25 Agosto 2020

Assicurazione: clausole di esclusione e distribuzione del rischio

Cass. Civ., sez. III, ordinanza 9 luglio 2020, n. 14595 (rel. Gorgoni)
Le clausole di esclusione della copertura assicurativa non possono tradursi nell'inoperatività della garanzia, perché rendono praticamente nullo il rischio garantito a vantaggio dell'assicuratore e privano la polizza di qualunque utilità pratica per l'assicurato, sicché, in definitiva, lo spostamento patrimoniale posto a suo carico risulta sprovvisto di giustificazione.

L’operazione economica sottesa dalla polizza assicurativa deve risultare funzionale alla realizzazione di un piano di distribuzione dei rischi che garantisca l’equilibrio delle posizioni contrattuali.
Cresce là tendenza di questa Corte a disvelare i tentativi di veicolare la gestione di interessi di parte attraverso il simulacro di clausole che risultino, in concreto, neutralizzatrici (o persino traslative) del rischio ad esclusivo vantaggio dell’assicuratore, che cioè si risolvano in una fonte di rendita parassitaria ed eccedenti il corretto equilibrio tra premi e rischi; e ciò pur dovendosi tener conto che tale deve misurarsi con le peculiarità del contratto di assicurazione, il quale si fonda su un quid pluris rispetto ai comuni contratti corrispettivi, rappresentato dalla comunione tecnica dei rischi, con ciò intendendo quella complessa e raffinata operazione, basata su metodologie statistico-attuariali, che consente alle imprese assicuratrici di assumere i rischi, calcolando per essi il premio corrispondente. Il premio assicurativo rappresenta infatti la traduzione in termini giuridici di una operazione economica, per cui il premio risulta un corrispettivo non già per il rischio nel singolo contratto, ma quello per il rischio medio calcolato sulla base di elementi probabilistici in relazione ad una massa di rischi omogenei. Posto che gli effetti del singolo contratto non sono indifferenti per gli appartenenti alla medesima classe, è facile intuire quanto ciò influisca sull’oggetto, sulla causa, sulle posizioni delle parti, in sostanza sull’equilibrio delle prestazioni assunte.
La consapevolezza di tale peculiarità, che richiede evidentemente cautela e prudenza nell’approccio alla specialità su cui poggia la disciplina codicistica del contratto di assicurazione— ed in specie del rapporto di garanzia in senso tecnico ivi tipizzato — spiega perché la giurisprudenza di legittimità si sia espressa a favore della sinallagmaticità del contratto di assicurazione solo eccezionalmente e perché di essa abbia beneficiato solamente l’assicuratore — questa Corte ha ritenuto, infatti, che la corrispettività e l’equilibrio sinallagmatico siano costituiti
dallo scambio della promessa di pagare l’indennità da parte dell’assicuratore a fronte del pagamento del corrispettivo, mentre la misura del premio non entra nello scambio privatistico, perché è condizionata da fattori esogeni derivanti dall’inserimento del rischio singolo nella c.d. comunione dei rischi — ma non impedisce di considerare che “la determinazione del premio di polizza non può non assumere valore determinante al fine di accertare quale sia il limite massimo dell’obbligazione facente capo all’assicuratore, onde quell’equilibrio sinallagmatico possa dirsi in concreto rispettato” e che deve esservi “corrispondenza tra ammontare del premio e contenuto dell’obbligazione dell’assicuratore” (Cass. 30/04/2010, n.10596).
Allora ecco che le peculiarità del contratto di assicurazione si rivelano rilevanti anche dalla prospettiva dell’assicurato. Nel regolamento contrattuale, di norma, si combinano tre tipologie di clausole: una prima, che disciplina l’oggetto dell’assicurazione in maniera ampia ,se non addirittura amplissima; una seconda, che esclude dalla garanzia una serie di danni; una terza, che include nella copertura buona parte dei rischi prima esclusi, previo pagamento di un eventuale sovrappremio; di conseguenza, posto che ogni delimitazione dell’oggetto del contratto determina uno spostamento dell’onere economico dall’assicuratore all’assicurato, tutte le volte in cui a ciò non faccia da contrappeso la riduzione del premio, la clausola di esonero o di limitazione della responsabilità potrebbe essere la spia del vantaggio che l’assicuratore si è ingiustificatamente riservato, non bastando evidentemente ad escluderlo il fatto che l’assicurato abbia consapevolmente accettato il piano propostogli dall’assicuratore.
Si rileva, dunque, necessario verificare se il piano di distribuzione dei rischi soddisfi il requisito della causa in concreto “sotto il profilo della liceità e dell’adeguatezza dell’assetto sinallagmatico rispetto agli specifici interessi perseguiti dalle parti” (Cass., Sez. Un., 24/09/2018, n. 22437; Cass.25/06/2019, n. 16902) o se vi siano gli estremi di uno squilibrio significativo tra i diritti e gli obblighi delle parti, che è quanto si verifica allorché venga messa in dubbio — proprio per la presenza di clausole di delimitazione del rischio — la ricorrenza dell’interesse effettivo di una delle parti per la stipulazione del contratto, sanzionando quelle pattuizioni che valgano ad assicurare un rischio nullo o cessato, rispettivamente, per difetto originario, ex art. 1904 c.c. o sopravvenuto, ex art. 1896 c.c., della causa dello spostamento patrimoniale a carico del contraente, sicché il premio non risulti sorretto da alcuna giustificazione, poiché difetta il rischio.