In tema di responsabilità extracontrattuale del Ministero della Salute per i danni da trasfusione di sangue infetto, in caso di decesso del danneggiato a causa del contagio, la prescrizione rimane quinquennale per il danno subito da quel soggetto in vita, del quale il congiunto chieda il risarcimento iure hereditatis, trattandosi di un danno da lesione colposa, soggetto a prescrizione quinquennale dalla data del fatto; la prescrizione è, invece, decennale per il danno subito dai congiunti della vittima iure proprio, in quanto, per tale aspetto, il decesso del congiunto emotrasfuso integra omicidio colposo, reato a prescrizione decennale (cfr. Cass. Civ. n. 28464/2013; Cass. Civ. n. 7553/2012).
Il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da parte di chi assume di avere contratto per contagio da emotrasfusioni una malattia per fatto doloso o colposo di un terzo decorre dal giorno in cui tale malattia venga percepita - o possa essere percepita usando l'ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche - quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo, con la precisazione che la presentazione della domanda di indennizzo di cui alla legge n. 210 del 1992 segna solo il limite temporale ultimo di possibile decorrenza del termine di prescrizione, senza che ciò escluda la possibilità di collocare l'effettiva conoscenza della rapportabilità causale della malattia in un momento precedente, tenendo conto delle informazioni in possesso del danneggiato e della diffusione delle conoscenze scientifiche, in base ad un accertamento che è rimesso al giudice del merito (cfr. Cass. civ. n. 23635/2015; Cass. Civ. n. 10551/2015; Cass Civ. n. 10530/2015).
In caso di patologie conseguenti ad infezione da virus HBV, HIV e HCV, contratte a seguito di emotrasfusioni o di somministrazione di emoderivati, sussiste la responsabilità del Ministero della Salute anche per le trasfusioni eseguite in epoca anteriore alla conoscenza scientifica di tali virus e all'apprestamento dei relativi test identificativi (risalenti, rispettivamente, agli anni a978, 1985, 1988), atteso che già dalla fine degli anni '60 era noto il rischio di trasmissione di epatite virale ed era possibile la rilevazione (indiretta) del virus, che della stessa costituiscono evoluzione o mutazione, mediante gli indicatori della funzionalità epatica, gravando pertanto sul Ministero della salute, in adempimento degli obblighi specifici di vigilanza e controllo posti da una pluralità di fonti normative speciali risalenti già all'anno 1958, l'obbligo di controllare che il sangue utilizzato per le trasfusioni e gli emoderivati fosse esente da virus e che i donatori non presentassero alterazione della transaminasi (cfr. Cass. Civ. n. 3721/2019; Cass. Civ. n. 1566/2019).
In particolare, il Ministero della Salute, in base a una pluralità di fonti normative (per l'elenco esaustivo delle quali, ex plurimis, Cass. n. 18520/2018), è tenuto ad esercitare un 'attività di controllo e di vigilanza in ordine (anche) alla pratica terapeutica della trasfusione del sangue e dell'uso degli emoderivati, e risponde ex art. 2043 c.c., per omessa vigilanza, dei danni conseguenti ad epatite e ad infezione da HIV contratte da soggetti emotrasfusi (Cass. Civ. n. 17685/2011; Cass. Civ. n. 9404/2011; Cass. Civ. S.U. n. 584/2008; Cass. Civ. S.U. n. 576/2008).
In tema di danni da emotrasfusioni, nel giudizio promosso dal danneggiato contro il Ministero della salute, l'accertamento della riconducibilità del contagio ad una emotrasfusione, compiuto dalla Commissione di cui all'art. 4 della l. n. 210 del 1992, in base al quale è stato riconosciuto l'indennizzo ai sensi di detta legge, non può essere messo in discussione dal Ministero, quanto alla riconducibilità del contagio alla trasfusione o alle trasfusioni individuate come causative di esso, ed il giudice deve ritenere detto fatto indiscutibile e non bisognoso di prova, in quanto, essendo la Commissione organo dello Stato, l'accertamento è da ritenere imputabile allo stesso Ministero (Cass. Civ. n. 15734/2018).
In tema di risarcimento da emotrasfusione infetta, la "compensatio lucri cum damno" tra l'indennizzo corrisposto al danneggiato, ai sensi dell'art. 1 della legge 25 febbraio 1992, n. 210, e il risarcimento richiesto al Ministero della Sanità per l'omessa adozione di adeguate misure di emovigilanza, integra un'eccezione in senso lato, rilevabile d'ufficio e proponibile per la prima volta anche in appello (cfr. Cass. Civ. n. 991/2014).
Nel giudizio promosso nei confronti del Ministero della Salute per il risarcimento del danno conseguente al contagio da virus HBV, HIV o HCV a seguito di emotrasfusioni con sangue infetto, l'indennizzo di cui alla l. n. 210 del 1992 non può essere scomputato dalle somme liquidabili a titolo di risarcimento del danno ("compensatio lucri cum damno"), qualora l'importo dell'indennizzo non sia stato corrisposto e tantomeno determinato o determinabile, in base agli atti di causa, nel suo preciso ammontare, posto che l'astratta spettanza di una somma suscettibile di essere compresa tra un minimo ed un massimo, a seconda della patologia riconosciuta, non equivale alla sua corresponsione e non fornisce elementi per individuarne l'esatto ammontare, né il carattere predeterminato delle tabelle consente di individuare, in mancanza di dati specifici a cui è onerato chi eccepisce il "lucrum", il preciso importo da portare in decurtazione del risarcimento (Cass. Civ. n. 2778/2019; Cass. Civ. n. 32944/2018).