Mutuo solutorio: valido secondo le Sezioni Unite
Il perfezionamento del contratto di mutuo, con la conseguente nascita dell'obbligo di restituzione a carico del mutuatario, si verifica nel momento in cui la somma mutuata, ancorché non consegnata materialmente, sia posta nella disponibilità giuridica del mutuatario medesimo, attraverso l’accredito su conto corrente, non rilevando in contrario che le somme stesse siano immediatamente destinate a ripianare pregresse esposizioni debitorie nei confronti della banca mutuante, costituendo tale destinazione frutto di atti dispositivi comunque distinti ed estranei alla fattispecie contrattuale.
Anche ove si verifichi tale destinazione, il contratto di mutuo (c.d. mutuo solutorio), in presenza dei requisiti previsti dall’art. 474 cod. proc. civ., costituisce valido titolo esecutivo.
Il contrasto giurisprudenziale in materia viene risolto dalla Suprema Corte dando continuità all’orientamento tradizionale e prevalente secondo cui:
─ il cosiddetto mutuo solutorio, stipulato per ripianare la pregressa esposizione debitoria del mutuatario verso il mutuante, non è nullo, in quanto non contrario né alla legge, né all’ordine pubblico;
─ l’accredito in conto corrente delle somme erogate è sufficiente a integrare la datio rei giuridica propria del mutuo;
─ il perfezionamento del contratto di mutuo, infatti, con la consequenziale nascita dell’obbligo di restituzione a carico del mutuatario, si verifica nel momento in cui la somma mutuata, ancorché non consegnata materialmente, sia posta nella disponibilità del mutuatario medesimo, non rilevando, a detto fine, che sia previsto l’obbligo di utilizzare quella somma a estinzione di altra posizione debitoria verso il mutuante (nello stesso senso: Cass. Sez. 3, ordinanza n. 37654 del 2021; n. 724 del 2021; n. 16377 del 2023);
─ l’effettività della traditio è in tal caso del resto dimostrata dal fatto che l’impiego per l’estinzione del debito già esistente produce l’effetto di purgare il patrimonio del mutuatario di una posta negativa;
─ il ripianamento delle passività costituisce, infatti, una delle possibili modalità di impiego della somma mutuata (il ricorso al credito come mezzo di ristrutturazione del debito essendo anzi previsto dall’ordinamento: artt. 182-bis e 182-quater l.f.) e dimostra che il mutuatario abbia potuto disporre della somma;
─ né un tale impiego può considerarsi di per sé illecito in quanto lesivo dei diritti o delle aspettative dei creditori dal momento che, a tutela di chi risulti danneggiato da tale atto negoziale, l’ordinamento appresta rimedi speciali e la sanzione dell’inefficacia (Cass. Sez. 1, ordinanza n. 4694 del 22/02/2021);
─ il mutuo solutorio non può quindi essere qualificato come una mera dilazione del termine di pagamento del debito preesistente oppure quale pactum de non petendo.
Posto che la destinazione delle somme mutuate al ripianamento di pregresse esposizioni, ancorché immediato e realizzato attraverso una mera operazione contabile c.d. «di giro», non toglie, ma anzi presuppone, che il mutuo si sia perfezionato (con l’accredito delle somme sul conto corrente), ne discende che il contratto medesimo, nella ricorrenza dei requisiti di cui all’art. 474 c.p.c., costituisce valido titolo esecutivo.