Il decreto ingiuntivo non munito, prima della dichiarazione di fallimento, della prevista dichiarazione non è opponibile al fallimento

Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 30 novembre 2018, n. 31102 (Rel. Di Marzio)

«In assenza di opposizione, il decreto ingiuntivo acquista efficacia di giudicato formale e sostanziale solo nel momento in cui il giudice, dopo averne controllato la notificazione, lo dichiari esecutivo ai sensi dell'art. 647 cod. proc. civ. Tale funzione si differenzia dalla verifica affidata al cancelliere dall'art. 124 o dall'art. 153 disp. att. cod. proc. civ. e consiste in una vera e propria attività giurisdizionale di verifica del contraddittorio che si pone come ultimo atto del giudice all'interno del processo d'ingiunzione e a cui non può surrogarsi il giudice delegato in sede di accertamento del passivo. Ne consegue che il decreto ingiuntivo non munito, prima della dichiarazione di fallimento, del decreto di esecutorietà non è passato in cosa giudicata formale e sostanziale e non è opponibile al fallimento, neppure nell'ipotesi in cui il decreto ex art. 647 cod. proc. civ. venga emesso successivamente, tenuto conto del fatto che, intervenuto il fallimento, ogni credito, deve essere accertato nel concorso dei creditori ai sensi dell'art. 52 legge fall. (Cass. 27 gennaio 2014, n. 1650; Cass. 31 gennaio 2014, n. 2112; in precedenza tra le tante Cass. 23 dicembre 2011, n. 28553; Cass. 13 marzo 2009, n. 6198; solo nel corso del 2017 il principio è stato ribadito, senza pretesa di completezza, dalle ordinanze n. 23775, n. 25191, n. 20886, n. 18733, n. 17865, n. 16322, n. 16177, n. 16176, n. 15953, n. 13542, n. 14692, n. 14691, n. 14690, n. 13755, n. 13542, n. 12936, n. 12935, n. 10821, n. 10208, n. 6595, n. 6524, n. 684). Il decreto ingiuntivo non munito, prima della dichiarazione di fallimento, della prevista dichiarazione non è dunque opponibile al fallimento e pertanto non giustifica la collocazione del credito in grado ipotecario.

La sentenza di appello, anche se integralmente confermativa, si sostituisce a quella di primo grado

Cass. Civ., Sez. III, sentenza 13 novembre 2018, n. 29021 (Rel. Rubino)

In materia di titolo esecutivo di formazione giudiziale, specificamente nei rapporti tra sentenza di primo grado e sentenza d'appello, la giurisprudenza di questa Corte attribuisce alla sentenza d'appello, salvo i casi di inammissibilità, improponibilità ed improcedibilità dell'appello (e, quindi, quelli in cui l'appello sia definito in rito e non sia esaminato nel merito con la realizzazione dell'effetto devolutivo di gravame sul merito), l'efficacia di sostituire quella di primo grado, tanto nel caso di riforma che in quello di conferma di essa (cfr. Cass. n. 2885/73; n.6438/92; n. 586/99; n. 6911/02; n. 29205/08; n. 7537/09). Deve quindi ribadirsi in questa sede quanto già più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità (v., tra le altre, Cass. n. 18254 del 2014), ovvero che la sentenza di appello, anche se integralmente confermativa, si sostituisce a quella di primo grado, che viene eliminata e non torna a rivivere neppure se, a seguito di cassazione senza rinvio, la stessa sentenza di appello venga eliminata (in questo senso da ultimo v. anche Cass. n. 2955 del 2013). L'effetto sostitutivo della sentenza d'appello, la quale confermi integralmente o riformi parzialmente la decisione di primo grado, comporta che, ove l'esecuzione non sia ancora iniziata, essa dovrà intraprendersi sulla base della pronuncia di secondo grado, mentre, se l'esecuzione sia già stata promossa in virtù del primo titolo esecutivo, la stessa proseguirà sulla base delle statuizioni ivi contenute che abbiano trovato conferma in sede di impugnazione (in questo senso v. Cass. n. 9161 del 2013). Pertanto, ai fini della corretta introduzione della esecuzione promossa quando già sia stata pubblicata la sentenza di appello, il titolo esecutivo da notificare prima o congiuntamente al precetto ai fini della validità di quest'ultimo è costituito in ogni caso dalla sentenza di appello e non dalla sentenza di primo grado, anche quando il dispositivo della sentenza di appello contenga esclusivamente il rigetto dell'appello e l'integrale conferma della sentenza di primo grado.

Opposizione agli atti esecutivi: inderogabile la fase preliminare sommaria dinanzi al giudice dell’esecuzione.
Atto di opposizione non conforme al modello legale: conseguenze.

Cass. Civ., sez. III, sentenza 11 ottobre 2018, n. 25170 (rel. A. Tatangelo)

La preliminare fase sommaria delle opposizioni esecutive (successive all'inizio dell'esecuzione) davanti al giudice dell'esecuzione (ai sensi degli artt. 615, comma 2, 617, com ma 2, e 618, nonché 619, c.p.c.) è necessaria ed inderogabi le, in quanto prevista non solo per la tutela degli interessi del le parti del giudizio di opposizione ma anche di tutte le parti del processo esecutivo e, soprattutto, in funzione di esigenze pubblicistiche, di economia processuale, di efficienza e regola rità del processo esecutivo e di deflazione del contenzioso or dinario; la sua omissione, come il suo irregolare svolgimento, laddove abbia impedito la regolare instaurazione del contrad dittorio nell'ambito del processo esecutivo ed il preventivo esame dell'opposizione da parte del giudice dell'esecuzione - non solo in vista di eventuali richieste cautelari di parte, ma anche dell'eventuale esercizio dei suoi poteri officiosi diretti a regolare il corso dell'esecuzione - determina l'improponibilità della domanda di merito e l'improcedibilità del giudizio di op posizione a cognizione piena.
L'atto introduttivo dell'opposizione esecutiva successiva all'inizio dell'esecuzione (ex artt. 615, comma 2, 617, comma 2, e 618, nonché 619, c.p.c.) che eventualmente si discosti dal modello legale (il quale richiede un ricorso direttamente rivolto al giudice dell'esecuzione, da depositarsi quindi nel fa scicolo dell'esecuzione già pendente e non da iscriversi nel ruolo contenzioso civile) è nullo; la nullità resta sanata per raggiungimento dello scopo se l'atto sia depositato nel fascico lo dell'esecuzione e/o comunque pervenga nella sfera di cono scibilità del giudice dell'esecuzione, anche su disposizione del giudice, diverso da quello dell'esecuzione, che ne rilevi la sud detta nullità, o su richiesta della parte opponente; in tal caso, la sanatoria per raggiungimento dello scopo opera con effetto dalla data in cui sia emesso il provvedimento che dispone l'inserimento dell'atto nel fascicolo dell'esecuzione ovvero dal la data, se anteriore, in cui l'opponente richieda di procedersi in tal senso; resta fermo peraltro che laddove il mancato tem pestivo inserimento dell'atto nel fascicolo dell'esecuzione non sia imputabile alla parte opponente ma ad un errore della cancelleria, gli effetti della proposizione della domanda reste ranno quelli del deposito dell'atto presso l'ufficio giudiziario, e che la cancelleria è tenuta ad inserire nel fascicolo dell'esecuzione tutti gli atti che siano oggettivamente interpre tabili come diretti al giudice dell'esecuzione, indipendente mente dalla loro forma o dalla loro iscrizione a ruolo.

Esecuzione presso terzi: il creditore procedente è terzo rispetto ai rapporti fra debitore esecutato e debitor debitoris

Cass. Civ., sez. VI, ordinanza 9 ottobre 2018, n. 24867 (rel. C. D'Arrigo)

In sede di accertamento dell'obbligo del terzo pignorato (sia nel giudizio a cognizione piena previsto dall'art. 548 cod. proc. civ. fino al 31 dicembre 2012, sia in quello a cognizione sommaria oggi regolato dall'art. 549 cod. proc. civ.) il creditore procedente, che non agisce in nome e per conto del proprio debitore bensì iure proprio, è terzo rispetto ai rapporti intercorsi fra il debitore esecutato e il debitor debitoris. Consegue che la quietanza di pagamento rilasciata dal debitore al terzo pignorato può essergli opposta solamente a condizione che abbia, ai sensi dell'art. 2704 cod. civ., data certa anteriore alla notificazione dell'atto di pignoramento. E comunque, quand'anche gli sia opponibile, trattandosi di res inter alios acta, la quietanza non gode del valore probatorio privilegiato di cui all'art. 2702 cod. civ. e, avendo il valore probatorio meramente indiziario di una prova atipica, può essere liberamente contestata dal creditore procedente e contribuisce a fondare il convincimento del giudice unitamente agli altri dati probatori acquisiti al processo.

Le spese nel processo esecutivo

Cass. Civ., Sez. III, sentenza 5 ottobre 2018, n. 24571 (Rel. Porreca)

Il giudice dell'esecuzione, quando provvede alla distribuzione o assegnazione del ricavato o del pignorato al creditore procedente e ai creditori intervenuti, determinando la parte a ciascuno spettante per capitale, interessi e spese, effettua accertamenti funzionali alla soddisfazione coattiva dei diritti fatti valere nel processo esecutivo e, conseguentemente, il provvedimento di liquidazione delle spese dell'esecuzione, in tal caso ammissibile, implica, come tale, un accertamento meramente strumentale alla distribuzione o assegnazione stessa, privo di forza esecutiva e di giudicato al di fuori del processo in cui è stato adottato, sicché le suddette spese, quando e nella misura in cui restino insoddisfatte, sono irripetibili.

Pignoramento presso terzi: l’ordine di assegnazione è titolo esecutivo una volta portato a conoscenza del terzo assegnatario

Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 20 luglio 2018, n. 19447

In tema di esecuzione mobiliare presso terzi, l'ordinanza con la quale il giudice dell'esecuzione assegna in pagamento al creditore procedente la somma di cui il terzo pignorato si è dichiarato debitore nei confronti del debitore espropriato costituisce titolo esecutivo nei confronti del terzo ed a favore dell'assegnatario, ma acquista tale efficacia soltanto dal momento in cui sia portato a conoscenza del terzo assegnatario o dal momento successivo a tale conoscenza che sia specificamente indicato nell'ordinanza di assegnazione.

Decreto ingiuntivo in favore dei professionisti

Cass. Civ., Sez. II, ordinanza 6 luglio 2018, n. 17911

L'art. 636, comma primo, c.p.c., nel disciplinare i presupposti per l'emissione del decreto ingiuntivo in favore dei professionisti ai sensi dell'art. 633, comma 1, nn. 2 e 3 c.p.c., assegna alla parcella professionale corredata dal parere del Consiglio dell'ordine di appartenenza una valenza probatoria privilegiata a carattere vincolante e ai fini della sola pronuncia dell'ingiunzione, mentre tale valore probatorio non permane anche nella fase di opposizione, nel quale è il giudice a dover valutare la congruità degli importi richiesti - o a stabilire quanto competa al professionista - sulla base degli atti di causa (Cass. 15 gennaio 2018, n. 712; Cass. 11 gennaio 2016, n. 430; Cass. 13 aprile 2015, n. 7413). Difatti, l'opposizione ex art. 645 c.p.c. dà luogo ad un autonomo giudizio di cognizione che si svolge secondo le norme del procedimento ordinario, con la conseguenza che il giudice dell'opposizione è investito del potere - dovere di pronunciare sulla pretesa fatta valere con la domanda di ingiunzione, ancorché il decreto ingiuntivo sia stato emesso fuori delle condizioni stabilite dalla legge per il procedimento monitorio (Cass. 29 gennaio 1999, n. 807). La mancanza del parere dell'ordine professionale e della parcella contenente l'esposizione delle spese e dei diritti, può - perciò - essere eventualmente valutata sotto il solo profilo del regolamento delle spese processuali, ma non impedisce al giudice dell'opposizione di valutare autonomamente la fondatezza della pretesa creditoria (cfr. Cass. 12 febbraio 1998, n. 1505).

L’opposizione alla vendita della cosa data in pegno ha natura di opposizione all’esecuzione

Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 2 luglio 2018, n. 17268

L'opposizione alla vendita della cosa data in pegno, prevista dall'art. 2797 cod. civ., ha la sostanziale natura di opposizione all'esecuzione, riconducibile all'art. 615 cod. proc. civ., sicché è soggetta alle stesse regole processuali di quest'ultima e, quanto al regime di impugnazione della sentenza che la conclude in primo grado, se pubblicata dopo il 04/07/2009, alla regola dell'appellabilità, ripristinata fin dal 04/07/2009 dall'ulteriore riforma dell'art. 616 cod. proc. civ. di cui all'art. 49 della I. 18 giugno 2009, n. 69; pertanto, è inammissibile il ricorso per cassazione proposto direttamente avverso la sentenza di primo grado, pubblicata dopo il 04/07/2009, che decide sull'opposizione all'intimazione prevista dall'art. 2797 cod. civ.

Opposizione a precetto notificato anche al terzo proprietario e litisconsorzio necessario

Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 28 giugno 2018, n. 17113

Nell'opposizione proposta dal debitore diretto al precetto notificato ai sensi dell'art. 603 cod. proc. civ. anche al terzo proprietario (nella specie, datore d'ipoteca) sussiste, per l'evidente inscindibilità dell'accertamento dell'esistenza e dell'entità del credito del quale quest'ultimo deve rispondere, litisconsorzio necessario tra quest'ultimo, il debitore diretto ed il creditore precettante.