Il voto espresso prima del deposito della relazione di cui all’art. 172 legge fall. e dell’adunanza dei creditori è valido purché trovi esatta corrispondenza con la proposta definitiva presentata dal debitore

Cass. Civ., Sez. I, ordinanza 8 febbraio 2019, n. 3860 (Rel. Pazzi)

Il voto espresso, ancorché con dichiarazione trasmessa al commissario giudiziale a mezzo p.e.c., prima del deposito della relazione di cui all'art. 172 legge fall. e dell'adunanza dei creditori, è valido, purché trovi esatta corrispondenza con la proposta definitiva presentata dal debitore, e, se negativo, deve essere tenuto in considerazione al fine di individuare nel creditore che lo ha manifestato un soggetto dissenziente a cui estendere necessariamente il contraddittorio in sede di giudizio di omologazione, ex art. 180, comma 1, legge fall.; sicché la pretermissione della notifica del decreto che fissa l'udienza camerale relativa al giudizio di omologazione al creditore dissenziente comporta una violazione del contraddittorio e, di conseguenza, la nullità del giudizio così instauratosi e del decreto di omologa emesso al suo esito.

Adempimento del debito, da parte del coobbligato, dopo la dichiarazione di fallimento

Cass. Civ., Sez. I, sentenza 17 ottobre 2018, n. 26003 (Rel. De Marzo)

Il coobbligato, il quale intenda far valere, con l'ammissione al passivo, l'avvenuto pagamento successivo aIla dichiarazione di fallimento, deve dimostrare, ai sensi dell'art. 61, secondo comma, l. fall., il carattere integralmente satisfattivo delle ragioni ereditarie;

il principio di cristallizzazione della massa passiva (ossia della sostanziale immutabilità dell'insinuazione) rende irrilevante il pagamento parziale, ancorché quest'ultimo esaurisca l'obbligazione del solvens (per es., in caso di fideiussore parziale).

Concordato omologato e successiva dichiarazione di fallimento: il credito ammesso al fallimento è quello originario

Cass. Civ., Sez. I, sentenza 17 ottobre 2018, n. 26002 (Rel. Lamorgese)

Gli accordi stipulati nel piano di concordato preventivo omologato, non risolto né annullato, cui segua la dichiarazione di fallimento, non possono restare fermi e, dunque, il credito ammissibile al fallimento è quello originario (per l'intero) e non quello soggetto alla falcidia concordataria.

Il pagamento di assegno circolare effettuato dalla Banca emittente in favore di soggetto cui il fallito abbia girato l’assegno non è ripetibile

Cass. Civ., Sez. I, ordinanza 12 ottobre 2018, n. 25558 (Rel. Campese)

Come si desume dagli artt. 82 e 83 del r.d. n. 1736 del 1933, l'assegno circolare è una promessa incondizionata di pagare a vista una somma determinata, all'ordine della persona indicata come prenditore. La banca che emette un assegno circolare, dunque, adempie un'obbligazione di provvista nei confronti del richiedente, non necessariamente coincidente con la persona indicata come prenditore, ed assume un'obbligazione cambiaria nei confronti di chiunque risulterà legittimo portatore del titolo. Di tali due atti, l'adempimento dell'obbligazione di provvista e l'assunzione dell'obbligazione cambiaria, non vi è dubbio che la prima rientra nell'ambito di applicazione dell'art. 44 I.fall., ove il richiedente sia fallito. L'assunzione dell'obbligazione cambiaria da parte della banca emittente, invece, non è, di per sè, un atto del fallito, che sarebbe inefficace a norma dell'art. 44, comma 1, I.fall., nè il pagamento di un credito del fallito, che sarebbe inefficace giusta l'art. 44, comma 2, I.fall.. Relativamente inefficaci potrebbero certo essere tutti gli atti che determinano la circolazione del titolo cartolare, se compiuti in pagamento di un credito o di un debito del fallito. E, nel caso in esame, potrebbero risultare appunto inefficaci non solo l'adempimento dell'obbligazione di provvista nei confronti del soggetto poi dichiarato fallito, ma anche la successiva girata del titolo da parte di quest'ultimo in favore di un terzo. Nondimeno tale inefficacia potrebbe essere fatta valere solo dalla curatela fallimentare, perché, come si è chiarito, l'inefficacia, benché operante erga omnes, è relativa solo ai creditori concorsuali. Nella specie, invece, ad agire non è stata la curatela ai sensi dell'art. 44 I.fall. (essendo la stessa stata soddisfatta stragiudizialmente), bensì, ed ai sensi dell'art. 2033 cod. civ., la banca emittente che pretende di ripetere, asseritamente perché senza titolo, il pagamento di due assegni circolari (costituenti parti di una maggior importo) effettuato in favore di soggetto cui il fallito aveva girato quei titoli. Deve, però, escludersi, come sostanzialmente sancito dalla già citata Cass. n. 17310 del 2009, che la banca emittente possa sottrarsi al suddetto pagamento, e tanto proprio alla stregua di quanto si è precedentemente detto richiamandosi gli artt. 82 e 83 del r.d. n. 1736 del 1933. Proprio perché l'assegno circolare è una promessa incondizionata di pagare a vista una somma determinata, all'ordine della persona indicata come prenditore, la banca che lo emette adempie, come si è detto, una duplice obbligazione: di provvista nei confronti del richiedente, non necessariamente coincidente con la persona indicata come prenditore; cambiaria nei confronti di chiunque risulterà legittimo portatore del titolo. Detta obbligazione cambiaria, dunque, che, come si è visto, non può considerarsi, di per sé, come atto del fallito o come pagamento del fallito, costituisce, nella specie, il titolo in forza del quale la banca emittente era tenuta nei confronti di chiunque fosse risultato legittimo portatore del titolo. Allo stesso, peraltro, nemmeno potevano opporsi eccezioni di natura personale riguardanti i rapporti dell'emittente con precedenti possessori.

Azione di responsabilità promossa dai creditori sociali ex art. 2394 c.c.: la conoscibilità della falsità dei dati riportati in bilancio è accertamento di fatto riservato al giudice del merito

Cass. civ., Sez. I, sentenza 5 settembre 2018, n. 21662

In tema di prescrizione dell'azione di responsabilità promossa dai creditori sociali, ai sensi dell'art. 2394 cod. civ., il bilancio costituisce, per la sua specifica funzione, il documento informativo principale sulla situazione della società non solo nei riguardi dei soci, ma anche dei creditori e dei terzi in genere, onde un bilancio in attivo o in pareggio è idoneo ad offrire un'informazione rassicurante ed affidabile. Allorché, poi, nonostante la relazione dei sindaci al bilancio, in cui si evidenzi l'inadeguatezza della valutazione di alcune voci, l'assemblea deliberi comunque la distribuzione degli utili ai soci ai sensi dell'art. 2433 cod. civ. senza obiezioni, in quella sede, da parte degli organi sociali di gestione e di controllo, l'idoneità, o no, di detta relazione sindacale ad integrare di per sé l'elemento della oggettiva percepibilità per i creditori circa la falsità dei risultati attestati dal bilancio sociale rimane oggetto di un apprezzamento di fatto, riservato al giudice del merito.

Estinzione della società: l’appello va proposta da e nei confronti dei soci

Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 7 agosto 2018, n. 20565

La cancellazione della società dal registro delle imprese, a partire dal momento in cui si verifica l'estinzione della società cancellata, priva la società stessa della capacità di stare in giudizio; pertanto, qualora l'estinzione intervenga nella pendenza di un giudizio del quale la società è parte, si determina un evento interruttivo, disciplinato dagli artt. 299 e ss. cod. proc. civ., con eventuale prosecuzione o riassunzione da parte o nei confronti dei soci, successori della società, ai sensi dell'art. 110 cod. proc. civ.; qualora l'evento non sia stato fatto constare nei modi di legge o si sia verificato quando farlo constare in tali modi non sarebbe più stato possibile, l'impugnazione della sentenza, pronunciata nei riguardi della società, deve provenire o essere indirizzata, a pena d'inammissibilità, dai soci o nei confronti dei soci, atteso che la stabilizzazione processuale di un soggetto estinto non può eccedere il grado di giudizio nel quale l'evento estintivo è occorso. La necessità che l'impugnazione della sentenza, pronunciata nei riguardi della società, debba provenire o essere indirizzata, a pena d'inammissibilità, dai soci o nei confronti dei soci non è dunque menomata dalla regola dell'ultrattività del mandato alla lite già conferito al difensore.

La revocatoria della cessione del credito

Cass. Civ., Sez. I, ordinanza 15 luglio 2018, n. 18729

Poiché la cessione di credito è un negozio a causa variabile - potendo essere stipulata anche a fine di garanzia, oltre che di pagamento - e poiché sono diverse le condizioni di assoggettabilità a revocatoria fallimentare dei pagamenti e delle garanzie, l'effettiva funzione solutoria della cessione "pro solvendo" di un credito va accertata in concreto, in ragione della sua eventuale destinazione all'estinzione o alla riduzione di una pregressa esposizione passiva: destinazione che peraltro dipende unicamente dal contesto oggettivo e soggettivo della cessione stessa, e non già da quello del successivo pagamento del credito ceduto (cfr. Cass. n. 15955/2005).

La risoluzione del contratto di leasing prima del fallimento rende applicabile la disciplina codicistica

Cass. Civ., Sez. I, ordinanza 10 luglio 2018, n. 18147

Se il contratto di leasing si è risolto per inadempimento dell'utilizzatore prima del fallimento di quest'ultimo, come nel caso di specie, la norma che deve applicarsi non sarà l'art. 72 quater I.f., bensì l'art. 72, quinto comma, I.f. che prevede che "l'azione di risoluzione del contratto promossa prima del fallimento nei confronti della parte inadempiente spiega i suoi effetti nei confronti del curatore". In quest'ultimo caso, infatti, la distinzione tra leasing di godimento e traslativo mantiene validità, dovendo il concedente far valere la domanda di risoluzione del contratto esperita ai sensi dell'art. 1458 c.c. o dell'art. 1526 c.c. Infatti, l'eliminazione delle differenze tra leasing traslativo e leasing di godimento prevista dall'art. 72 quater I.f., non può essere esteso in via analogica laddove si versi al di fuori della fase endoconcorsuale. Dunque, rimane ferma la differente disciplina prevista per i due tipi di leasing e, in particolare, per il leasing di godimento, essendo tale contratto ad esecuzione continuata, l'eventuale risoluzione non è idonea ad incidere sulle prestazioni già eseguite, secondo il principio di cui all'art. 1458 c.c. Al contrario nel leasing traslativo si applica analogicamente la normativa in tema di vendita con patto di riservato dominio la quale prevede che il concedente deve restituire i canoni fino a quel momento riscossi, avendo il diritto di percepire dall'utilizzatore un equo compenso per la fruizione della cosa e il risarcimento del danno. Dunque, nel caso di specie, essendosi i contratti risolti anteriormente all'apertura della procedura concorsuale, ed essendo stati qualificati con accertamento di fatto insindacabile svolto dal giudice del merito come appartenenti alla species dei contratti di leasing traslativo, con conseguente applicazione della disciplina normativa prevista all'art. 1526 c.c, al ricorrente non poteva essere riconosciuto alcun diritto di credito per le rate ancora scadute e per i relativi interessi.

Azione di responsabilità esercitata dal socio: la società è litisconsorte necessario

Cass. Civ., Sez. I, ordinanza 4 luglio 2018, n. 17493

Non può ritenersi che l'azione di responsabilità esercitata dal socio in luogo della società possa legittimarlo in via esclusiva a partecipare al relativo giudizio. Invero si tratta pur sempre di un'azione sociale di responsabilità; l'eventuale condanna dell'amministratore responsabile rifluisce nel patrimonio sociale e non già in quello del singolo socio; la società (e non il socio) può rinunciare e transigere l'azione. A livello sistematico, può dunque dirsi che, fermo restando l'importanza del valore innovativo in tema di legittimazione, l'art. 2476 cod. civ. continui a pretendere che nel relativo giudizio di responsabilità la società sia presente, o perché soggetto attore, o perché comunque evocata in giudizio da parte del socio che ha preso l'iniziativa. Nella specie la società non è mai stata citata in giudizio; ne deriva che il giudizio si è svolto a contraddittorio non integro e, pertanto, la sentenza impugnata è nulla.

Cessione del credito e opponibilità al fallimento

Cass. Civ., Sez. I, 22 giugno 2018, n. 16556

Deve ritenersi integrare accettazione della cessione opponibile al sopravvenuto fallimento del cedente anche il pagamento che sia stato eseguito dal debitore ceduto, in favore del cessionario, in epoca precedente al suddetto fallimento, trattandosi di mezzo idoneo a conferire certezza di data. D'altra parte, la ratio della data certa nei confronti del fallimento è quella di assicurare che tutta l'operazione si sia svolta prima dell'ammissione del debitore alla procedura concorsuale e, quindi, che non siano avvenuti pagamenti successivamente.