03 Dicembre 2012

Responsabilità medica – Omessa diagnosi di malformazioni fetali – Risarcimento al neonato, ai genitori e ai fratelli

“La responsabilità sanitaria per omessa diagnosi di malformazioni fetali e conseguente nascita indesiderata va estesa, oltre che nei confronti della madre, nella qualità di parte contrattuale (ovvero di un rapporto da contatto sociale qualificato), anche al padre, nonché, alla stregua dello stesso principio di diritto posto a presidio del riconoscimento di un diritto risarcitorio autonomo in capo al padre stesso, ai fratelli e alle sorelle del neonato, che rientrano a pieno titolo tra i soggetti protetti dal rapporto intercorrente tra il medico e la gestante, nei cui confronti la prestazione è dovuta.”

Ritiene il Supremo Collegio che l’indagine della platea dei soggetti aventi diritto al risarcimento, già da tempo operata dalla giurisprudenza di legittimità con riferimento al padre (di recente, Cass. n. 2354/2010), non può non essere estesa, per le stesse motivazioni predicative della legittimazione dell’altro genitore, anche ai fratelli e alle sorelle del neonato, anche a prescindere dagli eventuali risvolti e dalle inevitabili esigenze assistenziali destinate ad insorgere, secondo l’id quod plerumque accidit, alla morte dei genitori. Danno intanto consistente, tra l’altro, nella inevitabile minor disponibilità dei genitori nei loro confronti, in ragione del maggior tempo necessariamente dedicato al figlio affetto da handicap, nonché nella diminuita possibilità di godere di un rapporto parentale con i genitori stessi costantemente caratterizzato da serenità e distensione; le quali appaiono invece non sempre compatibili con lo stato d’animo che ne informerà il quotidiano per la condizione del figlio meno fortunato; consci – entrambi i genitori – che il vivere una vita malformata è di per sé una condizione esistenziale di potenziale sofferenza, pur senza che questo incida affatto sull’orizzonte di incondizionata accoglienza dovuta ad ogni essere umano che si affaccia alla vita qual che sia la concreta situazione in cui si trova – principio cardine non di una sola, specifica morale, ma di una stessa ed universale etica (e bioetica) della persona, caratterizzata dalla insostituibile centralità della coscienza individuale._x000d_
Non sembra, invece, discutibile la predicabilità di una legittimazione attiva del neonato in proprio all’azione di risarcimento._x000d_
Va riconosciuto al neonato/soggetto di diritto/giuridicamente capace (art. 1 c.c.) il diritto a chiedere il risarcimento dal momento in cui è nato, in quanto sul piano giuridico nulla sembra diversificare la situazione soggettiva dell’avente diritto al risarcimento, conseguente alla nascita malformata, da quelle tradizionali pratiche testamentarie di diritto comune attraverso le quali vengono riconosciuti e attribuiti diritti ad una persona che ancora deve nascere. Né rileva, ai fini della predicabilità di tale legittimazione soggettiva, la specularità del senso dell’operazione, poiché non di una volontà ascendente che istituisce un soggetto che nascerà si tratta, bensì di un soggetto che alla sua nascita istituisce retroattivamente se stesso, divenendo così titolare di un diritto soggettivo nuovo, il cui esercizio non richiede, peraltro, la finzione di un soggetto di diritto prenatale._x000d_
Per quanto attiene l’interesse tutelato, deve rilevarsi che il vulnus lamentato da parte del minore malformato non è la malformazione in sé considerata – cioè l’infermità intesa in senso naturalistico o secondo i dettami della scienza medica –, bensì lo stato funzionale di infermità, la condizione evolutiva della vita handicappata intese come proiezione dinamica dell’esistenza, che non è semplice somma algebrica della vita e dell’handicap, ma sintesi di vita ed handicap, sintesi di una vita handicappata._x000d_
La domanda risarcitoria del bambino malformato trova, pertanto, il suo fondamento negli articoli 2, 3, 29, 30 e 32 della Costituzione._x000d_
La legittimazione dell’istanza risarcitoria iure proprio del minore deriva da una omissione colpevole cui consegue non il danno della sua esistenza, né quello della malformazione in sé sola considerata, ma la sua stessa esistenza diversamente abile, che discende a sua volta dalla possibilità legale dell’aborto riconosciuta alla madre in relazione con il feto, non di rappresentante-rappresentato, ma di includente-incluso._x000d_
L’esistenza diversamente abile, in presenza di tutti gli elementi della fattispecie astratta dell’illecito, consente e impone al diritto di intervenire in termini risarcitori, affinché quella condizione umana ne risulti alleviata, assicurando al minore una vita meno disagevole._x000d_
L’evento danno è costituito, nella specie, dalla individuazione di sintesi della “nascita malformata”, intesa come condizione dinamica dell’esistenza riferita ad un soggetto di diritto attualmente esistente._x000d_
Tale evento, nella proiezione dinamica dell’esistente, è apparso riconducibile, secondo un giudizio prognostico ex post, all’omissione di diagnosi della malformazione, atteso che una condotta diligente e incolpevole avrebbe consentito alla donna di esercitare il suo diritto all’aborto (come espressamente dichiarato al medico nel caso di specie)._x000d_
Viene pertanto affermata, sul piano del nesso di condizionamento, la equiparazione quoad effecta tra la fattispecie dell’errore medico che non abbia evitato l’handicap evitabile, ovvero che tale handicap abbia cagionato, e l’errore medico che non ha evitato o ha concorso a non evitare la nascita malformata (evitabile, senza l’errore diagnostico, in conseguenza della facoltà di scelta della gestante)._x000d_
In particolare, la colpevolezza della condotta del medico si è, nella specie, manifestata sotto il duplice profilo della non sufficiente attendibilità del test diagnostico eseguito, in presenza di una esplicita richiesta di informazioni finalizzate, se del caso, all’interruzione della gravidanza da parte della gestante, e dal difetto di informazioni circa la gamma complessiva delle possibili indagini e dei rischi ad esse correlati.