06 Marzo 2017

Illegittimità della segnalazione alla Centrale Rischi e risarcimento del danno

“Nell’ipotesi disciplinata dall’art. 2050 c.c., ed in particolare in quella dell’illegittima segnalazione alla centrale rischi, il consequenziale danno non può essere considerato in re ipsa, ossia non può essere reputato sussistente per il fatto stesso dello svolgimento dell’attività pericolosa; infatti, il danno è una conseguenza dell’illecito (ovvero dell’inadempimento), ossia della lesione dell’interesse protetto, conseguenza riguardata dall’ordinamento sotto specie di “perdita” ovvero di “mancato guadagno”, collegati alla lesione dell’interesse protetto in forza del nesso di causalità”.

La vicenda decisa dalla pronuncia in commento prende le mosse da una errata segnalazione alla Centrale rischi di una posizione debitoria a sofferenza. Premesso che la suddetta segnalazione può essere legittimamente effettuata soltanto in presenza di una grave difficoltà economica, che non può scaturire automaticamente da un mero ritardo nel pagamento del debito, nella fattispecie concreta la mancata produzione in giudizio da parte della banca del contratto di finanziamento che avrebbe dato origine alla posizione a sofferenza ha condotto alla dichiarazione di illegittimità della segnalazione, con conseguente ordine di cancellazione del nominativo dalla centrale rischi.
Il giudice di merito, pur riconoscendo l’illegittimità della segnalazione alla centrale rischi ha escluso il diritto al risarcimento dei danni lamentati dal ricorrente.
La segnalazione alla centrale rischi – a detta del cliente ricorrente – avrebbe determinato l’impossibilità di ottenere la concessione di linee di credito presso tre diversi istituti causando un pregiudizio risarcibile ai sensi dell’art. 2050 c.c.
Il richiamo all’art. 2050 c.c., disciplinante la responsabilità per l’esercizio di attività pericolosa, non esonera il ricorrente dal provare l’esistenza del danno, che non può essere considerato in re ipsa.
La fattispecie di responsabilità in esame, infatti, richiede comunque l’accertamento che un danno vi sia e che sia eziologicamente legato all’attività pericolosa. Diversamente opinando si attribuirebbe al risarcimento del danno una funzione sanzionatoria che non gli è propria; la tutela risarcitoria, infatti, mira a compensare la perdita subita e non a sanzionare sic et simpliciter comportamenti illeciti dai quali non siano derivate perdite.
Nel caso di specie, mancando la prova del pregiudizio da diniego di accesso al credito, non poteva essere riconosciuto il diritto al risarcimento del danno, pur dovendosi confermare l’illegittimità della segnalazione alla centrale rischi.

Cass. Civ., sez. I, 25 gennaio 2017, n. 1931