Quando l’assicuratore della resp. civ. è tenuto a pagare somme eccedenti il massimale – Mora debendi

Cass. Civ., sez. III, sentenza 8 novembre 2019, n. 28811 (rel .Rossetti)

Per essere ritenuti in mora occorre prima essere debitori, e l'assicuratore della responsabilità civile diviene debitore dell'assicurato solo quando questo a sua volta diviene debitore del terzo danneggiato.
L'insorgenza del debito dell'assicuratore, tuttavia, non ne comporta ipso facto la costituzione in mora, perché le ipotesi di mora ex re sono tassativamente previste dall'art. 1219 c.c., ed al di fuori dì esse è sempre necessario un atto formale di costituzione in mora.
Nemmeno, infine, sarebbe conforme a diritto la scelta di ritenere l'assicuratore in mora dal momento in cui l'assicurato gli segnali l'avvenuta causazione del danno o l'avvenuta ricezione della richiesta di risarcimento.
Per quanto detto, infatti, è contrario al generale dovere di correttezza (art. 1175 c.c.) ritenere in mora chi nemmeno con l'uso della più exacta diligentia avrebbe mai potuto adempiere la propria obbligazione; e l'assicurazione della responsabilità civile non può certo accertare la responsabilità dell'assicurato e stimare il danno illico et immediate, non appena ricevuta la richiesta di indennizzo: tanto più nei casi, come quello di specie, in cui per la stima del danno abbia necessità della presenza persona stessa del terzo danneggiato.
Deve perciò concludersi che:
(a) l'obbligo dell'assicuratore di indennizzare l'assicurato sorge al momento stesso in cui quest'ultimo causi un danno a terzi;
(b) l'assicuratore può ritenersi in mora rispetto a tale obbligo solo una volta che:
(b') sia decorso il tempo ordinariamente necessario, alla stregua della diligenza professionale cui l'assicuratore è tenuto, ex art. 1176, comma 2, c.c., per accertare la sussistenza della responsabilità dell'assicurato e liquidare il danno;
(b") vi sia stata una efficace costituzione in mora da parte dell'assicurato.
Ove, poi, dovesse sorgere contrasto tra assicurato ed assicuratore circa l'individuazione di tale ragionevole termine, ad evitare lungaggini ed incertezze l'assicurato potrà comunque avvalersi degli strumenti sollecitatori previsti dall'ordinamento: la diffida ad adempiere di cui all'art. 1454 c.c. e l'actio interrogatoria.

CTU: poteri e limiti

Cass. Civ., sez. III, sentenza 6 dicembre 2019, n. 31886 (rel. Rossetti)

(a) Il c.t.u. non può indagare d'ufficio su fatti mai ritualmente allegati dalle parti.
(b) Il c.t.u. non può acquisire di sua iniziativa la prova dei fatti costitutivi della domanda o dell'eccezione, né acquisire dalle parti o da terzi documenti che forniscano quella prova; a tale principio può derogarsi soltanto quando la prova del fatto costitutivo della domanda o dell'eccezione non possa oggettivamente essere fornita coi mezzi di prova tradizionali.
(c) Il c.t.u. può acquisire dai terzi soltanto la prova di fatti tecnici accessori e secondari, oppure elementi di riscontro della veridicità delle prove già prodotte dalle parti.
(d) I princìpi che precedono non sono derogabili per ordine del giudice, né per acquiescenza delle parti;
(e) La nullità della consulenza, derivante dall'avere il c.t.u. violato il principio dispositivo o le regole sulle acquisizioni documentali, non è sanata dall'acquiescenza delle parti ed è rilevabile d'ufficio.

Responsabilità medica: oneri probatori

Cass. Civ., sez. III, sentenza 11 novembre 2019, n. 28991 (rel. Scoditti)

Ove sia dedotta la responsabilità contrattuale del sanitario per l'inadempimento della prestazione di diligenza professionale e la lesione del diritto alla salute, è onere del danneggiato provare, anche a mezzo di presunzioni, il nesso di causalità fra l'aggravamento della situazione patologica, o l'insorgenza di nuove patologie, e la condotta del sanitario, mentre è onere della parte debitrice provare, ove il creditore abbia assolto il proprio onere probatorio, che una causa imprevedibile ed inevitabile ha reso impossibile l'esatta esecuzione della prestazione.

Responsabilità medica: criteri di liquidazione del danno – tabelle di cui agli art. 138 e 139 CAD – applicazione retroattiva della l. Gelli -Bianco

Cass. Civ., sez. III, sentenza 11 novembre 2019, n. 28990 (rel. Olivieri)

Non intervenendo a modificare con efficacia retroattiva gli elementi costitutivi della fattispecie legale della responsabilità civile (negando od impedendo il risarcimento di conseguenze - dannose già realizzatisi), il D.L. 13 settembre 2012, n. 138, art. 3, comma 3, convertito, con modificazioni, nella L. 8 novembre 2012, n. 189 (cd. legge Balduzzi che dispone l'applicazione, nelle controversie concernenti la responsabilità - contrattuale od extracontrattuale - per esercizio della professione sanitaria, del criterio di liquidazione equitativa del danno non patrimoniale secondo le Tabelle elaborate in base agli artt. 138 e 139 del CAD - criteri di liquidazione del danno non patrimoniale, confermati anche dalla successiva L. 8 marzo 2017, n. 24 cd. Gelli-Bianco -), trova diretta applicazione in tutti i casi in cui il Giudice sia chiamato a fare applicazione, in pendenza del giudizio, del criterio di liquidazione equitativa del danno non patrimoniale, con il solo limite della formazione del giudicato interno sul "quantum".
Non è ostativa, infatti, la circostanza che la condotta illecita sia stata commessa, ed il danno si sia prodotto, anteriormente alla entrata in vigore della legge, o che l'azione risarcitoria sia stata promossa prima dell'entrata in vigore del predetto decreto legge; nè può configurarsi una ingiustificata disparità di trattamento tra i giudizi ormai conclusi ed i giudizi pendenti, atteso che proprio e soltanto la definizione del giudizio - e la formazione del giudicato - preclude una modifica retroattiva della regola giudiziale a tutela della autonomia della funzione giudiziaria e del riparto delle attribuzioni al potere legislativo e al potere giudiziario. Neppure può ravvisarsi una lesione del legittimo affidamento in ordine alla determinazione del valore monetario del danno non patrimoniale, in quanto il potere discrezionale di liquidazione equitativa del danno, riservato al Giudice di merito, si colloca su un piano distinto e comunque al di fuori della fattispecie legale della responsabilità civile: la norma sopravvenuta non ha, infatti, modificato gli effetti giuridici che la legge preesistente ricollega alla condotta illecita, nè ha inciso sulla esistenza e sulla conformazione del diritto al risarcimento del danno insorto a seguito del perfezionamento della fattispecie.

Responsabilità medica: esclusione danno da perdita del rapporto parentale e ulteriore danno morale soggettivo.

Cass. Civ., sez. III, sentenza 11 novembre 2019, n. 28989 (rel. Dell'Utri)

Ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale da perdita di persona cara, la congiunta attribuzione del danno morale (non altrimenti specificato) e del danno da perdita del rapporto parentale costituisce indebita duplicazione di risarcimento, poichè la sofferenza patita nel momento in cui la perdita è percepita (sul piano morale soggettivo), e quella che accompagna l'esistenza del soggetto che l'ha subita (sul piano dinamico-relazionale), rappresentano elementi essenziali dello stesso complesso e articolato pregiudizio, destinato ad essere risarcito, sì integralmente, ma anche unitariamente.
Allo stesso modo, in virtù del principio di unitarietà e onnicomprensività del risarcimento del danno non patrimoniale, deve escludersi che al prossimo congiunto di persona deceduta in conseguenza del fatto illecito di un terzo possano essere liquidati sia il danno da perdita del rapporto parentale che il danno esistenziale, poichè il primo già comprende lo sconvolgimento dell'esistenza, che ne costituisce una componente intrinseca (Sez. 3, Ordinanza n. 30997 del 30/11/2018).

Responsabilità medica: colpa professionale del medico
Consenso informato

Cass. Civ., sez. III, sentenza 11 novembre 2019, n. 28985 (rel. Olivieri)

Nel giudizio di responsabilità medica, per superare la presunzione di cui all'art. 1218 c.c., non è sufficiente dimostrare che l'evento dannoso per il paziente costituisca una "complicanza", rilevabile nella statistica sanitaria, dovendosi ritenere tale nozione (indicativa nella letteratura medica di un evento, insorto nel corso dell'iter terapeutico, astrattamente prevedibile ma non evitabile) priva di rilievo sul piano giuridico, nel cui ambito il peggioramento delle condizioni del paziente può solo ricondursi ad un fatto o prevedibile ed evitabile, e dunque ascrivibile a colpa del medico, ovvero non prevedibile e non evitabile, sì da integrare gli estremi della causa non imputabile (cfr. Cass. n. 13328/2015).

La manifestazione del consenso del paziente alla prestazione sanitaria costituisce esercizio di un autonomo diritto soggettivo all'autodeterminazione proprio della persona fisica (la quale, in piena libertà e consapevolezza sceglie di sottoporsi a terapia farmacologica o ad esami clinici e strumentali, o ad interventi e trattamenti anche invasivi, laddove comportino costrizioni o lesioni fisiche ovvero alterazioni di natura psichica, in funzione della cura e della eliminazione di uno stato patologico preesistente o per prevenire una prevedibile patologia o un aggravamento della patologia futuri), che - se pure connesso - deve essere tuttavia tenuto nettamente distinto - sul piano del contenuto sostanziale - dal diritto alla salute, ossia dal diritto del soggetto alla propria integrità psico-fisica.
Al diritto indicato corrisponde l'obbligo del medico (di fonte contrattuale o comunque correlato ad analoga obbligazione ex lege che insorge dal c.d. contatto sociale) di fornire informazioni dettagliate, in quanto adempimento strettamente strumentale a rendere consapevole il paziente della natura dell'intervento medico e/o chirurgico, della sua portata ed estensione, dei suoi rischi, dei risultati conseguibili e delle possibili conseguenze negative.

Responsabilità medica: personalizzazione del danno
Danno alla capacità lavorativa generica (cenestesi lavorativa)

Cass. Civ., sez. III, sentenza 11 novembre 2019, n. 28988 (rel. Positano)

Soltanto in presenza di circostanze "specifiche ed eccezionali", tempestivamente allegate dal danneggiato, le quali rendano il danno concreto più grave, rispetto alle conseguenze ordinariamente derivanti dai pregiudizi dello stesso grado sofferti da persone della stessa età, è consentito al giudice, con motivazione analitica e non stereotipata, incrementare le somme dovute a titolo risarcitorio in sede di personalizzazione della liquidazione (Sez. 3, Sentenza n. 23778 del 07/11/2014; Sez. 3, Sentenza n. 24471 del 18/11/2014).

ll danno alla capacità lavorativa generica rientra nell'alveo di quello biologico. Infatti, tale pregiudizio non attiene alla produzione del reddito, ma si sostanzia, in quanto modo di essere del soggetto, in una menomazione all'efficienza psicofisica (Cass. n. 1816 del 25 agosto 2014) il danno va valutato unitariamente, in termini di cenestesi lavorativa.

Responsabilità medica: rapporti tra struttura e ausiliario – Resp. esclusiva del medico – Limiti della rivalsa

Cass. Civ., sez. III, sentenza 11 novembre 2019, n. 28987 (rel. Porreca)

In tema di danni da "malpractice" medica nel regime anteriore alla legge n. 24 del 2017, nell'ipotesi di colpa esclusiva del medico la responsabilità dev'essere paritariamente ripartita tra struttura e sanitario, nei conseguenti rapporti tra gli stessi, eccetto che negli eccezionali casi d'inescusabilmente grave, del tutto imprevedibile e oggettivamente improbabile devianza dal programma condiviso di tutela della salute cui la struttura risulti essersi obbligata.

Responsabilità medica: il danno alla salute in presenza di concause

Cass. Civ., sez. III, sentenza 11 novembre 2019, n. 28986 (rel. Rossetti)

Principi per la quantificazione del danno alla salute in presenza di concause:
1) lo stato anteriore di salute della vittima di lesioni personali può concausare la lesione, oppure la menomazione che da quella è derivata;
2) la concausa di lesioni è giuridicamente irrilevante;
3) la menomazione preesistente può essere concorrente o coesistente col maggior danno causato dall'illecito;
4) saranno "coesistenti" le menomazioni i cui effetti invalidanti non mutano per il fatto che si presentino sole od associate ad altre menomazioni, anche se afferenti i medesimi organi; saranno, invece, "concorrenti" le menomazioni i cui effetti invalidanti sono meno gravi se isolate, e più gravi se associate ad altre menomazioni, anche se afferenti ad organi diversi;
5) le menomazioni coesistenti sono di norma irrilevanti ai fini della liquidazione; né può valere in ambito di responsabilità civile la regola sorta nell'ambito dell'infortunistica sul lavoro, che abbassa il risarcimento sempre e comunque per i portatori di patologie pregresse;
6) le menomazioni concorrenti vanno di norma tenute in considerazione:
a) stimando in punti percentuali l'invalidità complessiva dell'individuo (risultante, cioè, dalla menomazione preesistente più quella causata dall'illecito), e convertendola in denaro;
b) stimando in punti percentuali l'invalidità teoricamente preesistente all'illecito, e convertendola in denaro; lo stato di validità anteriore anteriore al sinistro dovrà essere però considerato pari al 100% in tutti quei casi in cui le patologie pregresse di cui il danneggiato era portatore non gli impedivano di condurre una vita normale;
c) sottraendo l'importo (b) dall'importo (a);
7) resta imprescindibile il potere-dovere del giudice di ricorrere all'equità correttiva ove l'applicazione rigida del calcolo che precede conduca, per effetto della progressività delle tabelle, a risultati manifestamente iniqui per eccesso o per difetto.

Responsabilità medica: perdita di chance

Cass. Civ., sez. III, sentenza 11 novembre 2019, n. 28993 (rel. Travaglino)

Caratteristiche ai fini della valutazione del danno da perdita di chance:
a) Sul piano funzionale, chance patrimoniale e chance non patrimoniale partecipano della stessa natura.
b) La diversità morfologica tra chance patrimoniale e chance non patrimoniale da responsabilità sanitaria va individuata nella diversità della situazione preesistente:
• Preesistenza negativa (chance non patrimoniale)
• Preesistenza positiva (chance patrimoniale)
c) Tale preesistenza postula, nella chance patrimoniale, una situazione positiva (titoli, professionalità, curricula, esperienze pregresse, attitudini specifiche ecc.); in quella non patrimoniale, una situazione di salute (già) patologica (i.e. "negativa")
d) Entrambe le forme di chance presuppongono:
• Una condotta colpevole dell'agente
• Un evento di danno (la lesione di un diritto)
• Un nesso di causalità tra la condotta e l'evento
• Una o più conseguenze dannose risarcibili, patrimoniali e non
• Un nesso di causalità tra l'evento e le conseguenze dannose