L’inadeguatezza dell’investimento fa presumere il nesso causale tra l’inadempimento e il danno
In materia di intermediazione finanziaria, gli obblighi d'informazione che gravano sull'intermediario, dal cui inadempimento consegue in via presuntiva l'accertamento del nesso di causalità del danno subito dall'investitore, impongono la comunicazione di tutte le notizie conoscibili in base alla necessaria diligenza professionale e l'indicazione, in modo puntuale, di tutte le specifiche ragioni idonee a rendere un'operazione inadeguata rispetto al profilo di rischio dell'investitore, ivi comprese quelle attinenti al rischio di "default" dell'emittente con conseguente mancato rimborso del capitale investito, in quanto tali informazioni costituiscono reali fattori per decidere, in modo effettivamente consapevole, se investire o meno (conf. Cass., n. 12544/17).
Ai fini della valutazione di adeguatezza di tali informazioni, nonché delle omissioni in esse ravvisabili, non rileva che il cliente abbia dichiarato, in sede di stipula del contratto quadro di investimento, di possedere un'esperienza "alta" con riferimento ai prodotti finanziari da acquistare ed un'elevata propensione al rischio, né che egli si sia eventualmente rifiutato di dare indicazioni sulla propria situazione patrimoniale (conf. Cass., n. 18702/16).
La decisione in commento conferma il costante indirizzo giurisprudenziale in ragione del quale l’accertamento dell’omessa informazione, da parte della banca, di tutti gli elementi connotanti l’operazione di investimento, prova, in via presuntiva, che il danno subito dal cliente sia da riferire sul piano eziologico all’inadempimento dell’intermediario finanziario.
La mancata informazione in ordine alla natura dell’investimento viola l’art. 28 del Regolamento Consob n. 11522/1998 e, pertanto, espone l’intermediario a responsabilità.
Nel caso di specie, in particolare, la banca omise di informare il cliente in merito alla natura estera della società emittente nonché sul rating attribuito ai titoli oggetto di negoziazione. Un’omissione del genere – chiarisce la Corte – non può essere sanata dalla circostanza che gli investitori abbiano in precedenza acquistato titoli “rischiosi”, dimostrando una personale propensione al rischio. In ogni caso, infatti, l’intermediario è tenuto a fornire idonee informazioni sia sull’investimento in sé, sia sull’adeguatezza dell’operazione rispetto al profilo di rischio del cliente e ciò a prescindere dal fatto che in precedenza il cliente abbia acquistato un altro titolo a rischio, dal momento che tale circostanza non rende “operatore qualificato” l’investitore.
Dal complesso degli elementi fattuali esaminato dal giudice di merito non era possibile inferire l’adeguatezza dell’operazione di investimento e ciò in quanto gli investitori non avevano manifestato una spiccata propensione al rischio. La raggiunta prova in ordine all’inadeguatezza dell’investimento ha consentito di ritenere dimostrato anche il nesso di causalità tra l’inadempimento imputato alla banca e il conseguente danno lamentato dai clienti (conf. Cass. n. 12544/17).
Rosalia Calandrino