17 Settembre 2012

Risarcimento danno biologico – Invalidità permanente – Liquidazione dalla stabilizzazione dei postumi

“In tema di danno biologico, la cui liquidazione deve tenere conto della lesione dell’integrità psicofisica del soggetto sotto il duplice aspetto dell’invalidità temporanea e di quella permanente, quest’ultima è suscettibile di valutazione soltanto nel momento in cui, dopo il decorso e la cessazione della malattia, l’individuo non abbia riacquistato la sua completa validità con relativa stabilizzazione dei postumi. Ne consegue che il danno biologico di natura permanente deve essere determinato soltanto dalla cessazione di quello temporaneo, giacchè altrimenti la contemporanea liquidazione di entrambe le componenti comporterebbe la duplicazione dello stesso danno.”

Non può liquidarsi il danno biologico permanente con riferimento alla data dell’evento, in quanto l’inabilità permanente postula che la malattia sia cessata e che i postumi si siano stabilizzati e cioè che l’organismo abbia riacquistato un equilibrio, per quanto alterato, stabile. _x000d_
Alla luce di quanto sopra, l’argomentazione svolta nella sentenza censurata dalla Cassazione, secondo cui il danno in considerazione si è verificato, nella sua componente di percentuale di invalidità permanente, fin dal momento dell’accadimento del fatto, contrasta con i principi medico-legali secondo cui a qualsiasi lesione dell’integrità psicofisica consegue sempre un periodo di invalidità temporanea, cui può seguire una invalidità permanente, risultando, questa, esclusa in due casi: quando, decorso il periodo di malattia, la persona risulti completamente guarita, non essendo residuati postumi, oppure quando la malattia abbia esito letale._x000d_
Si consideri, inoltre, che in tema di risarcimento del danno, dovendo la liquidazione essere effettuata in valori monetari attuali, non è necessaria l’espressa richiesta da parte dell’interessato degli interessi legali sulle somme rivalutate, la quale deve ritenersi compresa nella domanda di integrale risarcimento inizialmente proposta e se avanzata per la prima volta in appello comporta una violazione dell’art. 345 c.p.c., atteso che nei debiti di valore il riconoscimento degli interessi c.d. compensativi costituisce una modalità liquidatoria del possibile danno da lucro cessante, cui è consentito al giudice di fare ricorso con il limite dell’impossibilità di calcolarli sulle somme integralmente rivalutate alla data dell’illecito, e che l’esplicita richiesta deve intendersi esclusivamente riferita al valore monetario attuale e all’indennizzo del lucro cessante per la ritardata percezione dell’equivalente in denaro del danno patito._x000d_
Nel merito, viene negata l’estensibilità del giudicato penale all’accertamento della colpa esclusiva dell’imputato, in quanto deve escludersi qualsiasi efficacia extrapenale della sentenza di proscioglimento._x000d_
Costituisce ius receptum nella giurisprudenza della Corte che la questione relativa ad un eventuale concorso di colpa del danneggiato, non risolta con effetto di giudicato nella sede penale, deve essere affrontata nel giudizio civile per il risarcimento del danno, posto che in materia di condanna generica al risarcimento del danno, la serie causale inizia ma non si esaurisce con il fatto o il comportamento potenzialmente dannoso del debitore; essa si svolge, invece, in quel seguito d’accadimenti da accertare nel giudizio di liquidazione, che fanno assurgere quella potenzialità astratta ad attualità concreta, secondo le modalità e la misura da determinarsi caso per caso. Ne consegue che il giudicato di condanna generica del debitore non preclude nel successivo giudizio di liquidazione l’eccezione del concorso di colpa del creditore e il relativo accertamento.