12 Aprile 2022

RCA – Mora dell’assicuratore e massimale

Cass. Civ., sez. VI, ordinanza 17 marzo 2022, n. 8676 (rel. M. Rossetti)
La mora dell'assicuratore della r.c.a. nei confronti del danneggiato ha conseguenze diverse a seconda che il massimale sia capiente o incapiente.
Sino a quando il massimale resti capiente rispetto al danno causato dall'assicurato al terzo, la mora dell'assicuratore è giuridicamente insignificante, perché resta assorbita dalla mora dell'assicurato. Quest'ultimo infatti, in quanto autore di un fatto illecito, è tenuto al pagamento degli interessi (compensativi) di mora dal giorno dell'illecito, ai sensi dell'art. 1219, secondo comma, n. 1, c.c., interessi che costituiscono una delle voci del risarcimento spettante al terzo. L'assicuratore della r.c.a. ha l'obbligo di pagare al terzo danneggiato il medesimo risarcimento a quegli dovuto dall'assicurato: sia a titolo di capitale, sia a titolo di interessi. Pertanto gli interessi dovuti dall'assicurato al danneggiato ai sensi dell'art. 1219 c.c. sono ipso facto dovuti anche dall'assicuratore della r.c.a., e vanno calcolati col saggio e sul capitale stabiliti dalle Sezioni Unite di questa Corte con la nota sentenza 17.2.1995 n. 1712, e cioè ad un tasso equitativamente scelto dal giudice in considerazione delle peculiarità del caso, applicato sulla semisomma tra credito espresso in moneta dell'epoca dell'illecito, e credito rivalutato all'epoca della decisione. Pertanto sino al limite di capienza del massimale l'assicuratore in mora sarà tenuto a versare all'assicurato gli stessi interessi dovuti dall'assicurato, vale a dire gli interessi compensativi computati secondo i criteri stabiliti da Sez. U, Sentenza n. 1712 del 17/02/1995. Questa è la ragione per la quale si è affermato che l'obbligazione dell'assicuratore della r.c.a., la quale è una obbligazione di valuta, fino a quando non supera il massimale "si comporta" come una obbligazione di valore per quanto attiene le conseguenze della mora (Sez. 3, Sentenza n. 28811 del 08/11/2019).
Quando il danno causato dall'assicurato eccede il massimale, l'obbligazione dell'assicuratore nei confronti del terzo danneggiato ha per oggetto l'intero massimale.
Quando l'assicuratore della r.c.a. sia tenuto al pagamento dell'intero massimale, e non adempia nei termini di legge, non può ovviamente più pretendere che le conseguenze della (sua) mora restino contenute nel limite del massimale. Quel limite, infatti, concerne una garanzia per fatto altrui, e cioè il risarcimento del danno causato dall'assicurato. Ma se l'assicuratore della r.c.a. debba versare alla vittima l'intero massimale e non lo faccia nei tennini di legge, tale ritardo sarà imputabile a lui, non al fatto dell'assicurato. Pertanto in virtù del principio di autoresponsabilità (per effetto del quale ciascuno deve sopportare le conseguenze giuridiche delle proprie azioni od omissioni) l'assicuratore in mora nel pagamento dell'intero massimale sarà tenuto a sopportare gli effetti della mora stessa sena limiti di sorta. In questo caso infatti le conseguenze della mora scaturiscono dall'inadempimento dell'assicuratore, e non dall'illecito dell'assicurato.

L’assicuratore che ritardi il pagamento dell’intero massimale va incontro alle conseguenze cui si espone il debitore che non adempia una obbligazione di valuta.
Egli dunque sarà tenuto al pagamento degli interessi di mora al saggio legale (art. 1224, primo comma, c.c.). Se poi il creditore lo chieda e lo dimostri, gli spetterà il risarcimento del “maggior danno” di cui all’art. 1224, comma secondo, c.c.
Il “maggior danno” di cui all’art. 1224, comma secondo, c.c., può essere ritenuto sussistente in via presuntiva dal giudice, salvo prova contraria da parte del debitore, in tutti i casi in cui nel tempo della mora il saggio di rendimento medio dei BOT di durata annuale sia stato superiore al saggio legale medio degli interessi, così come statuito dalle Sezioni Unite di questa Corte nel comporre i precedenti contrasti sull’interpretazione dell’art. 1224, comma secondo, c.c. (Sez. U, Sentenza n. 19499 del 16/07/2008).

La mora debendi dell’assicuratore della r.c.a. nei confronti del terzo danneggiato è spesso designata nella prassi forense e giudiziaria “mala gestio impropria”: ma deve essere ben chiaro che questa espressione è puramente convenzionale e, essa sì, “impropria”.
Infatti una “cattiva gestione” degli interessi altrui è concepibile unicamente nel rapporto tra assicurato ed assicuratore. Solo nell’ambito di questo rapporto è ipotizzabile una condotta colposa consistente nella malaccorta gestione degli interessi altrui.
Per questa ragione nel rapporto tra assicurato ed assicuratore mora e mala gestio sono concetti non coincidenti: la mora è l’effetto dell’inadempimento d’una obbligazione di dare; la mala gestio è invece l’inadempimento di una obbligazione di fare (la cura degli interessi dell’assicurato).
L’assicuratore che incorra nella mala gestio degli interessi dell’assicurato potrà essere tenuto al pagamento di somme eccedenti il massimale non solo a titolo di interessi, ma anche a titolo di capitale (l’esempio di scuola è quello dell’assicuratore che, rifiutando per colpa una vantaggiosa proposta transattiva avanzata dal danneggiato e contenuta nei limiti del massimale, finisca per lasciare l’assicurato, all’esito del giudizio, esposto alla pretesa del danneggiato per l’eccedenza del credito risarcitorio rispetto al limite del massimale).
Nel rapporto tra assicuratore della r.c.a. e danneggiato, per contro, l’assicuratore assume la veste di debitore, non di mandatario o gestore di affari altrui.
Pertanto la mora dell’assicuratore nell’ambito di tale rapporto non potrà mai comportare altre conseguenze che quelle di cui all’art. 1224 c.c.: e cioè l’obbligo di pagamento di somme eccedenti il massimale a titolo di interessi o maggior danno ex art. 1224 c.c., ma mai a titolo di capitale (principio, quest’ultimo, che questa Corte viene ripetendo ormai da vent’anni: così già, con grande chiarezza, Sez. 3, Sentenza n. 10725 del 08/07/2003, nella cui motivazione si afferma che la responsabilità dell’assicuratore in mora nei confronti del danneggiato “ritrae disciplina e contenuto dall’art. 1224 cod. civ., perché è obbligazione da ritardo nell’adempimento di una obbligazione pecuniaria e dunque da un lato trova il suo unico presupposto nella mora, dall’altro richiede la prova, quanto al danno, solo per la parte che eccede gli interessi di mora’).