Danni ad un pedone da scontro con ciclista in area pedonale: il Comune non ha responsabilità ai sensi dell’art. 2051 c.c.

Cass. Civ., Sez. III, ordinanza 13 febbraio 2019, n. 4160 (Rel. Iannello)

La responsabilità oggettiva ex art. 2051 c.c. è configurabile, nel concorso degli altri presupposti, in presenza di un nesso causale tra la cosa in custodia e l'evento dannoso. Perché un tale nesso possa affermarsi è necessario che la cosa si inserisca, con qualificata capacità eziologica, nella sequenza che porta all'evento e non rappresenti mera circostanza esterna o neutra o elemento passivo di una serie causale che si esaurisce all'interno e nel collegamento di altri e diversi fattori. Nel caso di scontro tra pedone e ciclista all'interno di area pedonale non può a quest'ultima attribuirsi un siffatto ruolo causale per il solo fatto che l'incidente si sia verificato al suo interno; in tal caso, infatti, essa costituisce mero teatro o luogo dell'incidente, mentre la serie causale determinativa dell'evento origina dal comportamento dei soggetti coinvolti nello scontro e in esso interamente si esaurisce. Resta in tale ipotesi configurabile una eventuale responsabilità dell'ente per colpa, secondo la generale clausola aquiliana, ove il danneggiato alleghi e dimostri la sussistenza di una colpevole inerzia dell'amministrazione per non aver preso alcuna iniziativa diretta a regolare e controllare il comportamento degli utenti, malgrado specifiche segnalazioni sull'anomalo e pericoloso utilizzo dell'area.

Cera sul manto stradale: come deve essere accertato il caso fortuito per escludere la responsabilità ex art. 2051 c.c.?

Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 23 gennaio 2019, n. 1725 (Rel. Graziosi)

Il caso fortuito esonerante il custode dalla responsabilità di cui all'articolo 2051 c.c. non sussiste qualora il custode abbia avuto possibilità di prevedere che la cosa che ha in custodia, così come inserita nel concreto dinamismo causale, avrebbe potuto cagionare il danno. Nel caso di specie, è stata cassata la sentenza di merito in quanto la stessa non aveva esaminato se era tradizionale - id est prevedibile - che in una processione i fedeli portassero fiaccole votive, e che pertanto cadesse cera sul manto stradale, non valutando altresì se, nell'ipotesi in cui il precedente quesito avesse raggiunto una risposta positiva, fosse intervenuto un qualche ulteriore evento imprevedibile/imprevisto che avesse impedito al Comune di adempiere l'obbligo di custodia quantomeno, se non nell'apposizione di transenne fino alla effettuazione della pulizia, nella installazione immediata di cartelli segnalanti il pericolo costituito da un manto stradale ovviamente assai scivoloso.

Spese processuali

Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 14 febbraio 2019, n. 4442 (Rel. Besso Marcheis)

Il criterio della soccombenza di cui all'art. 91 c.p.c., al fine della determinazione dell'onere delle spese processuali, non si fraziona secondo l'esito delle varie fasi del giudizio, ma va riferito unitariamente all'esito finale della lite, senza che rilevi che in qualche fase o grado la parte poi soccombente abbia conseguito un esito per sé favorevole (così, ex multis, Cass. n. 4778/2004 e, più di recente, Cass. 6339/2013). Nel caso di specie, essendo il ricorrente risultato soccombente rispetto all'esito finale della lite, correttamente è stato condannato alle spese del secondo e del primo grado del giudizio.

Danno da ritardo – Mala gestio propria e impropria – Mora debendi dell’assicuratore – Liquidazione del maggior danno ex art. 1224, c. 2 – Inamissibile rivalutazione del massimale

Cass. Civ., sez. III, ordinanza 12 febbraio 2019, n. 3976 (rel. F. Fiecconi)

Nella liquidazione del danno da mala gestio impropria dell'assicuratore della r.c.a., se il credito del danneggiato già al momento del sinistro eccedeva il massimale assicurato, il danno da mala gestio impropria è debito di valuta e va calcolato sulla base del massimale convenuto, con aggiunta degli interessi da calcolarsi al tasso legale ex art. 1224, comma 1, cod. civ. ovvero al saggio di interessi corrispondente al maggior danno, se provato, in applicazione dell'art. 1224, comma 2, cod. civ.

Danno non patrimoniale: vincolanti le Tabelle di Milano per la liquidazione equitativa

Cass. CIv., sez. III, ordinanza 12 febbraio 2019, n. 3983 (rel. A. Moscarini)

Le Tabelle del Tribunale di Milano sono parametro vincolante per la liquidazione equitativa del danno non patrimoniale, in quanto le medesime hanno acquisito natura para-normativa, di guisa che le valutazioni operate dai giudici di merito che si discostino in modo significativo dall'indicazione tabellare senza una adeguata motivazione possono essere censurate da questa Corte (Cass., 3, n. 17018 del 28/6/2018; Cass., 3, n. 27562 del 21/11/2017; Cass., 3, n. 9950 del 20/4/2017).

Il voto espresso prima del deposito della relazione di cui all’art. 172 legge fall. e dell’adunanza dei creditori è valido purché trovi esatta corrispondenza con la proposta definitiva presentata dal debitore

Cass. Civ., Sez. I, ordinanza 8 febbraio 2019, n. 3860 (Rel. Pazzi)

Il voto espresso, ancorché con dichiarazione trasmessa al commissario giudiziale a mezzo p.e.c., prima del deposito della relazione di cui all'art. 172 legge fall. e dell'adunanza dei creditori, è valido, purché trovi esatta corrispondenza con la proposta definitiva presentata dal debitore, e, se negativo, deve essere tenuto in considerazione al fine di individuare nel creditore che lo ha manifestato un soggetto dissenziente a cui estendere necessariamente il contraddittorio in sede di giudizio di omologazione, ex art. 180, comma 1, legge fall.; sicché la pretermissione della notifica del decreto che fissa l'udienza camerale relativa al giudizio di omologazione al creditore dissenziente comporta una violazione del contraddittorio e, di conseguenza, la nullità del giudizio così instauratosi e del decreto di omologa emesso al suo esito.

Il mancato uso delle cinture di sicurezza riduce l’entità del risarcimento

Cass. Civ., sez. III, ordinanza 30 gennaio 2019, n. 2531 (rel. A. Moscarini)

La consolidata giurisprudenza di legittimità ritiene che, qualora la messa in circolazione di un veicolo in condizioni di insicurezza sia ricollegabile oltre che all'azione o all'omissione del conducente, il quale deve controllare, prima di iniziare o proseguire la marcia, che questa avvenga in conformità delle normali norme di prudenza e sicurezza, anche al fatto del trasportato, che ha accettato i rischi della circolazione, si verifica un'ipotesi di cooperazione colposa dei predetti nella condotta causativa dell'evento dannoso. Pertanto, in caso di danni al trasportato medesimo, sebbene la condotta di quest'ultimo non sia idonea di per sé ad escludere la responsabilità del conducente, né a costituire valido consenso alla lesione ricevuta, vertendosi in materia di diritti indisponibili, essa può costituire nondimeno un contributo colposo alla verificazione del danno, la cui quantificazione in misura percentuale è rimessa all'accertamento del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità se correttamente motivato (Cass., 3, n. 4993 dell'11/3/2004; Cass., 3, n. 10526 del 13/5/2011; Cass., 3, n. 6481 del 14/3/2017).
In particolare, il conducente è responsabile dell'utilizzo delle cinture di sicurezza da parte del passeggero, sicché la causazione del danno da mancato utilizzo è imputabile sia a lui che al passeggero e importa una riduzione dell'entità del risarcimento dovuta al terzo trasportato. (Si veda, al riguardo, Cass. n. 18177 del 2007: «In materia di responsabilità civile, in caso di mancata adozione delle cinture di sicurezza da parte di un passeggero, poi deceduto, di un veicolo coinvolto in un incidente stradale, verificandosi un'ipotesi di cooperazione nel fatto colposo, cioè di cooperazione nell'azione produttiva dell'evento, è legittima la riduzione proporzionale del risarcimento del danno in favore dei congiunti della vittima.>>).

Art. 141 CdA: il terzo trasportato può esercitare azione diretta a prescindere dall’operatività della convenzione CARD

Cass. Civ., sez. III, ordinanza 18 gennaio 2019, n. 1279 (rel. F. Fiecconi)

L'art. 141 C.D.A., di derivazione comunitaria, assegna una garanzia diretta alle vittime dei sinistri stradali in un'ottica di tutela sociale che fa traslare il "rischio di causa" dal terzo trasportato, vittima del sinistro, sulla compagnia assicuratrice del trasportante, e prescinde dall'accertamento della responsabilità dell'incidente, sollevando il terzo da rischi e oneri connessi alla ricerca del responsabile e della sua compagnia assicuratrice. L'interesse di tutela del terzo che dovrà essere comunque risarcito prevale dunque su ogni questione inerente alla ricerca del responsabile, con esclusione, appunto, del solo caso fortuito che toglie spazio ad ogni possibilità di imputare a chicchessia la responsabilità dell'occorso (così anche si è espressa Cass. III civile, sentenza n. 16181 il 30/07/2015).
Riconoscendo tale strumento di tutela, aggiuntiva, al terzo trasportato, la giurisprudenza - con eccezione della sola ipotesi del fortuito che rimane un rischio accollato al terzo come anche all'assicurato - ha quindi disancorato il soddisfacimento del diritto risarcitorio del terzo, comunque dovuto, dalla necessità di coinvolgere in giudizio il responsabile civile e il suo assicuratore, e così anche dagli aspetti puramente interni alla convenzione assicurativa, che riguarda l'assicurazione del trasportato o del responsabile civile, trasferendo sull'assicurazione del trasportante il rischio inerente a irregolarità o invalidità della assicurazione, entro i limiti del massimale convenuto ( v. Cass. Sez. 3 num. 16477/ 2017).
L'interpretazione che accorda massima tutela alla vittima si armonizza con quanto sancito dalla Corte di Giustizia dell'Unione europea in tema di direttive sull' assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione di autoveicoli, ove la disciplina di diritto interno deve essere interpretata considerando la prevalenza della qualità di vittima-avente diritto al risarcimento su quella di assicuratoresponsabile, in conformità al principio solidaristico "vulneratus ante omnia reficiendus" in virtù del quale il terzo trasportato ha un incondizionato diritto al risarcimento del danno alla persona causato da circolazione, anche illegale o contra pacta, del mezzo da parte dell'assicuratore del vettore. In proposito, la Corte di Giustizia ha ritenuto nullo ogni patto che condizioni all'identità del conducente la copertura assicurativa del trasportato, rendendo inefficaci e disapplicabili le cd. "clausole di guida esclusiva" (cfr. Corte di Giustizia, sentenza del 10.12.2011, nel caso C-442/10, Churchill Insurance Company and Evans c. Wilkinson).
Questa Corte, pertanto, non intende discostarsi dal succitato orientamento che ha già indotto a ritenere che il proprietario del veicolo che al momento del sinistro viaggi in qualità di trasportato ha diritto ad ottenere dall'assicuratore il risarcimento del danno derivante dalla circolazione del mezzo, senza che assuma rilevanza la sua eventuale corresponsabilità nel sinistro per averne consentito la circolazione da persona non abilitata o in stato di ebbrezza, salva l'applicazione, in detta ipotesi, dell'art. 1227 cod. civ. (Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 1269 del 19/01/2018).

In caso di interruzione del processo a seguito di un provvedimento di sospensione del procuratore dall’esercizio della professione non è necessaria una nuova procura

Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 6 febbraio 2019, n. 3529 (Rel. Scarpa)

Per la prosecuzione del processo nell'ipotesi di interruzione del processo a seguito di un provvedimento di sospensione del procuratore dall'esercizio della professione, una volta terminato il periodo di sospensione, non è necessaria una nuova procura alla lite, né una nuova costituzione in giudizio, essendo sufficiente, invece, che il procuratore, già regolarmente costituito prima della sua sospensione, riprenda a svolgere le proprie funzioni in base alla precedente procura ed alla già esperita costituzione, entrambe divenute nuovamente valide ed efficaci in seguito alla cessazione della sospensione. Il fatto che il procuratore è ben a conoscenza sia dell'accadimento interruttivo dipendente dalla subita sanzione e sia della relativa durata, gli impone - pur in assenza di conoscenza legale della conseguente ordinanza d'interruzione - di riprendere automaticamente ad esercitare il suo mandato alla scadenza del comminato periodo di sospensione e, quindi, di provvedere alla prosecuzione del giudizio nel prescritto termine ex art. 305 c.p.c., decorrente dalla cessazione del periodo di sua sospensione dall'albo. In tale situazione, ai fini della tempestiva ripresa del processo, non ricorre la medesima esigenza di protezione della parte rappresentata, propria delle ipotesi di definitiva cessazione dello ius postulandi, in cui detto termine deve decorrere dalla sua conoscenza legale dell'accadimento interruttivo, poiché altrimenti resterebbe pregiudicato il diritto di difesa della parte stessa, da assicurare in modo effettivo ed adeguato (Cass. Sez. I, 10/12/2010, n. 24997).