la previsione di un tasso di mora usurario determina uno squilibrio, generato dalla pressione psicologica esercitata sul mutuatario in ragione dei rischi connessi all’eventuale futura inadempienza. In tal senso si spiega l’applicabilità della sanzione di cui all’art. 1815, secondo comma, c.c. alla clausola recante la determinazione convenzionale dei tassi moratori, con l’effetto di condizionare il riconoscimento di danni da ritardo in misura superiore a quella coperta dalla corresponsione degli interessi corrispettivi alla prova della sussistenza di tali perdite ulteriori.
La valutazione di invalidità dei tassi moratori non può, posta la diversità di piani, incidere sulla distinta previsione contrattuale di interessi corrispettivi secundum legem, che deve considerarsi esente da ogni possibile estensione di invalidità.

Rosalia Calandrino