Azione diretta terzo trasportato ex art. 141 cda: non si tratta di responsabilità oggettiva. Il caso fortuito (costituito da fatto del terzo) esclude il risarcimento da parte del vettore.

Cass. Civ., sez. III, sentenza 13 febbraio 2019, n. 4147 (rel. C. Graziosi)

L'art. 141 CdA, in conseguenza del riferimento al caso fortuito - nella giuridica accezione inclusiva delle condotte umane - come limite all'obbligo risarcitorio dell'assicuratore del vettore verso il trasportato danneggiato nel sinistro, richiede che il vettore sia almeno corresponsabile del sinistro quale presupposto della condanna risarcitoria del suo assicuratore; una volta accertato l'an della responsabilità del vettore, non occorre accertare quale sia la misura di responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti, dovendo comunque l'assicuratore del vettore risarcire in toto il trasportato, salva eventuale rivalsa verso l'assicuratore di altro corresponsabile o di altri corresponsabili della causazione del sinistro.
La totale assenza di responsabilità del vettore deve essere inoltre dimostrata dal suo assicuratore provando che il caso fortuito è stata l'unica causa del sinistro, salvo che l'assicuratore di un altro dei veicoli coinvolti non intervenga e non lo esoneri dall'obbligo risarcitorio dichiarando la esclusiva responsabilità del proprio assicurato, in tal caso il giudice dovendo subito estromettere l'assicuratore del vettore, la domanda risarcitoria rivolgendosi ex lege verso l'assicuratore intervenuto.

Il mancato uso delle cinture di sicurezza riduce l’entità del risarcimento

Cass. Civ., sez. III, ordinanza 30 gennaio 2019, n. 2531 (rel. A. Moscarini)

La consolidata giurisprudenza di legittimità ritiene che, qualora la messa in circolazione di un veicolo in condizioni di insicurezza sia ricollegabile oltre che all'azione o all'omissione del conducente, il quale deve controllare, prima di iniziare o proseguire la marcia, che questa avvenga in conformità delle normali norme di prudenza e sicurezza, anche al fatto del trasportato, che ha accettato i rischi della circolazione, si verifica un'ipotesi di cooperazione colposa dei predetti nella condotta causativa dell'evento dannoso. Pertanto, in caso di danni al trasportato medesimo, sebbene la condotta di quest'ultimo non sia idonea di per sé ad escludere la responsabilità del conducente, né a costituire valido consenso alla lesione ricevuta, vertendosi in materia di diritti indisponibili, essa può costituire nondimeno un contributo colposo alla verificazione del danno, la cui quantificazione in misura percentuale è rimessa all'accertamento del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità se correttamente motivato (Cass., 3, n. 4993 dell'11/3/2004; Cass., 3, n. 10526 del 13/5/2011; Cass., 3, n. 6481 del 14/3/2017).
In particolare, il conducente è responsabile dell'utilizzo delle cinture di sicurezza da parte del passeggero, sicché la causazione del danno da mancato utilizzo è imputabile sia a lui che al passeggero e importa una riduzione dell'entità del risarcimento dovuta al terzo trasportato. (Si veda, al riguardo, Cass. n. 18177 del 2007: «In materia di responsabilità civile, in caso di mancata adozione delle cinture di sicurezza da parte di un passeggero, poi deceduto, di un veicolo coinvolto in un incidente stradale, verificandosi un'ipotesi di cooperazione nel fatto colposo, cioè di cooperazione nell'azione produttiva dell'evento, è legittima la riduzione proporzionale del risarcimento del danno in favore dei congiunti della vittima.>>).

Art. 141 CdA: il terzo trasportato può esercitare azione diretta a prescindere dall’operatività della convenzione CARD

Cass. Civ., sez. III, ordinanza 18 gennaio 2019, n. 1279 (rel. F. Fiecconi)

L'art. 141 C.D.A., di derivazione comunitaria, assegna una garanzia diretta alle vittime dei sinistri stradali in un'ottica di tutela sociale che fa traslare il "rischio di causa" dal terzo trasportato, vittima del sinistro, sulla compagnia assicuratrice del trasportante, e prescinde dall'accertamento della responsabilità dell'incidente, sollevando il terzo da rischi e oneri connessi alla ricerca del responsabile e della sua compagnia assicuratrice. L'interesse di tutela del terzo che dovrà essere comunque risarcito prevale dunque su ogni questione inerente alla ricerca del responsabile, con esclusione, appunto, del solo caso fortuito che toglie spazio ad ogni possibilità di imputare a chicchessia la responsabilità dell'occorso (così anche si è espressa Cass. III civile, sentenza n. 16181 il 30/07/2015).
Riconoscendo tale strumento di tutela, aggiuntiva, al terzo trasportato, la giurisprudenza - con eccezione della sola ipotesi del fortuito che rimane un rischio accollato al terzo come anche all'assicurato - ha quindi disancorato il soddisfacimento del diritto risarcitorio del terzo, comunque dovuto, dalla necessità di coinvolgere in giudizio il responsabile civile e il suo assicuratore, e così anche dagli aspetti puramente interni alla convenzione assicurativa, che riguarda l'assicurazione del trasportato o del responsabile civile, trasferendo sull'assicurazione del trasportante il rischio inerente a irregolarità o invalidità della assicurazione, entro i limiti del massimale convenuto ( v. Cass. Sez. 3 num. 16477/ 2017).
L'interpretazione che accorda massima tutela alla vittima si armonizza con quanto sancito dalla Corte di Giustizia dell'Unione europea in tema di direttive sull' assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione di autoveicoli, ove la disciplina di diritto interno deve essere interpretata considerando la prevalenza della qualità di vittima-avente diritto al risarcimento su quella di assicuratoresponsabile, in conformità al principio solidaristico "vulneratus ante omnia reficiendus" in virtù del quale il terzo trasportato ha un incondizionato diritto al risarcimento del danno alla persona causato da circolazione, anche illegale o contra pacta, del mezzo da parte dell'assicuratore del vettore. In proposito, la Corte di Giustizia ha ritenuto nullo ogni patto che condizioni all'identità del conducente la copertura assicurativa del trasportato, rendendo inefficaci e disapplicabili le cd. "clausole di guida esclusiva" (cfr. Corte di Giustizia, sentenza del 10.12.2011, nel caso C-442/10, Churchill Insurance Company and Evans c. Wilkinson).
Questa Corte, pertanto, non intende discostarsi dal succitato orientamento che ha già indotto a ritenere che il proprietario del veicolo che al momento del sinistro viaggi in qualità di trasportato ha diritto ad ottenere dall'assicuratore il risarcimento del danno derivante dalla circolazione del mezzo, senza che assuma rilevanza la sua eventuale corresponsabilità nel sinistro per averne consentito la circolazione da persona non abilitata o in stato di ebbrezza, salva l'applicazione, in detta ipotesi, dell'art. 1227 cod. civ. (Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 1269 del 19/01/2018).

Il danno non patrimoniale “da uccisione” e i suoi limiti risarcitori

Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 13 dicembre 2018, n. 32372 (Rel. Rossetti)

In tema di "danno da uccisione", le espressioni "danno terminale", "danno tanatologico", "danno catastrofale" non corrispondono ad alcuna categoria giuridica, ma possono avere al massimo un valore descrittivo, e neanche preciso;
- il danno da invalidità temporanea patito da chi sopravviva quodam tempore ad una lesione personale mortale è un danno biologico, da accertare con gli ordinari criteri della medicina legale, e da liquidare avendo riguardo alle specificità del caso concreto;
- la formido mortis patita da chi, cosciente e consapevole, sopravviva quodam tempore ad una lesione personale mortale, è un danno non patrimoniale, da accertare con gli ordinari mezzi di prova, e da liquidare in via equitativa avendo riguardo alle specificità del caso concreto.

Circolazione stradale: il sorpasso di velocipedi e motocicli deve avvenire ove sia possibile lasciare una distanza laterale di sicurezza

Cass. Civ., sez. III, sentenza 30 novembre 2018, n. 31009 (Rel. Gianniti)

Il conducente di un qualsiasi veicolo, nel sorpassare velocipedi e motocicli, aventi di per sé un equilibrio particolarmente instabile, deve lasciare una distanza laterale di sicurezza, che tenga conto delle oscillazioni e deviazioni che le accidentalità della strada o altre cause possano rendere più o meno ampie nel veicolo sorpassato. Tale obbligo di cautela risulta particolarmente intenso nei casi in cui il velocipide o il motociclo che precede nella marcia manifesti anomalie nella guida, da cui possa ragionevolmente prevedersi che la manovra di sorpasso comporti ragione di intralcio della circolazione e motivo di pericolo per gli utenti della strada, così che in tali evenienze il conducente é tenuto a rinunciare al sorpasso, attendendo che le condizioni di marcia e quelle ambientali consentano di procedere alla manovra senza mettere in pericolo la incolumità di alcuno. A tale conclusione conduce anche l'interpretazione dell'art. 106 comma 1 c.d.s., che, in tema di sorpasso, richiede "spazio libero sufficiente". Detta espressione, invero, deve essere intesa riferita non soltanto alla distanza che separa il conducente da eventuali ostacoli, che si trovino o sopraggiungano nell'opposta corsia di marcia, ma anche alla distanza laterale dalla sinistra del veicolo da sorpassare, che deve essere adeguata. Pertanto - ogniqualvolta detto spazio manchi o sia insufficiente per qualsiasi motivo - il conducente del mezzo, che si accinge al sorpasso, deve desistere dalla manovra finché non sia possibile effettuare la stessa senza pericolo. Il sorpasso, si ribadisce, postula condizioni di assoluta sicurezza: pertanto, il conducente non può esimersi dall'obbligo di rinunciarvi quando, per la mancanza di un congruo spazio libero, in una valutazione di comune prudenza, possa apparire che la relativa manovra sia malagevole e pericolosa.

Responsabilità da sinistri: la ricostruzione della dinamica rientra tra gli accertamenti di fatto effettuabili dal solo Giudice di merito

Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 14 novembre 2018, n. 29272 (Rel. Cirillo)

In materia di responsabilità da sinistri derivanti dalla circolazione stradale, la ricostruzione delle modalità del fatto generatore del danno, la valutazione della condotta dei singoli soggetti che vi sono coinvolti, l'accertamento e la graduazione della colpa, l'esistenza o l'esclusione del rapporto di causalità tra i comportamenti dei singoli soggetti e l'evento dannoso, integrano altrettanti giudizi di merito, come tali sottratti al sindacato di legittimità se il ragionamento posto a base delle conclusioni sia caratterizzato da completezza, correttezza e coerenza dal punto di vista logico-giuridico (v., tra le altre, le sentenze 23 febbraio 2006, n. 4009, 25 gennaio 2012, n. 1028 e 30 giugno 2015, n. 13421, nonché l'ordinanza 22 settembre 2017, n. 22205, e la sentenza 17 gennaio 2018, n. 908).

Azione di rivalsa: non è onere dell’assicuratore provare l’adeguatezza e congruità dell’indennizzo

Cass.Civ., Sez. VI, ordinanza 12 ottobre 2018, n. 25429 (Rel. Positano)

L'assicuratore ha diritto di rivalsa verso l'assicurato nella misura in cui avrebbe avuto contrattualmente diritto di rifiutare o ridurre la propria prestazione. Nella motivazione della sentenza impugnata la Corte di merito ha evidenziato che la pretesa fatta valere in via di rivalsa dalla Compagnia assicuratrice andava disattesa, in difetto di prova idonea circa la congruità e l'adeguatezza dell'indennizzo corrisposto, prova che l'assicuratore non aveva fornito, avendo omesso di indicare elementi utili ad individuare l'adeguatezza dell'importo versato ai danni patiti dai trasportati. Ma, tale affermazione è erronea. L'assicurato può contrastare la domanda di regresso formulando tutte le possibili eccezioni in ordine alla sua responsabilità ed alla entità del risarcimento. In applicazione del ricordato principio, qualora il debitore eccepisca la sussistenza di circostanze liberatorie, totali o parziali, dall'obbligo di risarcimento è a carico di colui che formula l'eccezione, l'onere della prova di dette circostanze, come del resto può desumersi dal contenuto dell'articolo 1227 c.c. Non può, quindi, condividersi l'affermazione fatta dalla Corte di Appello che ha posto a carico della compagnia la prova dell'adeguatezza della somma corrisposta ai danni subiti dai trasportati dovendo, invece, la detta prova gravare sull'assicurato o comunque sul proprietario che abbia contestato la congruità dell'importo versato; nello specifico rileva questa Corte che l'assicurato avrebbe potuto intervenire nella procedura stragiudiziale, chiedere l'accesso agli atti e formulare mezzi di prova sulla dinamica e riguardo ai criteri di quantificazione del danno.

Presunzione di colpa ex art. 2054 c.c. e suo superamento

Cass. civ., Sez. VI, ordinanza 10 ottobre 2018, n. 25143 (Rel. Pellecchia)

In tema di circolazione stradale e di sinistri derivanti dallo scontro di veicoli, per superare la presunzione di colpa ex art. 2054, c. 2, c.c., non basta limitarsi a dimostrare una quota di colpa del concorrente, ma si deve offrire anche la prova di un comportamento che dimostri l'assenza di colpa del soggetto ( tra le tante, Cass., sez. III, sent. n. 23431/2014: "In tema di responsabilità derivante da circolazione stradale, nel caso di scontro tra veicoli, ove il giudice abbia accertato la colpa di uno dei conducenti, non può, per ciò solo, ritenere superata la presunzione posta a carico anche dell'altro dall'art. 2054, secondo comma, cod. civ., ma è tenuto ad verificare in concreto se quest'ultimo abbia o meno tenuto una condotta di guida corretta").

Polizze “vita”: mancata risposta al questionario e annullabilità del contratto – Dichiarazioni reticenti

Cass. Civ., Sez. III, ordinanza 5 ottobre 2018, n. 24563 (Rel. Fiecconi)

Per valutare la correttezza del comportamento assunto dall'assicurato in rapporto agli obblighi informativi cui era tenuto nello stipulare la polizza "vita", il giudice, dunque, deve porre la sua attenzione sugli elementi denotanti le condizioni di salute, presenti al tempo della sottoscrizione della polizza, già noti o conoscibili da parte dell'assicurato in base a un criterio di ordinaria di diligenza, senza tener conto di quanto accaduto ex post se non in termini di ulteriore elemento di riscontro circa il collegamento logico-temporale con lo stato pregresso di salute. La pronuncia impugnata dimostra, invece, di non aver adeguatamente considerato i criteri dettati dalla Corte di legittimità per svolgere una corretta applicazione della norma, che impone un adeguato scrutinio del complessivo contegno tenuto dall'assicurato al momento della stipula del contratto di assicurazione, riportando la situazione ex ante. La Corte d'appello, in particolare, ha trascurato la rilevanza del questionario sottoposto al paziente, le cui mancate risposte sono da valutarsi unitamente agli esiti di pregressi ricoveri, indagini e analisi mediche e alle eventuali cure intraprese, conosciuti dall'assicurato al tempo della stipula del contratto.

Assicurazione contro il rischio di incendio: la clausola che prevede la corresponsione dell’indennizzo soltanto dopo che le cose distrutte siano state riparate o sostituite non è limitativa della responsabilità dell’assicuratore

Cass. Civ., Sez. III, ordinanza 5 ottobre 2018, n. 24562 (Rel. Fiecconi)

La tesi dell'apposizione di una condizione che, se non realizzata, faccia venir meno la pretesa contrattuale, dal giudice del merito è stata ritenuta non delimitativa della responsabilità, in quanto riferita a un diritto di indennizzo, derivante da un contratto di assicurazione contro il rischio di incendio, ove l' onere di preventivo esborso a carico dell'assicurato non ha snaturato il rischio oggetto dell'assicurazione, ma ha limitato l'oggetto della prestazione al rimborso delle spese di riparazione di stampi industriali di cui non è stata neanche dimostrata la obiettiva irrealizzabilità. La clausola, che sul piano formale è risultata essere specificamente sottoscritta, è stata ritenuta meritevole di tutela perché non impone una delimitazione di responsabilità sull'assicuratore, ma pone una condizione lecita e possibile, delimitante l' oggetto della prestazione assicurativa, che è stata preventivamente accettata dall'assicurato e, pertanto, non è in grado di snaturare la ripartizione del rischio di incendio indicato nel contratto di assicurazione. Pertanto, anche volendo valutare l'interpretazione data sotto lo spettro di un'interpretazione complessiva che attribuisce a ciascuna clausola il senso che risulta dal complesso dell'atto ( 1363 cod. civ. ), e che comunque assicura un'interpretazione a favore del contraente più debole ( art. 1370 co.civ. ), è il caso di sottolineare che l'indennizzo che «verrà corrisposto dalla società soltanto dopo che le cose distrutte o danneggiate saranno state riparate » dalla Corte di merito è stato ritenuto essere frutto di un bilanciamento di interessi preventivamente valutati al tempo della stipula del contratto, e ciò al fine di determinare il premio assicurativo corrispondente al rischio assicurato. La pattuizione, pertanto, nell'economia del contratto di assicurazione, è stata intesa nel senso di circoscrivere l'adempimento della prestazione all'esborso, per sua natura non inesigibile, che l'assicurato deve affrontare per la riparazione. Un giudizio di tal tenore, pertanto, appare del tutto congruente con i criteri indicati da questa Corte di legittimità per scrutinare la validità delle condizioni apposte nel contratto di assicurazione. Esso, dunque, è incensurabile in tale sede.