24 Aprile 2023

SS.UU. sulla incapacità a testimoniare: eccezione di parte da reiterare in precisazione delle conclusioni

Cass. Civ., Sezioni Unite, sentenza 6 aprile 2023, n. 9456 (rel. M . Di Marzio)
L'incapacità a testimoniare disciplinata dall' art. 246 c.p.c. non è rilevabile d'ufficio, sicché, ove la parte non formuli l'eccezione di incapacità a testimoniare prima dell'ammissione del mezzo, detta eccezione rimane definitivamente preclusa, senza che possa poi proporsi, ove il mezzo sia ammesso ed assunto, eccezione di nullità della prova.
Ove la parte abbia formulato l'eccezione di incapacità a testimoniare, e ciò nondimeno il giudice abbia ammesso il mezzo ed abbia dato corso alla sua assunzione, la testimonianza così assunta è affetta da nullità, che, ai sensi dell' art. 157 c.p.c. , l'interessato ha l'onere di eccepire subito dopo l'escussione del teste ovvero, in caso di assenza del difensore della parte alla relativa udienza, nella prima udienza successiva, determinandosi altrimenti la sanatoria della nullità.
La parte che ha tempestivamente formulato l'eccezione di nullità della testimonianza resa da un teste che si assume essere incapace a testimoniare, deve poi dolersene in modo preciso e puntuale anche in sede di precisazione delle conclusioni, dovendosi altrimenti ritenere l'eccezione rinunciata, così da non potere essere riproposta in sede d'impugnazione.

La Suprema Corte non ha mai dubitato che l’incapacità a testimoniare, ex art. 246 c.p.c., debba essere eccepita dalla parte interessata.

Quanto alle modalità di formulazione dell’eccezione di incapacità a testimoniare, essa va formulata in vista dell’assunzione, il che non esime l’interessato dal proporre l’eccezione di nullità della testimonianza, ove assunta nonostante l’eccezione di incapacità, successivamente al suo espletamento, nonché in sede di precisazione delle conclusioni.

Infatti, ove il giudice ammetta la prova, nonostante l’eccezione di incapacità, in violazione dell’art. 246 c.p.c., la prova assunta è affetta da nullità relativa.

Sicché, laddove l’incapacità a testimoniare conseguente alla simultanea titolarità, in capo al teste, della qualità di parte, anche virtuale, non venga eccepita dalla parte interessata al momento dell’espletamento del mezzo di prova o nella prima difesa successiva, la nullità dell’assunzione deve ritenersi definitivamente sanata per acquiescenza.

La parte che si sia vista rigettare dal giudice di primo grado le proprie richieste istruttorie ha l’onere di reiterarle in modo specifico, quando precisa le conclusioni, senza limitarsi al richiamo generico dei precedenti atti difensivi, poiché, diversamente, le stesse devono ritenersi abbandonate e non possono essere riproposte in sede di impugnazione.