07 Dicembre 2017

Responsabilità medica – Consenso informato – Onere della prova – Danno-conseguenza relativo alla lesione del diritto all’autodeterminazione – Allegazione implicita

Corte di Cassazione, sezione terza civile, sentenza 28 giungo - 5 luglio 2017, n. 16503 (pres. Travaglino – rel . De Stefano)
In tema di violazione dell’obbligo del consenso informato, è indispensabile che ogni valutazione abbia ad oggetto la comparazione tra la situazione in cui si è venuto a trovare il paziente all’esito dell’espressione del suo consenso malamente informato, con quella in cui si sarebbe comunque trovato se l’intervento sanitario non avesse avuto luogo. In altri termini, occorre che il descritto danno-evento sia correttamente inquadrato nella sua efficienza modificatrice di una sequenza causale preesistente, incanalata lungo un suo sviluppo autonomo, e che il danno-conseguenza da liquidare sia solo quello derivante dalla modificazione del corso degli eventi cagionata dal consenso male informato rispetto a quanto poteva dirsi sviluppo normale – cioè senza l’intervento o la pratica sanitaria – della situazione in atto al momento in cui l’intervento o la pratica sanitaria oggetto del consenso è stato eseguito.

Il diritto ad essere correttamente informati al fine di poter esprimere un consenso al trattamento sanitario sulla propria persona va attentamente ricostruito alla stregua dei principi generali già affermati a partire dalla sentenza n. 26972/2008 delle Sezioni Unite, come di seguito indicato:
– la lesione del diritto ad esprimere il c.d. consenso informato da parte del medico si verifica per il sol fatto che egli tenga una condotta che lo porta al compimento sulla persona del paziente di atti medici senza avere acquisito il suo consenso;
– il c.d. danno evento cagionato da tale condotta è rappresentato dallo stesso estrinsecarsi dell’intervento sulla persona del paziente senza la previa acquisizione del consenso, cioè, per restare al caso dell’intervento chirurgico, dall’esecuzione senza tale consenso dell’intervento sul corpo del paziente; danno evento in questione che risulta, dunque, dalla tenuta di una condotta omissiva seguita da una condotta commissiva;
– il danno conseguenza è invece rappresentato dall’effetto pregiudizievole che la mancata acquisizione del consenso e, quindi, il comportamento omissivo del medico, seguito dal comportamento positivo di esecuzione dell’intervento, ha potuto determinare sulla sfera della persona del paziente, considerata nella sua rilevanza di condizione psico-fisica posseduta prima dell’intervento, e può consistere in:
a) sofferenza e contrazione della libertà di disporre di sé stesso, psichicamente e fisicamente, patite dal paziente in ragione dello svolgimento sulla sua persona dell’esecuzione dell’intervento, durante la sua esecuzione e nella relativa convalescenza;
b) eventualmente, diminuzione che lo stato del paziente subisce a livello fisico per effetto dell’attività demolitoria, che abbia eventualmente eliminato, sebbene a fini terapeutici, parti del corpo o le funzionalità di esse: poiché tale diminuzione avrebbe potuto verificarsi solo se assentita sulla base dell’informazione dovuta e si è verificata in mancanza di essa, si tratta di conseguenza oggettivamente dannosa, che si deve apprezzare come danno conseguenza indipendentemente dalla sua utilità rispetto al bene della salute del paziente, che è bene diverso dal diritto di autodeterminarsi rispetto alla propria persona, ancorché in modo di riflesso incidente sul bene della salute;
c) se del caso, con riferimento alla possibilità che, se il consenso fosse stato richiesto, la facoltà di autodeterminazione avrebbe potuto indirizzarsi nel rivolgersi per l’intervento medico altrove, qualora si riveli che sarebbe stata possibile in relazione alla patologia l’esecuzione di altro intervento vuoi meno demolitorio vuoi anche solo determinativo di minore sofferenza, si verifica anche un danno conseguenza rappresentato da vera e propria perdita, questa volta relativa proprio ad aspetti della salute del paziente.
Delle sequenze causali che diano esito nelle conseguenze suddette, almeno la prima sub a) corrisponde allo sviluppo di circostanze connotate da normalità, ovverosia da normale frequenza statistica, corrispondendo all’id quod plerumque accidit, e potendo quindi ritenersi di regola esentata da prova specifica, salvi la contestazione della controparte o l’onere dell’allegante che intenda giovarsi di fatti ancora più favorevoli a sé.
Infatti, è da ritenersi immediata, siccome riferita al foro interno della coscienza dell’individuo e sostanzialmente da questa inscindibile perché risolta nella stessa attività di percezione ed elaborazione di quelli, la compromissione della genuinità dei processi decisionali fondati su dati alterati o incompleti per l’incompletezza delle informazioni.
Solo per i danni conseguenza di cui alle lettere b) e c), man mano che ci si allontana dalla sequenza causale normale e che si amplia il ventaglio di opzioni liberamente percorribili o di esiti possibili, occorre un’allegazione prima e una prova poi sempre più puntuale e specifica.
Pertanto, il paziente, al fine di allegare e provare i danni conseguenza correlati alla lesione della sua libertà di autodeterminazione – sulla base di presunzioni o comunque di quanto accade secondo criteri di normalità -, ha solo l’onere di allegare e provare l’incompletezza o inadeguatezza dell’informazione ricevuta prima di sottoporsi alla rischiosa operazione. Fermo restando, tuttavia, che tale specifica lesione non corrisponde mai al danno subito all’integrità fisica, attesa l’ontologica diversità dei due diritti lesi, quello all’autodeterminazione e quello all’integrità fisica.
Solo per le ulteriori e più gravi conseguenze, quali la decisione di non sottoporsi all’intervento, l’acquisizione di pareri o soluzioni alternative, etc., è necessaria una specifica allegazione e prova, nel caso di specie mai prospettata e articolata.