11 Novembre 2008

Circolazione stradale – Investimento di pedone – Ammissione di responsabilità ad opera del conducente del veicolo – Effetti – Onere della prova contraria a carico dell’assicuratore – Sussistenza

“Nel caso di investimento del pedone, sulle strisce pedonali, da parte di un ciclomotorista, che ammette la circostanza, al pedone che deduce la colpa del conducente giova la disciplina del co. 1° dell’art. 2054 c.c. ed è pertanto l’assicuratore che ha l’onere della prova di una eventuale colpa concorrente o esclusiva, non essendo sufficiente una mera difesa in ordine alla verifica dell’esistenza del fatto. Pertanto, la verifica dell’an debeatur dell’illecito da circolazione deve considerarsi dal complesso degli elementi obiettivi e confessori raccolti in atti, che potranno essere contrastati soltanto da specifici elementi contrari di valutazione”.

Nel caso di specie una moto investe un pedone mentre attraversa la strada sulle strisce pedonali. Il guidatore rilascia al pedone investito una dichiarazione nella quale riconosce la propria responsabilità. Nonostante ciò, l’azione diretta svolta dal pedone infortunato nei confronti della compagnia assicuratrice e del ciclomotorista viene respinta sia in primo che in secondo grado per mancanza di prova del fatto storico. _x000d_
La S.C. con la sentenza in epigrafe capovolge le decisioni di merito stabilendo, per il proseguo del giudizio, il principio cui dovrà attenersi il giudice del rinvio: “nel caso di investimento del pedone, sulle strisce pedonali, da parte di un ciclomotorista, che ammette la circostanza, al pedone che deduce la colpa del conducente giova la disciplina del co. 1° dell’art. 2054 c.c. ed è pertanto l’assicuratore che ha l’onere della prova di una eventuale colpa concorrente o esclusiva, non essendo sufficiente una mera difesa in ordine alla verifica dell’esistenza del fatto. Pertanto, la verifica dell’an debeatur dell’illecito da circolazione deve considerarsi dal complesso degli elementi obiettivi e confessori raccolti in atti, che potranno essere contrastati soltanto da specifici elementi contrari di valutazione”._x000d_
La decisione in esame offre lo spunto per esaminare la questione relativa alla portata ed agli effetti, nei confronti della compagnia assicuratrice del veicolo coinvolto, di una dichiarazione di responsabilità resa dal responsabile del sinistro stradale al danneggiato,._x000d_
Nel caso di specie, essendo stata fornita in forma scritta al danneggiato, l’ammissione di responsabilità deve considerarsi confessione stragiudiziale a norma dell’art. 2735 c.c. (“La confessione stragiudiziale fatta alla parte o a chi la rappresenta ha la stessa efficacia probatoria di quella giudiziale…”). Pertanto, a norma dell’art. 2733, 2° co., “essa forma piena prova contro colui che l’ha fatta, purchè non verta su fatti relativi a diritti non disponibili”._x000d_
In materia di circolazione stradale, tuttavia, venendo l’azione risarcitoria promossa nei confronti della compagnia assicuratrice, a norma dell’art. 144 cod. ass. (ex art. 18 L. 990/69), ci si imbatte nell’antico brocardo: “confessio soli confitenti nocet”._x000d_
Al fine di risolvere la questione, la giurisprudenza è giunta ad affermare che “la richiesta di condanna, in solido, del responsabile del sinistro e del suo assicuratore si sostanzia nella proposizione (cumulativa), da parte del danneggiato, di due diverse azioni, l’una volta all’affermazione di una responsabilità aquiliana (art. 2054 c.c.), l’altra di tipo diretto (art. 18 L. 990/69). Ne consegue la nascita di una fattispecie di litisconsorzio dalla natura meramente processuale tra assicuratore e responsabile del danno, così che la confessione giudiziale resa da quest’ultimo, fornita di efficacia probatoria “piena” contro il suo autore, deve essere, invece, valutata nei confronti dell’assicuratore a norma dell’art. 2733 c.c. (è, cioè, liberamente apprezzata dal giudice alla luce degli altri elementi di prova emersi nel corso del processo)” (Cass. Civ., sez. III, 12 febbraio 1998, n. 1471)._x000d_
Analogamente, nella sentenza 23 febbraio 2004, n. 3544 la S.C. ha affermato che “la confessione resa dall’assicurato al danneggiato fa piena prova nei rapporti tra tali parti, ma non può essere posta a fondamento di una sentenza di condanna dell’assicuratore, nei confronti del quale la confessione è liberamente apprezzata dal giudice”.