15 Febbraio 2023

Inammissibile il ricorso in Cassazione se manca sinteticità e chiarezza

Cass. Civ., sez. III, sentenza 13 febbraio 2023, n. 4300 (rel. P. Porreca)
Il mancato rispetto del dovere di chiarezza e sinteticità espositiva degli atti processuali che, fissato dall'art. 3, comma 2, del c.p.a., esprime tuttavia un principio generale del diritto processuale, destinato a operare anche nel processo civile, espone il ricorrente al rischio di una declaratoria di inammissibilità dell'impugnazione, non già per l'irragionevole estensione del ricorso (la quale non è normativamente sanzionata), ma in quanto pregiudica l'adeguata intellegibilità delle questioni, qualora renda effettivamente oscura l'esposizione dei fatti di causa e così confuse le censure mosse alla sentenza gravata, ridondando nella violazione delle prescrizioni di cui ai nn. 3 e 4 dell'art. 366 cod. proc. civ., assistite - queste sì - da una sanzione testuale di inammissibilità (cfr. Cass., 21/03/2019, n. 8009, Cass., Sez. U., 30/11/2021, n. 37552).

Nel caso di specie, il ricorrente si dilunga in una contorta esposizione delle vicende processuali, frammista a continue ed incidentali proprie valutazioni, intersecate da stralci degli atti processuali propri e anche delle controparti, e ancora riportando stralci della motivazione della sentenza di primo e in specie di secondo grado, ritenendo di dover informare la Corte di ogni più infinitesimale dettaglio, ma così finendo per rendere incomprensibile la vicenda processuale nelle sue distinte componenti delle ragioni decisorie della pronuncia di merito gravata e delle singole e specifiche censure contrapposte a ciascuna di quelle piuttosto che sovrapposte e mescolate tra loro e al riferimento della sequenza processuale.

Sul punto, Cass., Sez. U., 11/04/2021, n. 5698, ha affermato che la pedissequa riproduzione dell’intero, letterale contenuto degli atti processuali è, per un verso, del tutto superflua, non essendo richiesto che si dia meticoloso conto di tutti i momenti nei quali la vicenda processuale si è articolata; e per altro verso inidonea a soddisfare la necessità della sintetica esposizione dei fatti, in quanto equivale ad affidare alla Corte, dopo averla costretta a leggere tutto ovvero anche quello di cui non occorre sia informata, la scelta di quanto effettivamente rileva in ordine ai motivi di ricorso (cfr. anche Cass., 22/02/2016, n. 3385 e Cass., 19/05/2017, n. 12641).

Il ricorrente è cioè incorso in un’eccessiva e sovrabbondante esposizione, avendo adottato al riguardo una tecnica che, da un lato, implica la lettura di una imponente massa d’informazioni su fatti processuali e sostanziali ripetutamente illustrati ma irrilevanti ai fini della decisione, e dall’altro rende conclusivamente impossibile un’idonea focalizzazione dei fatti invece dirimenti, rendendo in modo inesigibile indaginosa l’individuazione delle questioni da parte di questa Corte, impropriamente investita della ricerca e della selezione di ciò che ha effettiva potenzialità incidente ai fini del decidere nel perimetro vasto e indifferenziato delle censure ipotizzate.

D’altra parte, il principio di specificità del ricorso per cassazione, secondo cui il giudice di legittimità deve essere messo nelle condizioni di comprendere l’oggetto della controversia e il contenuto delle censure senza dover scrutinare autonomamente gli atti di causa, dev’essere modulato, proprio in conformità alle indicazioni della sentenza C. E. D. U. del 28 ottobre 2021 (causa Su cci ed altri e/Italia), secondo criteri di sinteticità e chiarezza, realizzati dal richiamo essenziale degli atti e dei documenti per la parte d’interesse, in modo da contemperare il fine legittimo di semplificare piuttosto che pregiudicare lo scrutinio del giudice di legittimità e garantire al tempo stesso la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, salvaguardando la funzione nomofilattica della Corte in uno al diritto di accesso della parte a un organo giudiziario in misura tale da non inciderne la sostanza (Cass., 14/03/2022, n. 8117).

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