Domanda di adempimento e ius variandi

Cass. Civ., Sez. I, ordinanza 25 giugno 2018, n. 16682

"La parte che, ai sensi dell'art. 1453, secondo comma, cod. civ., chieda la risoluzione del contratto per inadempimento nel corso del giudizio dalla stessa promosso per ottenere l'adempimento, può domandare, contestualmente all'esercizio dello "ius variandi", oltre alla restituzione della prestazione eseguita, anche il risarcimento dei danni derivanti dalla cessazione degli effetti del regolamento negoziale" (Cass. Sez. un., n. 8510/2014). Come è noto la particolarità della disciplina in esame, prevista dall'art. 1453 c.c. è quella di permettere la modifica della domanda in corso di causa alla parte che, pur avendo introdotto il giudizio per chiedere l'adempimento, riveda la propria scelta e successivamente formuli la domanda di risoluzione del contratto onde vedere cancellato o rimosso l'assetto di interessi di cui all'originario contratto stipulato. Con la pronuncia citata le Sezioni Unite, chiamate ad interpretare in modo coordinato i due commi dell'art. 1453 c.c., hanno ritenuto che lo ius variandi possa essere esercitato in modo completo affiancando alla domanda di risoluzione non solo quella di restituzione ma anche quella di risarcimento del danno.

Danno da lucro cessante dell’avvocato da sinistro stradale: si calcolano anche i redditi da associato.

Cass. Civ., sez. VI, 22 giugno 2018, n. 16506

In tema di risarcimento del danno da lucro cessante conseguente ad un sinistro stradale, le dichiarazioni dei redditi hanno efficacia probatoria privilegiata, ai sensi dell'art. 4 della legge n. 39 del 1977. In particolare, per effettuare detto calcolo devono considerarsi tutti i redditi del professionista avvocato, che sono costituiti tanto dai redditi professionali derivanti dalla attività svolta come singolo professionista quanto da quelli derivanti dall'attività svolta in forma associata.

Cessione del credito e opponibilità al fallimento

Cass. Civ., Sez. I, 22 giugno 2018, n. 16556

Deve ritenersi integrare accettazione della cessione opponibile al sopravvenuto fallimento del cedente anche il pagamento che sia stato eseguito dal debitore ceduto, in favore del cessionario, in epoca precedente al suddetto fallimento, trattandosi di mezzo idoneo a conferire certezza di data. D'altra parte, la ratio della data certa nei confronti del fallimento è quella di assicurare che tutta l'operazione si sia svolta prima dell'ammissione del debitore alla procedura concorsuale e, quindi, che non siano avvenuti pagamenti successivamente.

Le Sezioni unite sulla mancata liquidazione delle spese nel dispositivo della sentenza: la quantificazione deve essere chiesta mediante procedura di correzione degli errori materiali

Cass. Civ., Sez. un., sentenza 21 giugno 2018, n. 16415

A fronte della mancata liquidazione delle spese nel dispositivo della sentenza, anche emessa ex art. 429 c.p.c, sebbene in parte motiva il giudice abbia espresso la propria volontà di porle a carico della parte soccombente, la parte interessata deve fare ricorso alla procedura di correzione degli errori materiali di cui agli artt. 287 e ss c.p.c. per ottenerne la quantificazione.

Prova della mancata ricezione dell’atto da parte del destinatario

Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 21 giugno 2018, n. 16451

A fronte della contestazione che l'atto sia mai pervenuto all'indirizzo del destinatario, è necessaria la prova delle esatte modalità attraverso le quali fu eseguita la notifica dello stesso a mezzo del servizio postale, prova che la Corte territoriale, mediante indagine di merito, ha ritenuto mancante in ragione dell'omessa produzione della documentazione attestante gli adempimenti svolti dall'agente postale incaricato della consegna e, specificamente, della "cartolina contenente le indicazioni relative all'indirizzo del destinatario, alle ragioni della mancata consegna, al deposito del plico presso l'ufficio postale, al mancato ritiro dello stesso e alla data di restituzione al mittente, il tutto sottoscritto dall'agente postale autore delle relative annotazioni".

C.d. frodi carosello: oneri probatori

Cass. Civ. sez. VI, ordinanza 21 giugno 2018, n. 16469

In tema di riparto dell'onere probatorio nelle ipotesi di operazioni soggettivamente inesistenti riconducibili alle c.d. frodi carosello, l'amministrazione finanziaria ha l'onere di provare non solo l'oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l'operazione si inseriva in una evasione dell'imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l'ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l'Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un'operazione volta ad evadere l'imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi.

Le Sezioni Unite sull’usura e le commissioni di massimo scoperto

Cass.. Sez. un., sentenza 20 giugno 2018, n. 16303

Con riferimento ai rapporti svoltisi, in tutto o in parte, nel periodo anteriore all'entrata in vigore delle disposizioni di cui all'art. 2 bis d.l. n. 185 del 2008, inserito dalla legge di conversione n. 2 del 2009, ai fini della verifica del superamento del tasso soglia dell'usura presunta come determinato in base alle disposizioni della legge n. 108 del 1996, va effettuata la separata comparazione del tasso effettivo globale d'interesse praticato in concreto e della commissione di massimo scoperto (CMS) eventualmente applicata - intesa quale commissione calcolata in misura percentuale sullo scoperto massimo verificatosi nel periodo di riferimento - rispettivamente con il tasso soglia e con la "CMS soglia", calcolata aumentando della metà la percentuale della CMS media indicata nei decreti ministeriali emanati ai sensi dell'art. 2, comma 1, della predetta legge n. 108, compensandosi, poi, l'importo della eventuale eccedenza della CMS in concreto praticata, rispetto a quello della CMS rientrante nella soglia, con il "margine" degli interessi eventualmente residuo, pari alla differenza tra l'importo degli stessi rientrante nella soglia di legge e quello degli interessi in concreto praticati.

Equa riparazione: la sospensione feriale si applica al termine decadenziale di sei mesi

Cass. Civ., Sez. II, ordinanza 20 giugno 2018, n. 16279

Il termine di sei mesi di cui all'art. 4 legge n. 89 del 2001, decorrente dal provvedimento che chiude la causa che ha violato la durata ragionevole del processo, oltre il quale l'azione di equa riparazione non è più proponibile, è termine stabilito "a pena di decadenza" (artt. 2964 e ss. cod. civ.), e la natura processuale della decadenza comporta che il periodo di sei mesi deve computarsi tenendo conto della sospensione feriale, come accade per ogni altro termine analogo (Cass., Sez. un., sentenza 22 luglio 2013, n. 17781).

Il sindacato di legittimità sulla motivazione

Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 20 giugno 2018, n. 16271

La riformulazione dell'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall'art. 54 del d. I. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall'art. 12 delle preleggi, come riduzione al "minimo costituzionale" del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico", nella "motivazione apparente", nel "contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili" e nella "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile", esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di "sufficienza" della motivazione.

Assegno con sottoscrizione apocrifa e responsabilità della banca

Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 19 giugno 2018, n. 16178

Nel caso di pagamento, da parte di una banca, di un assegno con sottoscrizione apocrifa, l'ente creditizio può essere ritenuto responsabile non a fronte della mera alterazione del titolo, ma solo nei casi in cui una tale alterazione sia rilevabile ictu oculi, in base alle conoscenze del bancario medio, il quale non è tenuto a disporre di particolari attrezzature strumentali o chimiche per rilevare la falsificazione, né è tenuto a mostrare le qualità di un esperto grafologo (conf. Cass. 4 ottobre 2011, n. 20292; Cass. 20 marzo 2014, n. 6513).