09 Ottobre 2017

Responsabilità medica – Violazione del dovere di informazione – Nascita indesiderata

Corte di Cassazione, sezione terza civile, sentenza 28 febbraio 2017, n. 5004 2017, n. 243 (pres. Chiarini – rel. Rubino)
Il comportamento dello specialista di fiducia ginecologo che a fronte di una, per quanto rara, alterazione cromosomica del feto rinvii per più dettagliate informazioni la paziente non ad uno specialista della alterazione stessa, ai fini di una informazione di maggiore competenza dopo la propria informazione generale sulle ricadute della alterazione cromosomica, ma a soggetto non maggiormente specializzato e neppure legato alla paziente da un pregresso rapporto di fiducia, come il laboratorio di analisi, non integra un idoneo assolvimento dei doveri di informazione e non libera il professionista dalla sua responsabilità per mancata formazione di un consenso informato. Allo stesso modo il dovere di informazione del laboratorio specialistico di diagnostica non si arresta alla verifica della anomalia, ma, a specifica richiesta della paziente, importa la necessità di soddisfare le sue richieste di informazioni anche in relazione alle più probabili conseguenze di tali anomalie.

Nel caso di specie, relativo agli obblighi di informazione posti a carico del ginecologo e del laboratorio di diagnostica a seguito dell’accertamento di una alterazione cromosomica del feto, la Suprema Corte rileva che il comportamento del medico che, individuata tramite un particolare esame la presenza della alterazione cromosomica, si limiti a comunicare il dato alla propria paziente per poi indirizzarla al centro di genetica per avere ulteriori informazioni sull’esito dell’esame, non integra un comportamento idoneo a liberare il medico ginecologo dall’onere di dare una informazione completa sui possibili rischi di una gravidanza connessi ad una per quanto poco frequente alterazione cromosomica.
Ciò in quanto, laddove sia stata rilevata una alterazione cromosomica a carico del feto, il compito del professionista di fiducia non si esaurisce nell’indicare alla paziente la presenza dell’alterazione, ma esso è necessariamente comprensivo, in particolare ove gli sia stato richiesto, di un approfondimento in ordine alle conseguenze di tale alterazione, alle percentuali di verificabilità, alle alterazioni della qualità della vita dei genitori e del nascituro ipotizzabili, alla riconducibilità di tali possibili conseguenze ad una scelta abortiva libera o alla indicazione se esse comportino rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro che possano determinare un grave pericolo per la salute psichica o fisica della donna, tali da legittimare una interruzione della gravidanza oltre i primi novanta giorni. L’informazione dovuta deve essere in altre parole comprensiva di tutti gli elementi per consentire alla paziente una scelta informata e consapevole, sia essa volta alla interruzione della gravidanza ovvero alla prosecuzione della stessa con esiti che potranno comportare delle problematicità da affrontare.
Allo stesso modo, non può ritenersi che il laboratorio di analisi diagnostica e il genetista abbiano assolto ai loro doveri di informazione qualora, nonostante la specifica richiesta di informazioni da parte della paziente, si siano limitati a reindirizzare la gestante al ginecologo di fiducia, opponendo di avere terminato i loro compiti una volta accertata l’alterazione.