12 Ottobre 2022

Massimale – Superamento in corso di causa – Eccezione in senso stretto

Cass. Civ., sez. III, ordinanza 25 luglio 2022, n. 23076 (rel. F. Cirillo)
Secondo l'interpretazione maggioritaria nella giurisprudenza della Suprema Corte, in tema di assicurazione per responsabilità civile, il massimale non è elemento essenziale del contratto di assicurazione, che può essere validamente stipulato senza la relativa pattuizione, e neppure costituisce fatto generatore del credito assicurato, configurandosi piuttosto come elemento limitativo dell'obbligo dell'assicuratore, sicché grava su quest'ultimo l'onere di provare l'esistenza e la misura del massimale, dovendosi altrimenti accogliere la domanda di garanzia proposta dall'assicurato a prescindere da qualsiasi limite di massimale (sentenza 18 febbraio 2016, n. 3173).
Questo principio è stato ribadito e ulteriormente chiarito nella giurisprudenza successiva, la quale ha affermato che l'assicuratore ha l'onere di dimostrare l'esistenza e la misura del massimale nel rispetto delle preclusioni processuali, senza che assuma rilievo la circostanza che al momento dell'introduzione del giudizio quel massimale non fosse stato ancora superato (ordinanza 21 ottobre 2019, n. 26813).
La più recente sentenza 13 ottobre 2021, n. 27913, nel dare continuità a tali principi, ha aggiunto che gli stessi trovano applicazione anche nel caso di successiva erosione del massimale e ha ribadito che l'allegazione e la prova circa l'esistenza e la misura di quest'ultimo, «riguardando un'eccezione in senso stretto, debbono avvenire nel rispetto delle preclusioni assertive e istruttorie stabilite dagli artt. 167 e 183 C. P.C.».
In tal senso l'eccezione di esistenza e di eventuale superamento del massimale si differenzia dall'eccezione di inoperatività della polizza la quale, assumendo l'estraneità dell'evento ai rischi contemplati nel contratto, costituisce una semplice difesa volta a contestare il fondamento della domanda (sentenze 3 luglio 2014, n. 15228, e 12 luglio 2019, n. 18742).

Nel caso di specie il Tribunale si era occupato dell’eccezione di superamento del massimale e l’aveva ritenuta fondata – come risulta dalla stessa sentenza della Corte d’appello – osservando che il massimale contrattualmente stabilito, fissato nella somma di euro 3.500.000 per l’anno 2007, era stato eroso a causa dei numerosi pagamenti effettuati dalla società assicuratrice nel periodo in questione.
La sentenza di secondo grado non si è pronunciata sulla fondatezza o meno dell’eccezione in questione, limitandosi ad affermare che la stessa era stata tardivamente sollevata.
Dall’esame degli atti di causa, però, reso possibile per questa Corte dalla natura processuale del vizio in questione, risulta, come la parte ricorrente ha rilevato nel primo motivo di ricorso, che nel giudizio di primo grado, all’udienza dell’8 febbraio 2012 fissata per la prima comparizione, il giudice assegnò i termini di cui all’art. 183, sesto comma, cod. proc. civ., e rinviò la causa alla successiva udienza del 26 settembre 2012. In tale seconda udienza il difensore della Compagnia di assicurazione eccepì che il massimale era stato eroso, nelle more del processo, dai successivi pagamenti; il che viene a significare che l’udienza del 26 settembre 2012 non fu la seconda ma, in sostanza, la prima nella quale l’eccezione poteva essere sollevata. Infatti, l’avvenuta erosione del massimale in conseguenza di pagamenti sopravvenuti costituisce una circostanza che non necessariamente si è già perfezionata nel momento in cui il giudizio di primo grado ha inizio, ben potendo maturarsi successivamente; ne consegue che la tempestività deve essere esaminata alla luce del momento in cui l’erosione si è compiuta; circostanza, questa, che spetta ovviamente all’assicuratore dimostrare.
Entro questi limiti, quindi, il motivo in esame è fondato, perché l’eccezione non poteva essere ritenuta tardiva.

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