Compenso avvocati: per la liquidazione il giudice è vincolato ai parametri di cui al D.M. 55/2014

Cass. Civ., sez. II, ordinanza 17 dicembre 2018, n. 32575 (rel. R. Giannaccari)

Il giudice resta tenuto ad effettuare la liquidazione giudiziale nel rispetto dei parametri previsti dal D.M. n. 55, il quale non prevale sul D.M. n. 140, per ragioni di mera successione temporale, bensì nel rispetto del principio di specialità, poichè non è il D.M. n. 140 - evidentemente generalista e rivolto a regolare la materia dei compensi tra professionista e cliente (ed infatti, l'intervento del giudice ivi preso in considerazione riguarda il caso in cui fra le parti non fosse stato preventivamente stabilito il compenso o fosse successivamente insorto conflitto) - a prevalere, ma il D.M. n. 55, il quale detta i criteri ai quali il giudice si deve attenere nel regolare le spese di causa.

LItisconsorzio necessario: applicabile la regola dell’unitarietà del termine per proporre impugnazione

Cass. Civ., sez. VI, ordinanza 21 dicembre 2018, n. 33152 (rel. M Cigna)

In tema di impugnazioni, il principio per il quale, nel processo con pluralità di parti, stante l'unitarietà del termine per l'impugnazione, la notifica della sentenza eseguita ad istanza di una sola delle parti segna, nei confronti della stessa e della parte destinataria della notificazione, l'inizio del termine per la proposizione dell'impugnazione contro tutte le altre parti, trova applicazione soltanto quando si tratti di cause inscindibili o tra loro dipendenti, ovvero nel caso in cui la controversia concerna un unico rapporto sostanziale o processuale, e non anche quando si versi nella distinta ipotesi di plurime cause che avrebbero potuto essere trattate separatamente e, solo per motivi contingenti, sono state trattate in un solo processo, per le quali, in applicazione del combinato disposto degli artt. 326 e 332 cod. proc. civ., è esclusa la necessità del litisconsorzio. Ricorrendo questa eventualità, poiché all'interesse di ciascuna parte corrisponde un interesse autonomo di impugnazione, il termine per impugnare non è più unitario, ma decorre dalla data delle singole notificazioni a ciascuno dei titolari dei diversi rapporti definiti con l'unica sentenza, mentre per le parti tra le quali non c'è stata notificazione si applica la norma di cui all'art. 327 cod. proc. civ., che prevede l'impugnabilità entro l'anno dal deposito della sentenza (cfr. Cass. 1825/2007; conformi, da ultimo, Cass. 986/2016 e 14722/2018).

Domanda generica di condanna: oneri di allegazione e prova

Cass. Civ., sez. II, sentenza 3 gennaio 2019, n. 10 (rel. G. Fortunato)

L'allegazione dei fatti costitutivi del diritto fatto valere, del quale deve essere dimostrata l'esistenza, è necessaria anche quando venga proposta una domanda generica di condanna senza una determinazione dell'ammontare del credito, rimandata al successivo giudizio (Cass. 24/1995).
Inoltre, ai sensi dell'art. 278 c.p.c., non è sufficiente accertare l'illegittimità della condotta, ma occorre anche valutarne, sia pure in modo sommario e con valutazione probabilistica, la portata dannosa, senza la quale il diritto al risarcimento, di cui si chiede anticipatamente la tutela, non può essere configurato.
In tale ipotesi ciò che viene rinviato al separato giudizio è soltanto l'accertamento in concreto del danno nella sua determinazione quantitativa, mentre l'esistenza del fatto illecito e della sua potenzialità dannosa devono essere esaminati nel giudizio relativo all'an debeatur e di essi va data la prova sia pure sommaria e generica, in quanto ne costituiscono il presupposto (Cass. 21326/2018; Cass. 25638/2010; Cass. 10453/2010).

Compensatio lucri cum damno – Danni da emotrasfusione: vietato il cumulo tra indennizzo e risarcimento

Cass. Civ., sez. III, ordinanza 20 dicembre 2018, n. 32944 (rel. M. Dell'Utri)

Il diritto del danno conseguente al contagio da virus HBV, HIV o HCV, seguito di emotrasfusioni con sangue infetto, ha natura diversa rispetto all'attribuzione indennitaria regolata dalla legge n. 210 del 1992; tuttavia, nel giudizio risarcitorio promosso contro il Ministero della Salute per omessa adozione delle dovute cautele, l'indennizzo eventualmente già corrisposto al danneggiato può essere interamente scomputato dalle somme liquidabili a titolo di risarcimento del danno (compensatio lucri cum damno), venendo altrimenti la vittima a godere di un ingiustificato arricchimento consistente nel porre a carico di un medesimo soggetto (il Ministero) due diverse attribuzioni patrimoniali in relazione al medesimo fatto lesivo.

Prestazioni previdenziali nel rapporto di pubblico impiego: il diritto alla perequazione rientra nella giurisdizione della Corte dei Conti

Cass. Civ., Sez. Un., ordinanza 28 dicembre 2018, n. 33661 (Rel. Berrino)

La domanda di riconoscimento del diritto alla perequazione non ha ad oggetto "interessi o accessori da ritardato pagamento di prestazioni previdenziali o assistenziali" che, ai sensi dell'art. comma 3 n. 3 bis cod. proc. civ., rientrano nella competenza esclusiva del giudice di pace. Essa attiene piuttosto all'accertamento della misura della prestazione previdenziale, in relazione ad aumenti per legge connessi al periodico adeguamento al costo della vita, e, in quanto diretti ad incidere esclusivamente sul rapporto previdenziale derivante da rapporto di pubblico impiego, rientrano nella giurisdizione della Corte dei Conti che ricomprende tutte le controversie funzionali e connesse al diritto alla pensione dei pubblici dipendenti (cfr. Cass. Sez. Un. n. 12 del 4/1/2007, Cass., Sez. Un., n. 11849 del 9/6/2016 ed anche Cass., Sez. Un., n. 7755 del 27/3/2017 e n. 10131 del 10/6/2012). Va, quindi, affermata la giurisdizione della Corte dei Conti e, di conseguenza, le parti vanno rimesse davanti alla competente sezione giurisdizionale regionale della stessa Corte che provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.