23 Gennaio 2017

Mediazione obbligatoria: il rifiuto scritto a partecipare al primo incontro non giustifica l’assenza della parte

“In materia di mediazione obbligatoria la condotta della parte che non si reca al primo incontro di mediazione e si limita a rappresentare per iscritto all’organismo di mediazione la decisione di non partecipare allo stesso, eventualmente anche illustrandone le ragioni, va interpretata alla stregua di una assenza ingiustificata della parte invitata, che la espone al rischio di subire le conseguenze sanzionatorie, sia sul piano processuale che su quello pecuniario, previste dall’art. 8, comma 4 bis, D.Lgs. n. 28/10”.

La controversia dalla quale trae origine il provvedimento in commento aveva ad oggetto una domanda di accertamento della nullità di un contratto di mutuo per applicazione di interessi usurari e, quindi, rientrava tra le materie per le quali l’art. 5, comma 1 bis, D.Lgs. n. 28/10 prevede come obbligatorio il previo esperimento del procedimento di mediazione.
La banca, invitata a comparire per il primo incontro innanzi al mediatore, inviava una comunicazione all’organismo di mediazione dichiarando la propria volontà di non parteciparvi.
Trattasi di una prassi assai diffusa che, però, la giurisprudenza in più occasioni ha sanzionato, condannando la parte costituita che non abbia partecipato al procedimento, in assenza di giustificato motivo, al pagamento della sanzione pecuniaria di cui all’art. 8, comma 4 bis, D.Lgs. n. 28/2010 (“versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio”).
Nel caso di specie la mancata verbalizzazione del contenuto della comunicazione suddetta da parte della segreteria dell’organismo di mediazione ha indotto il giudice a ritenere insussistenti valide ragioni giustificatrici del rifiuto della banca.
Pur nutrendo più di una perplessità in merito alla menzionata valutazione del Giudice che, in mancanza di dati certi e obiettivi, ha considerato privo di giustificazione il rifiuto dell’Istituto di credito, non può sottacersi che l’ordinanza in commento si allinea ad un indirizzo giurisprudenziale pressoché costante.
In particolare, il rifiuto a prendere parte al primo incontro di mediazione può essere considerato legittimo – come sottolineato dai primi commentatori della previsione normativa de qua – soltanto in presenza di ragioni obiettive, quali ad esempio: la distanza tra il luogo di residenza del convenuto e la sede dell’organismo di mediazione; l’assoluta e manifesta infondatezza della pretesa dell’istante (Trib. Roma, sez. XIII, 30 ottobre 2014); la previa instaurazione di un altro procedimento di mediazione; l’inidoneità dell’organismo di mediazione; la mancata o inidonea comunicazione della domanda di mediazione; l’invito a partecipare ad una procedura di mediazione innanzi ad un organismo diverso da quello pattuito nella clausola di mediazione.
E converso, l’insuperabilità dei motivi di contrasto (Trib. Vasto, ordinanza 23 aprile 2016) o la necessarietà dell’espletamento di una consulenza tecnica d’ufficio non costituiscono validi motivi di rifiuto.
La decisione in commento si arricchisce di un’ulteriore argomentazione degna di nota: “il dissenso alla mediazione, ai fini della sua validità, deve essere non solo personale, ma anche consapevole, informato e, soprattutto motivato”.
Il dissenso, quindi, oltre a dover essere motivato, deve anche provenire dalla parte personalmente e non dal suo difensore, ed essere espresso in modo consapevole, previa acquisizione delle necessarie informazioni.
Sulla natura necessariamente personale del rifiuto a partecipare alla procedura di mediazione è possibile rinviare, quale presupposto logico, al dominante indirizzo che ritiene obbligatoria la presenza della parte; in particolare, in forza di tale orientamento è “indispensabile che al primo incontro innanzi al mediatore siano presenti le parti personalmente (assistite dal difensore), non essendo sufficiente che compaia unicamente il difensore, nella veste di delegato della parte” (Trib. Modena, 2 maggio 2016); infatti “la mediazione non potrà considerarsi esperita con un semplice incontro preliminare tra i soli legali delle parti” (Trib. Pavia, 18 maggio 2015).
Sul punto, però, è possibile menzionare una pronuncia contraria, espressiva dell’indirizzo minoritario, in ragione della quale “ai fini dell’assolvimento della condizione di procedibilità prevista dall’art. 5, comma 1 bis, D.Lgs. n. 28/2010, non è necessario che partecipino alla mediazione le parti personalmente”, ritenendo possibile l’intervento del solo difensore munito di procura alle liti (art. 83 c.p.c.). Il tribunale di Verona, con sentenza del 28 settembre 2016, ha osservato che la norma de qua non prescrive la presenza obbligatoria della parte, la quale, quindi, può delegare il proprio difensore alla partecipazione alla procedura di mediazione e ciò in forza dell’art. 83 c.p.c.; inoltre, ritenere improcedibile la domanda in tal caso determinerebbe l’applicazione di una sanzione più grave di quella prevista nell’ipotesi in cui la parte ometta di partecipare alla procedura senza un giustificato motivo. In quest’ultimo caso, infatti, come esposto, la parte è condannata al pagamento di una sanzione pecuniaria e dal suo comportamento il giudice può desumere argomenti di prova ai sensi dell’art. 116 c.p.c.
Come anticipato, trattasi di orientamento minoritario, a fronte del costante indirizzo della giurisprudenza, teso a negare che la partecipazione a mezzo di difensore possa soddisfare la condizione di procedibilità in esame (ex multis: Trib. Firenze, 19 marzo 2014; Trib. Pavia, 9 marzo 2015; Trib. Vasto, 9 marzo 2015; Trib. Roma, sez. III, 19 febbraio 2015; Trib. Roma, 14 dicembre 2015).
Il dissenso – stando alla pronuncia in commento – deve altresì essere informato e, quindi, consapevole, nel senso che deve essere preceduto da un’adeguata opera di informazione del mediatore circa la ratio dell’istituto, le modalità di svolgimento della procedura, i possibili vantaggi rispetto ad una soluzione giudiziale della controversia, i rischi connessi ad un eventuale rifiuto. In tal senso si nega validità ad un rifiuto preventivo e senza giustificato motivo.

Trib. Vasto, ordinanza 6 dicembre 2016