18 Febbraio 2009

Insidia stradale – Responsabilità della P.A. – Esclusione

Fattispecie: Tizio agisce in giudizio per ottenere il risarcimento dei danni subiti cadendo con il proprio motociclo sul manto stradale, a causa della presenza di una estesa macchia d’olio. _x000d_
In particolare, l’attore chiede al giudice adito di accertare la responsabilità della Provincia Regionale di Catania, proprietaria della strada su cui si è verificato il sinistro._x000d_

Decisione: Il Tribunale di Catania, nel rigettare la domanda attrice, precisa quanto segue: “E pacifico in atti che il sinistro in questione si è verificato a causa della presenza sulla sede stradale di una traccia d’olio sulla quale è scivolato il motociclo dell’attore. … Ciò premesso, si osserva come debba escludersi qualsiasi responsabilità della Provincia Regionale di Catania, ente proprietario della strada in cui si è verificato l’incidente. _x000d_
In primo luogo, deve escludersi l’applicabilità al caso di specie del disposto dell’art. 2051 c.c.. Infatti, per quanto attiene al dovere di custodia, deve osservarsi che, come costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità in innumerevoli pronunce sull’argomento (v. ex pluris Cass. Nn. 6125/95, 5083/95, 12300/95, 11264/95, 10277/90, 4196/97, 15538/00, 6121/99, 15042/08) esso deve riguardare la cosa in sè e tutti quegli agenti che insorgono nella stessa. E tanto nella specie non può affermarsi essendo indubitabile che non di un agente insorto nella cosa si è nella specie trattato, ma bensì di un’insidia costituita da materiale liquido presente sulla carreggiata stradale per opera di un terzo. Ed anche quando si intendesse ampliare il limite esterno e/o interno del dovere di custodia, estendendolo a qualunque vicenda che interessi l’area della custodia, non par dubbio che tale dovere vada coniugato con la possibilità di intervento e con la esigibilità di una qual certa condotta da parte del custode. In caso contrario, infatti, si finirebbe per fargli carico anche di fatti che esulano dalla sua sfera di controllo e che si trovano al di fuori anche da ogni prevedibilità._x000d_
Si osserva al riguardo come il custode del bene demaniale destinato all’uso pubblico sia esposto a fattori di rischio molteplici, imprevedibili e potenzialmente indeterminati, a causa dei comportamenti più o meno civili, corretti e avveduti degli innumerevoli utilizzatori, che egli non può escludere dall’uso del bene e di cui solo entro certi limiti può sorvegliare le azioni._x000d_
La responsabilità oggettiva di cui all’art. 2051 c.c., pur in linea di principio innegabile, presenta pertanto un problema di delimitazione dei rischi di cui far carico all’ente gestore e “custode”, la cui soluzione va ricercata in principi non sempre coincidenti con quelli che valgono per i privati._x000d_
Le peculiarità vanno individuate non solo e non tanto nell’estensione territoriale del bene e nelle concrete possibilità di vigilanza su di esso e sul comportamento degli utenti, quanto piuttosto nella natura e nella tipologia delle cause che abbiano provocato il danno: secondo che esse siano intrinseche alla struttura del bene, sì da costituire fattori di rischio conosciuti o conoscibili a priori dal custode (quali in materia di strade, l’usura o il dissesto del fondo stradale, la presenza di buche, la segnaletica contraddittoria o ingannevole, ecc.), o che si tratti invece di situazioni di pericolo estemporaneamente create da terzi, non conoscibili né eliminabili con l’immediatezza, neppure con la più diligente attività di manutenzione (perdita d’olio ad opera del veicolo di passaggio, come nella fattispecie concreta; abbandono di vetri rotti, ferri arrugginiti, rifiuti tossici od altri agenti offensivi)._x000d_
Nel primo caso è agevole individuare la responsabilità ai sensi dell’art. 2051 c.c., essendo il custode sicuramente obbligato a controllare lo stato della cosa e a mantenerla in condizioni ottimali di efficienza. Nel secondo caso l’emergere dell’agente dannoso può considerarsi fortuito, quanto meno finchè non sia trascorso il tempo ragionevolmente sufficiente perché l’ente gestore acquisisca conoscenza del pericolo venutosi a creare e possa intervenire ad eliminarlo._x000d_
I suindicati principi giuridici stanno ad indicare, per l’appunto, la necessità di addossare al custode solo i rischi di cui egli possa essere chiamato a rispondere – tenuto conto della natura del bene e della causa del danno – sulla base dei doveri di sorveglianza e di manutenzione razionalmente esigibili, con riferimento a criteri di corretta e diligente gestione. Sotto il profilo sistematico la suddetta selezione dei rischi va compiuta – più che delimitando in astratto l’applicabilità dell’art. 2051 c.c., in relazione al carattere demaniale del bene – tramite una più ampia ed elastica applicazione della nozione di caso fortuito._x000d_
Con riguardo ai beni demaniali, in definitiva, va qualificato come fortuito il fattore di pericolo creato occasionalmente da terzi, che abbia esplicato le sue potenzialità offensive prima che fosse ragionevolmente esigibile l’intervento riparatore dell’ente custode, proprio come nel caso concreto in esame (…). _x000d_
Né può affermarsi che la responsabilità della convenuta andrebbe riconosciuta quanto meno sotto il profilo dell’art. 2043 c.c.. Ove si rilevi, infatti, che il materiale liquido in questione non era affatto riferibile ad attività di pertinenza della società convenuta, non può non affermarsi l’inapplicabilità anche di tale norma”._x000d_
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