25 Giugno 2024

Resp. sanitaria – Cartella clinica – Contenuto e omissioni

Cass. Civ., sez. III civ., ordinanza 17 giugno 2024, n. 16737 (rel. L. Rubino)
Le attestazioni contenute in una cartella clinica, redatta da un'azienda ospedaliera pubblica, o da un ente convenzionato con il servizio sanitario pubblico, hanno natura di certificazione amministrativa, cui è applicabile lo speciale regime di cui agli artt. 2699 e segg. c.c., per quanto attiene alla indicazione ivi contenute delle attività svolte nel corso di una terapia o di un intervento. La prova dell'effettivo svolgimento di attività non risultanti dalla cartella clinica stessa può essere invece fornita con ogni mezzo. Non sono coperte da fede privilegiata le valutazioni, le diagnosi o, comunque, le manifestazioni di scienza o di opinione in essa annotate.
L'eventuale incompletezza della cartella clinica è circostanza di fatto che il giudice può utilizzare per ritenere dimostrata l'esistenza di un valido nesso causale tra l'operato del medico e il danno patito dal paziente (allorché proprio tale incompletezza abbia reso impossibile l'accertamento del relativo nesso eziologico e il professionista abbia comunque posto in essere una condotta astrattamente idonea a provocare il danno): Cass. n. 27561 del 2017; Cass. n. 26428 del 2020).

Il principio che opera in questo caso è quello della vicinanza alla prova, secondo il quale “In tema di responsabilità medica, la difettosa tenuta della cartella clinica da parte dei sanitari non può pregiudicare sul piano probatorio il paziente, cui anzi, in ossequio al principio di vicinanza della prova, è dato ricorrere a presunzioni se sia impossibile la prova diretta a causa del comportamento della parte contro la quale doveva dimostrarsi il fatto invocato. Tali principi operano non solo ai fini dell’accertamento dell’eventuale colpa del medico, ma anche in relazione alla stessa individuazione del nesso eziologico fra la sua condotta e le conseguenze dannose subite dal paziente. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione del giudice di merito, che aveva escluso la responsabilità dei sanitari nonostante non risultassero per sei ore annotazioni sulla cartella clinica di una neonata, nata poi con grave insufficienza mentale causata da asfissia perinatale, così da rendere incomprensibile se poteva essere più appropriata la rilevazione del tracciato cardiotocografico rispetto alla mera auscultazione del battito cardiaco del feto)” (Cass. n. 6209 del 2016).

L’incompletezza della cartella clinica è circostanza di fatto che il giudice può utilizzare per ritenere dimostrata l’esistenza di un valido nesso causale tra l’operato del medico e il danno patito dal paziente solo quando proprio tale incompletezza abbia reso impossibile l’accertamento del relativo legame eziologico, e il professionista abbia comunque posto in essere una condotta astrattamente idonea a provocare il danno (cfr. Cass., 21/11/2017, n. 27561, Cass., 14/11/2019, n. 29498, pag. 5, Cass., 08/07/2020, n. 14261)

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