11 Febbraio 2013

Danno esistenziale – Sofferenza morale – Liquidazione

“In tema di risarcibilità del danno non patrimoniale, dopo avere identificato l’indispensabile situazione soggettiva protetta a livello costituzionale (il rapporto familiare e parentale, l’onere, la reputazione, la libertà religiosa, il diritto di autodeterminazione al trattamento sanitario, il diritto all’ambiente, il diritto di libera espressione del proprio pensiero, il diritto di difesa, il diritto di associazione e di libertà religiosa, ecc.), attraverso una ermeneutica di tipo induttivo, occorre che il giudice del merito proceda ad una rigorosa analisi ed una conseguentemente rigorosa valutazione tanto dell’aspetto interiore del danno (la sofferenza morale), quanto del suo impatto modificativo in pejus con la vita quotidiana (il danno esistenziale).”

Ritiene la Suprema Corte che non hanno fondamento giuridico autonome voci di danno, quali la serenità familiare, la vita di relazione e il danno edonistico, che costituiscono il pluralistico aspetto di un’unica conseguenza dannosa della condotta illecita. Esse sono risarcibili in una dimensione risarcitoria sostanzialmente unitaria del danno non patrimoniale, nell’ambito del quale possono distinguersi le componenti del danno esistenziale e del danno morale subiettivo._x000d_
Sul punto, se fino al 2006 la giurisprudenza era orientata univocamente nel senso della netta separazione, concettuale e funzionale, del danno biologico, del danno morale e del danno derivante dalla lesione di altri interessi costituzionalmente protetti, successivamente anche il legislatore ha resa manifesta la volontà di distinguere, morfologicamente prima ancora che funzionalmente, all’indomani delle pronunce del 2008 delle Sezioni Unite, tra la voce di danno biologico e la voce di danno morale (vd. D.P.R. 37/2009 e D.P.R. 191/2009)._x000d_
A ciò si aggiunge “la necessità di una integrale riparazione del danno parentale”, la cui quantificazione deve essere tanto più elevata quanto più grave risulti il vulnus alla situazione soggettiva tutelata dalla Costituzione inferto al danneggiato, e tanto più articolata quanto più essa abbia comportato un grave o gravissimo, lungo o irredimibile sconvolgimento della qualità e della quotidianità della vita stessa._x000d_
Deve, pertanto, ribadirsi l’autonomia del danno morale rispetto al danno biologico e al danno dinamico-relazionale (predicabile pur in assenza di danno alla salute). La mancanza di danno (conseguenza dannosa) biologico non esclude, infatti, in astratto, la configurabilità di un danno morale soggettivo (da sofferenza interiore) e di un possibile danno dinamico-relazionale, sia pur circoscritta nel tempo._x000d_
Una indicazione in tal senso, seppure indiretta, trova fondamento nell’art. 612 bis c.p., il quale, sotto la rubrica “Atti persecutori”, dispone che sia punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato d’ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita._x000d_
Infatti, per quanto destinata ad operare nel campo del diritto penale, questa disposizione di legge sembra definire efficacemente i due autentici momenti essenziali della sofferenza dell’individuo: il dolore interiore e l’alterazione della vita quotidiana._x000d_
Si tratterebbe di danni diversi, autonomamente risarcibili se e solo se rigorosamente provati caso per caso, al di là di sommarie e impredicabili generalizzazioni (poiché anche il dolore più grave che la vita può infliggere, come la perdita di un figlio, può non avere alcuna conseguenza in termini di sofferenza interiore e di stravolgimento della vita “esterna” per un genitore che, quel figlio, aveva da tempo emotivamente cancellato, vivendo addirittura come una liberazione la sua scomparsa).