02 Aprile 2013

Art. 96 c.p.c. – Lite temeraria – Presupposti per la condanna d’ufficio – Mala fede o colpa grave

“Il presupposto per l’applicazione d’ufficio della condanna per lite temeraria di cui all’art. 96, comma terzo, c.p.c., è il medesimo previsto dal primo comma, ossia che la parte soccombente abbia agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave.”

Il decidente, soffermandosi ad analizzare i presupposti della condanna d’ufficio per lite temeraria, chiarisce che il richiamo alla mala fede ed alla colpa grave sono indispensabili per una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 96 c.p.c. Infatti, se si prescindesse dai suddetti requisiti, il solo agire o resistere in giudizio sarebbe sufficiente a giustificare la condanna, con pregiudizio del parametro di cui all’art. 24 Cost., ed il giudice sarebbe privo di elementi oggettivi cui ancorare la propria valutazione._x000d_
A ulteriore sostegno di tale esegesi militerebbe l’argomento costituito dalla abrogazione dell’ultimo comma dell’art. 385 c.p.c., secondo cui la Corte di Cassazione aveva la possibilità di condannare d’ufficio la parte soccombente che avesse agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave._x000d_
Il decidente reputa incongruente la tesi che la condanna d’ufficio per lite temeraria possa prescindere del tutto dai predetti requisiti soggettivi, i quali, in quanto previsti dal primo comma dell’art. 96 c.p.c., integrano “verticalmente” la nuova ipotesi._x000d_
Ovviamente, la mala fede e la colpa grave non possono essere desunti da comportamenti specifici della parte secondo un giudizio di inferenza proprio dell’accertamento della sussistenza dei fatti illeciti, civili e penali._x000d_
Nel caso di specie, è apparsa sufficientemente sintomatica di una colpa grave connotante la condotta processuale della convenuta, la circostanza che alcuni dei suoi assunti sono stati smentiti dalla documentazione che essa stessa ha prodotto.