22 Novembre 2019

Responsabilità medica: perdita di chance

Cass. Civ., sez. III, sentenza 11 novembre 2019, n. 28993 (rel. Travaglino)
Caratteristiche ai fini della valutazione del danno da perdita di chance:
a) Sul piano funzionale, chance patrimoniale e chance non patrimoniale partecipano della stessa natura.
b) La diversità morfologica tra chance patrimoniale e chance non patrimoniale da responsabilità sanitaria va individuata nella diversità della situazione preesistente:
• Preesistenza negativa (chance non patrimoniale)
• Preesistenza positiva (chance patrimoniale)
c) Tale preesistenza postula, nella chance patrimoniale, una situazione positiva (titoli, professionalità, curricula, esperienze pregresse, attitudini specifiche ecc.); in quella non patrimoniale, una situazione di salute (già) patologica (i.e. "negativa")
d) Entrambe le forme di chance presuppongono:
• Una condotta colpevole dell'agente
• Un evento di danno (la lesione di un diritto)
• Un nesso di causalità tra la condotta e l'evento
• Una o più conseguenze dannose risarcibili, patrimoniali e non
• Un nesso di causalità tra l'evento e le conseguenze dannose

Sul profilo della perdita di chance si osserva quanto segue.

1) La delicatezza e la complessità della questione della perdita di chance trova la sua sintesi più felice nel pensiero di un celebre filosofo ed economista, il quale, dopo aver premesso come «the natural interpretation of “chance” is subjective», definirà poi la chance come «the measure of our ignorance».

2) Il modello teorico di riferimento della perdita di chance (la cui matrice essenzialmente giurisprudenziale è conseguenza di un significativo silenzio normativo, fatte naturalmente salve le imponenti elaborazioni dottrinali sul tema) è stato e tuttora resta ( come si legge nelle numerose pronunce di legittimità e di merito che affrontano la questione) il d’anno patrimoniale, dibattuta essendone la sola forma – e cioè quella di danno emergente piuttosto che di lucro cessante.

3) Come già di recente affermato da questa stessa Corte (Cass. n. 05641 del 09/03/2018), il duplice paralogismo che ha accompagnato l’evoluzione storica della teoria della chance perduta si risolve nel ricostruirne, da un canto, i tratti caratterizzanti in termini di danno patrimoniale, dall’altro, nell’avere sovrapposto uno degli elementi essenziali della fattispecie dell’illecito – il nesso causale – con il suo oggetto – il sacrificio della possibilità di un risultato migliore – tanto da indurre autorevole dottrina a contestarne in radice la legittimità della sua stessa esistenza e della relativa teorizzazione.

4) Il modello “patrimonialistico” della chance non appare, di per sé, del tutto sovrapponibile alla perdita della possibilità di conseguire, per il soggetto che si dichiari danneggiato da una condotta commissiva (o più spesso omissiva) colpevole, un risultato migliore sul piano non patrimoniale, sebbene appiano tracciabili le linee di talune coordinate comuni.

5) La chance patrimoniale presenta, in apparenza, le stimmate dell’interesse pretensivo (mutuando tale figura dalla dottrina amministrativa, sia pur soltanto in parte qua, attese le evidenti differenze morfologiche tra l’interesse legittimo e la chance: mentre il primo incarna l’aspirazione – e la pretesa – alla legittimità dell’azione amministrativa e preesiste, dunque, all’azione amministrativa stessa, la chance viene in rilievo quando essa è stata perduta e cioè quando l’attività amministrativa, ormai esauritasi, è irrimediabilmente viziata e il vizio ha cagionato un danno risarcibile), e cioè postula la preesistenza di una situazione “positiva”, i.e. di un quid su cui andrà ad incidere sfavorevolmente la condotta colpevole del danneggiante impedendone la possibile evoluzione migliorativa (il partecipante ad un concorso è portatore di conoscenze e preparazione che preesistono all’intervento “soppressivo” del preposto all’esame; l’azienda che prende parte ad una gara ad evidenza pubblica è portatrice di professionalità e strutture operative che preesistono all’intervento «eliminativo» dell’ente pubblico che ha bandito la gara per poi impedirne illegittimamente la partecipazione).

6) La chance «non pretensiva», rappresentata anch’essa (e segnatamente nel sottosistema della responsabilità sanitaria), sul piano funzionale, dalla possibilità di conseguire un risultato migliorativo della situazione preesistente, diverge strutturalmente dalla prima, volta che l’apparire del sanitario sulla scena della vicenda patologica lamentata dal paziente coincide sincronicamente con la creazione di una chance, prima ancora che con la sua (eventuale) cancellazione colpevole, e si innesta su di una preesistente situazione «non favorevole» (una situazione, cioè, patologica) rispetto alla quale non può in alcun modo rinvenirsi un quid inteso come «un pregresso positivo», e  positivamente identificabile ex ante (il paziente è portatore di una condizione di salute che, prima dell’intervento del medico, rappresenta un pejus, e non un quid in positivo, sul piano della chance, allo stato inesistente senza l’intervento medico).

7) Oltre che sul piano concettuale, la distinzione rileva anche su quello degli effetti (i.e., sull’aspetto risarcitorio), dovendo il giudice di merito inevitabilmente tener conto, in una dimensione strettamente equitativa, di tale diversità nella liquidazione del danno. Se, difatti, in sede di accertamento del valore di una chance patrimoniale è spesso possibile il riferimento a valori oggettivi (il giudice a ministrativo, in alcune sue passate decisioni, ha adottato il parametro del 10% del valore dell’appalto all’atto del riconoscimento in una perdita di chance di vittoria da parte dell’impresa illegittimamente esclusa), diverso sarà il criterio di liquidazione da adottare per la perdita di una chance a carattere non patrimoniale, rispetto alla quale il risarcimento non potrà essere proporzionale al risultato perduto, ma commisurato, in via equitativa, alla possibilità perduta di realizzarlo.

8) Per integrare gli estremi del danno risarcibile, la perdita di chance (giusta l’insegnamento delle sezioni unite di questa Corte in tema di danno non patrimoniale: Sez. U n. 26792 del 11/11/2008) dovrà peraltro attingere ai parametri della apprezzabilità, serietà, consistenza, rispetto ai quali il valore statistico/percentuale – se in concreto accertabile – potrà costituire al più criterio orientativo, in considerazione della infungibile specificità del caso concreto, onde distinguere la concreta possibilità dalla mera speranza (la sottrazione di un biglietto della lotteria appare irrilevante a fini risarcitori), senza nesso causale fondato sul più probabile che non con un evento di danno rappresentato da una possibilità non probabile», essendo evidente, in tale ricostruzione, la confusione concettuale tra l’analisi del nesso eziologico e quella dell’evento di danno lamentato.

8-bis) L’ulteriore paralogismo in cui talvolta incorre la giurisprudenza di legittimità e di merito, oltre che parte della dottrina specialistica, è
costituito dalla «contrazione» (che si risolve in una vera e propria elisione in parte qua) dell’analisi degli elementi destinati ad integrare
diacronicamente la fattispecie dell’illecito, sovrapponendosi, da un canto, l’accertamento dell’elemento causale a quello dell’evento di danno (a cagione dell’equivocità del lessico usato per definire la chance), ed errandosi poi nell’identificazione stessa di quell’evento, sovente ricondotto al concetto di chance pur non avendone, di essa – specie in tema di responsabilità sanitaria – carattere alcuno.

9) La connotazione della chance – intesa, al pari di ogni altra conseguenza della condotta illecita, non come regola (a)causale, ma come evento di danno – in termini di possibilità perduta di un risultato migliore e soltanto eventuale non esclude né elide, difatti, la necessaria e preliminare indagine sulla relazione eziologica tra la condotta e l’evento (in senso difforme, non condivisibilmente, Cass. n. 21619 del 16/10/2007): è priva di consistenza, pertanto, l’obiezione secondo cui l’ineludibile incertezza dell’evento non potrebbe non riverberare i suoi effetti sulla ricostruzione del nesso causale che, viceversa, sostanziandosi in una relazione probabilistica tra fatti destinata a sfociare in un giudizio di accertamento sul piano processuale), si pone su di un piano del tutto speculare rispetto a quello rappresentato dall’incertezza eventistica (i.e. dal sacrificio della possibilità di un risultato migliore).

10) Evapora così la distinzione (che appare sovente motivo di confusione concettuale e applicativa) tra chance cd. «ontologica» e chance «eziologica», volta che quest’ultima sovrappone inammissibilmente la dimensione della causalità con quella dell’evento di danno, mentre la prima evoca una impredicabile fattispecie di danno in re ipsa che prescinde del tutto dall’esistenza e dalla prova di un danno-conseguenza risarcibile.

11) L’attività del giudice dovrà, pertanto, muovere dalla previa disamina della condotta (e della sua colpevolezza) e dall’accertamento della relazione causale tra tale condotta e l’evento di danno (la possibilità perduta, ovverossia il sacrificio della possibilità di conseguire un risultato migliore), senza che i concetti di probabilità causale e di possibilità (e cioè di incertezza) del risultato realizzabile possano legittimamente sovrapporsi, elidersi o fondersi insieme: la dimostrazione di una apprezzabile possibilità di giungere al risultato migliore sul piano dell’evento di danno non equivale, in altri termini, alla prova della probabilità che la condotta dell’agente abbia cagionato il danno da perdita di chanc:e sul piano causale.

12) Sul piano della corretta individuazione del diritto leso, la chance, pur mostrando i caratteri della fattispecie «a consistenza variabile» nella
sua dimensione cronologica (variabile, cioè, a seconda del tempo in cui la si consideri), non può comunque rappresentare una entità concettualmente distinta dal «risultato finale», poiché la condotta dell’agente è pur sempre destinata a rilevare sul piano della lesione del
diritto alla salute ( e/o del diritto di autodeterminazione) del paziente, cui appare riconducibile pur se in una diversa accezione, che corrisponde ad una anticipazione di tutela dello stesso bene giuridico, meritevole di ricevere una autonoma considerazione.

13) La domanda giudiziale che configuri una ipotesi di danno da perdita di chance di sopravvivenza (fatto valere dai congiunti della vittima iure hereditario), e un danno da perdita di chance di godere del conseguente petitum processuale) in ragione della incertezza sull’anticipazione dell’evento morte.

14) Le stesse pretese si tramutano, di converso, in domanda di risarcimento tout court del danno da perdita anticipata del rapporto parentale, ove sia certo e dimostrabile, sul piano eventistico, che la condotta illecita abbia cagionato l’anticipazione dell’evento fatale costituendo, in tale ipotesi, un evidente paralogismo l’evocazione della fattispecie della chance -fondato sull’equivoco lessicale indotto dalla locuzione «perdita della possibilità di vivere meglio e più a lungo», mentre l’evento di danno è specularmente costituito dalla perdita anticipata della vita e dall’impedimento a vivere il tempo residuo in condizioni migliori e consapevoli.

15) La chance si sostanzia, in definitiva, nell’incertezza del risultato, la cui «perdita», ossia l’evento di danno, è il precipitato di una chimica di insuperabile incertezza, predicabile alla luce delle conoscenze scientifiche e delle metodologie di cura del tempo rapportate alle condizioni soggettive del danneggiato. Tale evento di danno sarà risarcibile a seguito della lesione di una situazione soggettiva rilevante – che pur sempre attiene al “bene salute” – sempre che esso sia stato allegato e (con particolare riguardo al diritto all’autodeterminazione, inteso anche in termini di possibilità di «battersi>> consapevolmente per un possibile esito più favorevole dell’evolversi del a malattia) provato in giudizio nella sua già ricordata dimensione di apprezzabilità, serietà, consistenza, e non già soltanto in base alla pura e semplice relazione causale tra condotta ed evento, in guisa di danno in re ipsa.

16) Pertanto, nei casi in cui l’evento di danno sia costituito non da una possibilità – sinonimo di incertezza del risultato sperato – ma dal (mancato) risultato stesso, non di chance perduta par lecito discorrere, bensì di altro e diverso evento di danno (in ambito sanitario, la perdita anticipata della vita, rigorosamente accertata come conseguenza dell’omissione sul piano causale).
17) Applicando tali criteri alla responsabilità sanitaria (segnatamente in ambito oncologico), sulla premessa che l’illecito da chance perduta si dipana secondo la tradizionale scansione:
– CONDOTTA COLPOSA (omessa, erronea o ritardata diagnosi);
– LESIONE DI UN DIRITTO (il diritto alla salute e/o all’autodeterminazione, entrambi costituzionalmente tutelati);
– EVENTO DI DANNO (sacrificio della possibilità di un risultato migliore);
– CONSEGUENZE DANNOSE RISARCIBILI (valutabili in via equitativa)
possono formularsi le seguenti ipotesi:
A) La condotta (commissiva o più spesso omissiva) colpevolmente tenuta dal sanitario ha cagionato la morte del paziente, mentre una
diversa condotta (diagnosi corretta e tempestiva) ne avrebbe consentito la guarigione, alla luce dell’accertamento della disposta CTU. In tal caso l’evento (conseguenza del concorso di due cause, la malattia e la condotta colpevole) sarà attribuibile interamente al sanitario, chiamato a rispondere del danno biologico cagionato al paziente e del danno da lesione del rapporto parentale cagionato ai familiari.
B) La condotta colpevole ha cagionato non la morte del paziente (che i sarebbe comunque verificata) bensì una significativa riduzione della durata della sua vita ed una peggiore qualità della stessa per tutta la sua minor durata, in base all’accertamento compiuto dal CTU.
In tal caso il sanitario sarà chiamato a rispondere dell’evento di danno costituito dalla perdita anticipata della vita e dalla sua “peggiore possibilità di un vita più lunga e di qualità migliore” incida sulla qualificazione dell’evento, caratterizzato non dalla “possibilità di un risultato migliore”, bensì dalla certezza (o rilevante probabilità) di aver vissuto meno a lungo, patendo maggiori sofferenze fisiche e spirituali.
C) La condotta colpevole del sanitario non ha avuto alcuna incidenza causale sullo sviluppo della malattia, sulla sua durata e sull’esito finale, rilevando di converso, in pejus, sulla sola (e diversa) qualità ed organizzazione della vita del paziente (anche sotto l’aspetto del mancato ricorso a cure palliative): l’evento di danno (e il danno risarcibile) sarà in tal caso rappresentato da tale (diversa e peggiore) qualità della vita (intesa altresì nel senso di mancata predisposizione e organizzazione materiali e spirituale del proprio tempo residuo), conseguente alla lesione del diritto di autodeterminazione, purché allegato e provato (senza che, ancora una volta, sia lecito evocare la fattispecie della chance).
D) La condotta colpevole del sanitario non ha avuto alcuna incidenza causale sullo sviluppo della malattia, sulla sua durata, sulla qualità della vita medio tempore e sull’esito finale. La mancanza, sul piano eziologico, di conseguenze dannose della pur colpevole condotta medica impedisce qualsiasi risarcimento.
E) La condotta colpevole del sanitario ha avuto, come conseguenza, un evento di danno incerto: le conclusioni della CTU risultano, cioè, espresse in termini di insanabile incertezza rispetto all’eventualità di maggior durata della vita e di minori sofferenze, ritenute soltanto possibili alla luce delle conoscenze scientifiche e del e metodologie di cura del tempo. Tale possibilità – i.e. tale incertezza eventistica (la sola che consenta di discorrere legittimamente di chance perduta) – sarà risarcibile equitativamente, alla luce di tutte le circostanze del caso, come possibilità perduta – se provato il nesso causale, secondo gli ordinari criteri civilistici tra la condotta e l’evento incerto (la possibilità perduta) – ove risultino comprovate conseguenze pregiudizievoli (ripercussioni sulla sfera non patrimoniale del paziente) che presentino la necessaria dimensione di apprezzabilità, serietà, consistenza.

18) L’incertezza del risultato, va ribadito, è destinata ad incidere non sulla analisi del nesso causale, ma sulla identificazione del danno, poiché la possibilità perduta di un risultato sperato (nella quale si sostanzia la chance) è la qualificazione/identificazione di un danno risarcibile a seguito della lesione di una situazione soggettiva rilevante (comunque afferente al diritto alla salute), e non della relazione causale tra condotta ed evento, che si presuppone risolta positivamente prima e a prescindere dall’analisi dell’evento lamentato come fonte di danno. In tali sensi, pertanto, la chance risulta un diminutivo astratto dell’illecito, inteso come sinonimo di possibilità priva di misura (ma non di contenuto), da risarcirsi equitativamente, e non necessariamente quale frazione eventualmente percentualistica del danno finale.

19) Pertanto, ove risulti provato, sul piano etiologico, che la condotta imperita del sanitario abbia cagionato la morte anticipata del paziente, che sarebbe (certamente o probabilmente) sopravvissuto più a lungo e in condizioni di vita (fisiche e spirituali) diverse e migliori per un period0 specificamente indicato dal CTU (sia pur con gli inevitabili margini di approssimazione), non di «maggiori chance di sopravvivenza» sarà lecito discorrere, bensì di un evento di danno rappresentato, in via diretta ed immediata, dalla minore durata della vita e dalla sua peggiore qualità (fisica e spirituale).

20) Viene in tal guisa scongiurato il rischio di confondere il grado di incertezza della chance perduta con il grado di incertezza sul nesso causale. Il nesso di causalità sarà difatti escluso, al di là ed a prescindere dall’esistenza della possibilità di un risultato migliore, dalla presenza di fattori alternativi che ne interrompano la relazione logica con l’evento (quale il sopravvenire di altra patologia determinante di per sé sola dell’exitus o di altri eventi ascrivibili alla condotta di terzi o dello stesso danneggiato).

21) Sarà altresì esclusa ogni rilevanza causale della condotta, sul piano probabilistico, in tutti i casi di incertezza – ad esempio, nell’ipotesi di cd. multifattorialità dell’evento – sul rapporto di derivazione eziologica tra la condotta stessa e l’evento, pur nella sua astratta configurabilità in termini di possibilità perduta, qualora la multifattorialltà non sia rappresentata (come talvolta, ma erroneamente, si è ipotizzato) da un accertato concorso di causa umana e causa naturale (ciò che consente il frazionamento del risarcimento «differenziale» in applicazione dei principi che regolano la causalità giuridica: Cass. n. 15991 del 21/,07/2011 e successive conformi), bensì da un concorso di cause la cui disamina si risolva, nelle conclusioni del CTU, in termini di insanabile incertezza causale rispetto all’evento.

22) Non può pertanto condividersi l’assunto secondo il quale il danno da perdita di chance resterebbe occultato, «in una sorta di effetto matrioska», nelle viscere del danno alla salute, dalle quali riemerge quando non si riesca a raggiungere la prova del nesso casuale rispetto alla lesione di quest’ultimo. Premesso che, nell’un caso come nell’altro, il diritto leso è pur sempre quello alla salute, sia pur nelle sue rispettive, differenti dimensioni, la risarcibilità della perdita di chance non si pone in alcun modo come conseguenza di una insufficiente relazione causale con il danno ( come erroneamente ipotizzato nella sentenza n. 21619 del 16/10/2007 di questa stessa Corte), ma come incertezza eventistica conseguente al previo accertamento di quel nesso con la condotta omissiva.

23) A quanto sinora esposto consegue che, provato il nesso causale secondo le ordinarie regole civilistiche, rispetto ad un evento di danno accertato nella sua esistenza e nelle sue conseguenze, il risarcimento di quel danno sarà dovuto integralmente. Sul medesimo piano d’indagine, che si estende dal nesso al danno, ove quest’ultimo venisse morfologicamente identificato, in una dimensione di insuperabile incertezza, con una possibilità perduta, tale possibilità integra gli estremi della chance, la cui risarcibilità consente (come scelta, hic et nunc, di politica del diritto, condivisa, peraltro, anche dalla giurisprudenza di altri Paesi di Common e di Civil law) di temperare equitativamente il criterio risarcitorio del cd. all or nothing, senza per questo essere destinata ad incidere sui criteri di causalità,
né ad integrarne il necessario livello probatorio.