Valutazione equitativa del danno presuppone che la relativa prova sia stata raggiunta
La valutazione equitativa presuppone che il danno sia certo nella sua esistenza ontologica (Cass. 19/12/2011, n. 27447), cioè che «la sussistenza di un danno risarcibile nell'an debeatur sia stata dimostrata ovvero sia incontestata» (Cass. 04/04/2017, n. 8662). Ne consegue che, ove la prova del danno non sia stata raggiunta, non può chiedersi al giudice di creare i presupposti logici e normativi per la liquidazione del danno richiesto (Cass. 04/08/2017, n. 19447). Non solo: al danneggiato si chiede di provare i parametri per una liquidazione equitativa e le ragioni che gli hanno impedito l'accertamento degli specifici effetti dannosi concretamente riconducibili all'illecito, rendendo il danno di difficile o impossibile quantificazione.
La ratio della valutazione equitativa, una volta che la prova del danno sia stata raggiunta, e, in mancanza degli elementi necessari per procedere ad una sua puntuale quantificazione, è quella di rimettere al potere-dovere del giudice di sopperire alle eventuali difficoltà di quantificazione del danno, al fine di assicurare l’effettività della tutela risarcitoria (Cass. 06/04/2017, n. 8920) e la ricerca di una omogeneità tra risarcimento accordato e danno risentito; giammai la valutazione equitativa assume valenza surrogatoria della prova del danno, né può pensarsi di utilizzarla per sopperire alla difficoltà di dimostrazione del nesso causale tra l’inadempimento o altra condotta illecita, che ne sta alla base, e il danno (Cass. 27/04/2017, n. 10393).