21 Settembre 2017

Randagismo – Oneri probatori a carico del danneggiato

Corte di Cassazione, sezione terza, ordinanza 31 luglio 2017, n. 18954 (pres. Spirito – rel. Tatangelo)
La responsabilità per i danni causati da animali randagi deve ritenersi disciplinata dalle regole generali di cui all’art. 2043 c.c. e non dalle regole di cui all’art. 2052 c.c.; non è quindi possibile riconoscere una siffatta responsabilità semplicemente sulla base della individuazione dell’ente cui le leggi nazionali e regionali affidano in generale il compito di controllo e gestione del fenomeno del randagismo e neanche quello più specifico di provvedere alla cattura e alla custodia degli animali randagi, occorrendo la puntuale allegazione e la prova, il cui onere spetta all’attore danneggiato in base ai principi sulla causalità omissiva, al mancato adempimento di tale condotta obbligatoria (ad esempio perché vi erano state specifiche segnalazioni della presenza abituale dell’animale in un determinato luogo, rientrante nel territorio di competenza dell’ente preposto, e ciò nonostante quest’ultimo non si era adeguatamente attivato per la sua cattura).

In tema di responsabilità per i danni provocati da animali randagi, la Suprema Corte chiarisce che non è possibile riconoscere siffatta responsabilità in mancanza della precisa individuazione di un concreto comportamento colposo ascrivibile agli enti preposti alla gestione del fenomeno del randagismo.
Pertanto, è posto a carico dell’attore danneggiato, in base alle regole generali, l’onere puntuale di allegazione e di prova della condotta obbligatoria esigibile dall’ente e nella specie omessa, e della riconducibilità dell’evento dannoso, in base ai principi della causalità omissiva, al mancato adempimento di tale condotta obbligatoria.
Infatti, applicandosi i principi generali in tema di responsabilità per colpa di cui all’art. 2043 c.c., non è sufficiente individuare semplicemente l’ente preposto alla cattura dei randagi ed alla custodia degli stessi, non essendo materialmente esigibile – anche in considerazione della possibilità di spostamento di tali animali – un controllo del territorio così penetrante e diffuso, ed uno svolgimento dell’attività di cattura così puntuale e tempestiva sul territorio in un determinato momento degli animali randagi.
Occorre dunque che sia specificamente allegato e provato dall’attore che, nel caso di specie, la cattura e la custodia dello specifico animale randagio che ha provocato il danno era nella specie possibile ed esigibile, e che l’omissione di esse sia derivata da un comportamento colposo dell’ente preposto (ad esempio perché vi erano state specifiche segnalazioni della presenza abituale dell’animale in un determinato luogo, rientrante nel territorio di competenza dell’ente preposto, e ciononostante quest’ultimo non si era adeguatamente attivato per la sua cattura).