05 Febbraio 2013

Corte Costituzionale, 6 dicembre 2012, n. 272

“Sussiste eccesso di delega rispetto alle indicazioni e direttive della legge delega, in relazione al carattere obbligatorio dell’istituto di conciliazione ed alla conseguente strutturazione della relativa procedura come condizione di procedibilità della domanda giudiziale nelle controversie di cui all’art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 28/2010.”

La Corte Costituzionale dichiara l’incostituzionalità del d.lgs. n. 28/2010 per eccesso di delega, in relazione al carattere obbligatorio dell’istituto di conciliazione ed alla conseguente strutturazione della relativa procedura come condizione di procedibilità della domanda giudiziale

Ciò in quanto l’istituto della mediazione obbligatoria, introdotto dal legislatore delegante con l’art. 5, comma 1, d.lgs. 28/2010, non può considerarsi come un coerente sviluppo e completamento delle scelte espresse dal delegante, perché in realtà l’obbligatorietà della mediazione (in relazione alle controversie elencate nella citata norma) non soltanto è priva di riferimenti ai principi e criteri della delega, ma, almeno in due punti, contrasta con la concezione della mediazione come imposta dalla normativa delegata.

Infatti, la legge delega, n. 69 del 2009, tra i principi e criteri direttivi di cui all’art. 60, comma 3, non esplicita in alcun modo la previsione del carattere obbligatorio della mediazione finalizzata alla conciliazione, né si potrebbe ritenere che il carattere obbligatorio sia implicitamente desumibile dalla citata norma.

In particolare, l’art. 60, comma 3, lettera a), la quale prevede che la mediazione abbia per oggetto controversie su diritti disponibili “senza precludere l’accesso alla giustizia”, contiene una mera affermazione di carattere generale, non necessariamente collegabile alla scelta di un determinato modello procedurale.

Al contrario, la norma di delega contiene spunti ben più espliciti che orientano l’interprete in senso contrario rispetto alla volontà del legislatore delegante di introdurre una procedura a carattere obbligatorio.

Si pensi all’articolo 60, comma 3, lettera c), il quale dispone che la mediazione sia disciplinata “anche attraverso l’estensione delle disposizioni di cui al decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5”, recante la definizione dei procedimenti in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria, nonché in materia bancaria e creditizia. Gli articoli da 38 a 40 di tale decreto (poi abrogati dall’art. 23, comma 1, del d.lgs. n. 28/2010) prevedevano un procedimento di conciliazione stragiudiziale nel quale il ricorso alla mediazione trovava la propria fonte in un accordo tra le parti (contratto o statuto). Il modulo richiamato dal legislatore delegante è, dunque, di fonte volontaria, e non può conciliarsi con un’opzione a favore della mediazione obbligatoria.

Ancora, l’art. 60, comma 3, lettera n), dispone che nell’esercizio della delega il Governo deve attenersi (tra gli altri) al principio di “prevedere il dovere dell’avvocato di informare il cliente, prima dell’instaurazione del giudizio, della possibilità di avvalersi dell’istituto della conciliazione, nonché di ricorrere agli organismi di conciliazione”. Orbene, la possibilità di avvalersi significa, evidentemente, facoltà e non obbligo di avvalersi (“è tenuto preliminarmente”), cui fa riferimento l’art. 5, comma 1, del decreto delegato.

L’opzione a favore del modello di mediazione obbligatoria non può trovare fondamento nemmeno nella legislazione europea, la quale si rivela anch’essa neutrale in ordine alla scelta del modello di mediazione da adottare, che resta demandata ai singoli stati membri (purché sia garantito il diritto di adire i giudici competenti per la definizione giudiziaria delle controversie).

Infatti, fermo il favor dimostrato verso detto istituto, in quanto ritenuto idoneo a fornire una risoluzione extragiudiziale conveniente e rapida delle controversie in materia civile e commerciale, il diritto dell’unione disciplina le modalità con le quali il procedimento può essere strutturato (“può essere avviato dalle parti, suggerito od ordinato da un organo giurisdizionale o prescritto da uno stato membro”, ai sensi dell’art. 3, lettera a), della direttiva 2008/52/CE del 21 maggio 2008), ma non impone e nemmeno consiglia l’adozione del modello obbligatorio, limitandosi a stabilire che resta impregiudicata la legislazione nazionale che rende il ricorso alla mediazione obbligatorio (art. 5, comma 2, della citata direttiva).

Deve, pertanto, escludersi che il contenuto della legge delega, richiamando la direttiva comunitaria, possa essere interpretato come scelta a favore del modello di mediazione obbligatoria.

Infine, quanto alla finalità ispiratrice dell’istituto della mediazione obbligatoria, consistente nell’esigenza di individuare misure alternative per la definizione delle controversie civili e commerciali, anche al fine di ridurre il contenzioso gravante sui giudici professionali, il carattere obbligatorio della mediazione non può considerarsi intrinseco alla sua ratio, come agevolmente si desume dalla previsione di altri moduli procedimentali (facoltativi o dispositivi su invito del giudice), del pari ritenuti idonei a perseguire effetti deflattivi, volti a semplificare e migliorare l’accesso alla giustizia.

Avv. Claudia Moretti