Modulo CAI – Valore probatorio – Tamponamento a catena
L'art. 143, comma 2, del D.Lgs. n. 209 del 2005 è chiaro nell'affermare che la C.A.I. sottoscritta da entrambi i conducenti determina una presunzione, salvo prova contraria da parte dell'impresa di assicurazione, che il sinistro si sia svolto con le modalità e le conseguenze indicate su quel modulo. La presunzione è finalizzata ad un intento deflattivo del contenzioso, avendo lo scopo di garantire entrambi i conducenti del fatto che il riconoscimento concorde delle colpe non venga messo in discussione dagli assicuratori ribaltando l'onere della prova a carico del danneggiato. Ed è evidente che la previsione di una presunzione fino a prova contraria non esclude che la società di assicurazioni possa superarla fornendo, appunto, tale prova; ma significa anche che l'onere della stessa ricade a carico dell'assicuratore e non del danneggiato (cfr. ordinanza 6 dicembre 2017, n. 29146).
Il Tribunale in sede di appello ha affermato che, a seguito delle contestazioni sulle modalità del sinistro svolte dalla società di assicurazioni, doveva essere la parte attrice (cioè il danneggiato, sostituito nella specie dal creditore cessionario) a provare che i fatti si fossero svolti come indicato in citazione.
A sostegno della propria decisione, il Tribunale ha richiamato il principio di diritto – che risale, com’è noto, alla sentenza 5 maggio 2006, n. 10311, delle Sezioni Unite di questa Corte – secondo cui la dichiarazione confessoria contenuta nel modulo di constatazione amichevole del sinistro (cosiddetto C.I.D.), resa dal responsabile del danno proprietario del veicolo assicurato e litisconsorte necessario, non ha valore di piena prova nemmeno nei confronti del solo confitente, ma deve essere liberamente apprezzata dal giudice, dovendo trovare applicazione la norma di cui all’art. 2733, terzo comma, c.c., secondo la quale, in caso di litisconsorzio necessario, la confessione resa da alcuni soltanto dei litisconsorti è, per l’appunto, liberamente apprezzata dal giudice.
L’affermazione sul valore confessorio della C.A.I. come atto liberamente apprezzabile dal giudice in quanto confessione proveniente da un litisconsorte necessario si iscrive nel contesto particolare di quella decisione, intesa a chiarire l’impossibilità di un esito decisorio diverso per la domanda rivolta contro l’assicuratore e contro il danneggiante. Ne consegue che il principio del libero apprezzamento non è in contrasto con le suindicate norme di legge che conferiscono al modello C.A.I., firmato da entrambi i conducenti, il valore di una presunzione iuris tantum che l’assicuratore è ammesso a superare.
La successiva giurisprudenza di questa Corte, d’altra parte, in più occasioni ha anche stabilito che ogni valutazione sulla portata confessoria del modulo di constatazione amichevole d’incidente deve ritenersi preclusa dall’esistenza di un’accertata incompatibilità oggettiva tra il fatto come descritto in tale documento e le conseguenze del sinistro come accertate in giudizio (v. le sentenze 25 giugno 2013, n. 15881, e 27 marzo 2019, n. 8451, nonché l’ordinanza 25 gennaio 2024, n. 2438).
Tuttavia, nel caso di specie, l’incidente ha visto coinvolti tre veicoli, mentre il modello C.A.I. è stato sottoscritto solo da due di loro, ossia l’autore del primo tamponamento e il conducente della seconda vettura, che aveva, a sua volta, tamponato la terza auto coinvolta. L’odierna ricorrente è la cessionaria del credito di quest’ultimo, cioè il secondo tamponato, che sarebbe stato urtato dalla seconda vettura a seguito dell’urto di questa con la prima auto coinvolta. Ne consegue che l’odierna ricorrente non può far valere, nei confronti dell’assicuratore, alcuna C.A.I., posto che il creditore cedente (proprietario del terzo veicolo tamponato) non ha firmato alcunché.