25 Luglio 2023

Interpretazione contratto assicurativo – Principio del gradualismo – Resp. cose in custodia – Rigetto domanda di garanzia

Cass. Civ., sez. III, ordinanza 17 luglio 2023, n. 20593 (rel. E. Vincenti)
La scelta da parte del giudice del merito del mezzo ermeneutico più idoneo all’accertamento della comune intenzione dei contraenti non è sindacabile in sede di legittimità qualora sia stato rispettato il principio del “gradualismo”, secondo il quale deve farsi ricorso ai criteri interpretativi sussidiari, come l’interpretatio contra stipulatorem in presenza di modulo predisposto da uno dei contraenti ai sensi dell’art. 1370 c.c., solo quando risulti non appagante il ricorso ai criteri di cui agli artt. 1362 - 1365 c.c., tenuto conto che il carattere prioritario dell’elemento letterale non va inteso in senso assoluto, atteso che il richiamo nell’art. 1362 c.c. alla comune intenzione delle parti impone di estendere l’indagine ai criteri logici, teleologici e sistematici anche laddove il testo dell’accordo sia chiaro, ma incoerente con indici esterni rivelatori di una diversa volontà dei contraenti

Alla luce dell’orientamento consolidato della Suprema Corte (tra le altre: Cass. n. 2465/2015; Cass. n. 10891/2016; Cass. n. 27136/2017) – che in tema di interpretazione del contratto, il sindacato di legittimità non può investire il risultato interpretativo in sé, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, ma afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica e della coerenza e logicità della motivazione addotta, con conseguente inammissibilità di ogni critica alla ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati. In altri termini, l’interpretazione del contratto prescelta dal giudice di merito può essere censurata in sede di legittimità quando, con riferimento a detti canoni, sia grammaticalmente, sistematicamente o logicamente scorretta, ma non allorquando consista in una non implausibile interpretazione, preferita tra altre non implausibili interpretazioni.

Con l’ulteriore precisazione che la deduzione del vizio di omesso esame di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. può investire soltanto fatti storici e non già quelli meramente interpretativi che sostanziano la questione di ermeneutica negoziale (Cass. n. 5795/2017; Cass. n. 20718/2018).

Nel caso di specie, parte ricorrente censura, inammissibilmente, il risultato interpretativo al quale è pervenuto il giudice di merito, mancando, peraltro, di dare evidenza alla stessa complessiva portata del regolamento negoziale, che – come, invece, messo in risalto dall’assicurazione controricorrente – fornisce elementi di ulteriore chiarificazione inequivoca della clausola di delimitazione del rischio assicurato, là dove (artt. 3 e 26 delle condizioni speciali di assicurazione) annovera tra i rischi espressamente ricompresi nella garanzia assicurativa quelli “afferenti la proprietà e conduzione di fabbricati adibiti a pubblici servizi e la proprietà di quelli con altra destinazione, compreso il rischio della ordinaria manutenzione”, oltre agli “impianti fissi destinati alla loro conduzione, compresi ascensori, montacarichi e scale mobili”. Con ciò, dunque, assicurando il Comune per la responsabilità civile per i rischi di danni da cose in custodia soltanto in relazione a quella dei fabbricati adibiti, o non, a pubblici servizi, con i connessi obblighi manutentivi, e, quindi, confermando, per converso, l’esclusione della garanzia assicurativa rispetto ad altri beni in custodia, come, per l’appunto, le strade.

Ne deriva l’infondatezza delle censure, invero generiche, sul mancato utilizzo, da parte della Corte territoriale, dei canoni ermeneutici sussidiari e, segnatamente, di quello di cui all’art. 1370 c.c., praticabile solo in caso di residuale dubbio sul significato delle clausole, nonchè l’inammissibilità della doglianza che lamenta un “omesso esame” ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., dedotto non già rispetto ad elementi fattuali, bensì sulla complessiva attività ermeneutica compiuta dal giudice di merito.