Danni lungolatenti: quando sorge il diritto al risarcimento del danno biologico
In caso di danno cosiddetto lungolatente, il diritto al risarcimento del danno biologico sorge solo con riferimento al momento di manifestazione dei sintomi e non dalla contrazione dell'infezione, in quanto esso non consiste nella semplice lesione dell'integrità psicofisica in sé e per sé considerata, bensì nelle conseguenze pregiudizievoli per la persona, sicché, in mancanza di dette conseguenze, difetta un danno risarcibile, altrimenti configurandosi un danno in re ipsa, privo di accertamento sul nesso di causalità giuridica tra evento ed effetti dannosi.
(cfr. Cass., 17/02/2023, n. 5119, cui adde Cass., 14/02/2024, n. 4110; v. inoltre Cass., 2/09/2022, n. 25887; cfr., da ultimo, in termini, sulla specifica fattispecie, Cass., 29/01/2024, n. 2725).
Ai fini del danno subìto dal soggetto infettato, vanno distinti, logicamente e temporalmente, i momenti di: inoculazione infettiva (condotta colposa); contrazione della malattia (evento di danno); apparizione dei sintomi ovvero intervenuta consapevolezza della patologia con diagnosi (pregiudizi conseguenti risarcibili) (cfr. Cass. n. 2725/2024).
Pertanto, ai fini del risarcimento del danno biologico:
a) non rilevano il momento dell’inoculazione e della contrazione;
b) quanto ai successivi momenti, la manifestazione dei sintomi della patologia incidenti sull’integrità fisica a fini che risultino apprezzabili sul piano risarcitorio, prima della consapevolezza della patologia correlata alla diagnosi, potrà radicare il risarcimento del danno biologico;
c) nel caso, invece, di consapevolezza della specifica e grave patologia, diagnosticata, prima dell’apparizione dei sintomi, potrà radicarsi il danno morale da sofferenza, cui se del caso potrà viceversa seguire quello biologico alla comparsa della sintomatologia incidente.