Nullità della fideiussione per violazione della normativa antitrust: il riparto dell’onere probatorio
In materia di nullità della fideiussione per violazione della normativa antitrust, il riparto dell’onere probatorio deve avvenire alla luce del principio di vicinanza della prova e, pertanto, è onere del cliente allegare la copia del contratto di fideiussione impugnato e la copia del provvedimento della Banca d’Italia n. 55/2005 che, al pari di tutti gli atti amministrativi, non è autonomamente conoscibile dal Giudice per scienza privata; la banca, invece, ha l’onere di dimostrare che il contratto di fideiussione sottoposto alla firma del cliente non ha i requisiti censurati nel 2005, indicando le clausole inserite nel contratto per compensare o attenuare le criticità segnalate dalla Banca d’Italia, in modo da fare emergere l’interruzione del rapporto causale tra l’intesa e il modello ABI censurato.
La pronuncia in commento affronta la questione della nullità della fideiussione bancaria per violazione della normativa antitrust, chiarendo in che termini debba effettuarsi la ripartizione dell’onere probatorio tra fideiussore e banca. Come noto, la giurisprudenza di legittimità ha chiaramente affermato la nullità dei contratti stipulati in attuazione di intese restrittive della concorrenza: “in tema di accertamento dell’esistenza di intese anticoncorrenziali vietate dalla L. n. 287 del 1990, art. 2, la stipulazione “a valle” di contratti o negozi che costituiscano l’applicazione di quelle intese illecite concluse “a monte” (nella specie: relative alle norme bancarie uniformi ABI in materia di contratti di fideiussione, in quanto contenenti clausole contrarie a norme imperative) comprendono anche i contratti stipulati anteriormente all’accertamento dell’intesa da parte dell’Autorità indipendente preposta alla regolazione o al controllo di quel mercato (nella specie, per quello bancario, la Banca d’Italia, con le funzioni di Autorità garante della concorrenza tra istituti creditizi, ai sensi della L. n. 287 del 1990, artt. 14 e 20, (in vigore fino al trasferimento dei poteri all’AGCM, con la L. n. 262 del 2005, a far data dal 12 gennaio 2016)) a condizione che quell’intesa sia stata posta in essere materialmente prima del negozio denunciato come nullo, considerato anche che rientrano sotto quella disciplina anticoncorrenziale tutte le vicende successive del rapporto che costituiscano la realizzazione di profili di distorsione della concorrenza” (Cass. Civ., Sez. I, ordinanza 12 dicembre 2017, n. 29810).
L’invalidazione investe, in particolar modo, le fideiussioni conformi allo schema di contratto predisposto dall’ABI, alla luce del provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005 con il quale la Banca d’Italia stabilì la contrarietà di alcuni articoli in esso contenuti all’art. 2, comma 2, lett. a, l. n. 287 del 1990, chiedendo all’ABI di trasmettere alle imprese aderenti un nuovo modello di contratto, senza quegli articoli. Posta la nullità della fideiussione, limitatamente alle clausole restrittive della concorrenza, la decisione in esame definisce, in modo specifico, il criterio da applicare nella ripartizione dell’onere probatorio tra le parti. Il principio risolutore è rappresentato da quello della vicinanza della prova, come sancito dalla Suprema Corte: “l’onere della prova viene […] ripartito tenuto conto, in concreto, della possibilità per l’uno o per l’altro soggetto di provare fatti e circostanze che ricadono nelle rispettive sfere di azione” (Cass. Civ., Sez. Un., sentenza 30 ottobre 2001, n. 13533).
In ossequio al detto principio, il Tribunale di Padova grava il cliente dell’onere di allegare, a supporto dell’eccezione di nullità, la copia del contratto di fideiussione, nonché la copia del provvedimento della Banca d’Italia del 2005, in quanto, trattandosi di atto amministrativo – conformemente a quanto previsto per tutti i provvedimenti diversi dalla legge – non vale l’assunto “iura novit curia”. L’istituto di credito, invece, deve provare che il contratto di fideiussione oggetto di contestazione non possiede i presupposti di illegittimità, nonché l’avvenuto inserimento di clausole contrattuali volte a compensare o ridurre gli aspetti di criticità segnalate dal provvedimento della Banca d’Italia, più volte citato. Tale onere probatorio risulta senz’altro di più semplice assolvimento da parte della banca, in quanto quest’ultima ha predisposto la modulistica firmata per adesione dal cliente.
Rosalia Calandrino