19 Agosto 2013

Citazione in appello – Art. 342 c.p.c. – Elementi essenziali – Richiamo all’art. 163 c.p.c. – Mancata costituzione – Decadenze

“L’art. 342 c.p.c. – che, nel testo (applicabile ratione temporis) quale sostituito dall’art. 50 l. 26 novembre 1990, n. 353, e prima dell’ulteriore modifica di cui all’art. 54, comma 1, lett. 0a), d.l. 22 giugno 2012, n. 134, prevede che l’appello si propone con citazione che deve contenere l’esposizione sommaria dei fatti ed i motivi specifici dell’impugnazione, nonché <> – non richiede altresì che, in ragione del richiamo di tale ultima disposizione, l’atto di appello debba contenere anche lo specifico avvertimento, prescritto dal n. 7 del terzo comma dell’art. 163 c.p.c., che la costituzione oltre i termini di legge implica le decadenze di cui agli articoli 38 e 167 c.p.c., atteso che queste ultime si riferiscono solo al regime delle decadenze nel giudizio di primo grado e non è possibile, in mancanza di un’espressa previsione di legge, estendere la prescrizione di tale avvertimento alle decadenze che in appello comporta la mancata tempestiva costituzione della parte appellata.”

Con la sentenza in epigrafe le Sezioni Unite compongono un annoso contrasto in giurisprudenza in ordine all’interpretazione dell’art. 342 c.p.c._x000d_
Segnatamente, viene condiviso l’orientamento che ritiene che in tema di giudizio di appello, ove l’atto di impugnazione venga notificato ai sensi dell’art. 330 c.p.c., al procuratore dell’appellato, un’interpretazione costituzionalmente orientata, alla luce anche del principio del giusto processo e della durata ragionevole, impedisce di ritenere la nullità dell’anzidetto atto introduttivo del gravame in assenza dell’avvertimento di cui all’art. 163, comma 3, n, 7, c.p.c. (cui rinvia l’art. 342 c.p.c.), in ordine ai termini di costituzione ed alle decadenze conseguenti alla sua tardività (artt. 166 e 167 c.p.c.). Ciò in quanto il soggetto che concretamente riceve la notificazione è in grado, per le condizioni tecnico-giuridiche delle quali deve presumersi sia professionalmente dotato, di apprezzare adeguatamente il contenuto dell’atto, anche se in esso non siano stati trascritti elementi che, tuttavia, possano agevolmente desumersi dai richiami normativi ivi contenuti, come quello, seppur generico, all’art. 166 c.p.c._x000d_
In generale, deve considerarsi che la conoscenza delle regole processuali per la parte che agisce o che è evocata in giudizio – quali sono quelle che prevedono determinate decadenze nel caso di mancata costituzione in giudizio nel termine prescritto – discende dalla generale regola della legale conoscenza della legge e quindi della tendenziale, ancorché non assoluta, inescusabilità dell’errore di diritto. _x000d_
Siffatto principio generale è mitigato sotto vari aspetti: nella materia penale, dalla fondamentale pronuncia di incostituzionalità dell’art. 5 c.p. (C.Cost. n. 364/1988) nella parte in cui non esclude dall’inescusabilità dell’ignoranza della legge penale l’ignoranza inevitabile; nella materia civile, dalla eccezionale rilevanza dell’errore di diritto nel contratto sia in generale (art. 1429 c.c.) che in particolare (art. 1969 c.c.); nella materia processuale civile, dalla rimessione in termini ove la parte dimostri di essere incorsa in decadenze per cause ad essa non imputabile (art. 184 bis e 153, comma 2, c.p.c.), come nel caso di errore (di diritto) commesso dalla parte a causa dell’affidamento su un orientamento giurisprudenziale consolidato oggetto di revirement._x000d_
A fronte del principio generale della legale conoscenza delle norme legislative, le prescrizioni di avvertimenti che ricordano alla parte il contenuto di una determinata regola processuale che comunque appartiene alla legge la cui ignoranza non scusa, costituiscono altrettante deroghe a tale principio e, in quanto disposizioni speciali, esse non rappresentano norme di sistema e mal si prestano all’estensione in via interpretativa da una fattispecie ad un’altra._x000d_
Se si considera l’atto introduttivo del giudizio di primo grado, l’espresso avvertimento di cui al n. 7, comma 3, art. 163 c.p.c. è previsto nell’ordinario giudizio di primo grado promosso con citazione innanzi al tribunale, ma non trova applicazione, ad esempio, nelle controversie di lavoro e di previdenza (art. 414 e 415 c.p.c.), nei giudizi dinanzi al giudice di pace (art. 318 c.p.c.) e nei giudizi di divorzio (Cass. Civ. n. 1332/2000)._x000d_
Tutte queste fattispecie escluse mostrano il carattere circoscritto della regola speciale contenuta nell’art. 163 c.p.c. nella parte in cui onera l’attore di includere, nell’atto di citazione, l’avvertimento per il convenuto che la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui agli articoli 38 e 167 c.p.c._x000d_
Altra connotazione peculiare di tali prescrizioni di avvertimenti, oltre al loro carattere speciale e derogatorio, è che deve risultare testualmente indicato nella norma il contenuto dell’avvertimento._x000d_
Orbene, tenendo conto tanto del carattere derogatorio e speciale delle norme che prescrivono avvertimenti a favore di una parte, quanto della necessaria testualità letterale del contenuto dell’avvertimento, risulta allora decisiva la considerazione che l’art. 342 c.p.c., sia nella formulazione sostituita dall’art. 50 l. n. 353/1990, sia in quella novellata dall’art. 54, comma 1, lett. 0a), d.l. n. 83/2012, conv. in l. 134/2012, richiede sì che l’appello, proposto con citazione, contenga le indicazioni prescritte dall’art. 163 c.p.c., ma senza riformulare né riadattare l’onere dello specifico avvertimento di cui al n. 7, comma 3, di tale ultima disposizione._x000d_
Il carattere speciale e derogatorio della prescrizione che reca l’onere dell’avvertimento comporta che anche per l’appello avrebbe dovuto esserci un’espressa previsione, analoga a quella prevista per il giudizio di primo grado; espressa previsione che invece nell’art. 342 c.p.c. è mancata sia in occasione della riforma processuale del 1990, sia in sede di recente novellazione della norma (ex d.l. n. 83/2012).