Minimi tariffari avvocati – Il giudice non può derogare i parametri minimi
Salvo diversa convenzione tra le parti (adottata nel rispetto dell'art. 3 L. 49/2023), ove la liquidazione dei compensi professionali e delle spese di lite avvenga in base ai parametri di cui al d.m. 55/2014, così come modificato dal d.m. 37/2018, non è consentito al giudice di scendere al di sotto degli inderogabili valori minimi, predeterminati da tale decreto e aggiornati a cadenza periodica ex art. 13 co. 6 L. 247/2012.
Come ha argomentato la giurisprudenza di legittimità più recente (cfr. Cass. n. 9815/2023, Cass. n. 9818/2023, Cass. n. 25847/2023), nella liquidazione del compenso il giudice è chiamato dall’art. 4 c. 1 d.m. 55/2014 a tenere conto dei valori medi determinati dalle tabelle allegate al decreto. Essi possono essere aumentati fino al 50% ovvero diminuiti in ogni caso non oltre il 50% e sono soggetti ad aggiornamento biennale ex art. 13 c. 6 L. 247/2012. Rileva in particolare la previsione che i parametri medi non possono essere diminuiti oltre il 50%, senza eccezione (“in ogni caso”). Tale inderogabilità dei parametri minimi è stata espressamente introdotta con una modifica apportata dal d.m. 37/2018.
Con riferimento alle liquidazioni sottoposte al regime del d.m. 55/2014, così come modificato dal d.m. 37/2018, non è più consentita la liquidazione di importi risultanti da una riduzione superiore al 50% dei parametri medi. Il legislatore ha deciso di circoscrivere il potere del giudice di quantificare il compenso o le spese processuali e di garantire così (cioè, attraverso una limitazione della flessibilità dei parametri) l’uniformità e la prevedibilità delle liquidazioni a tutela del decoro della professione e del livello della prestazione professionale.
Da ultimo, tale intenzione legislativa ha trovato un’ulteriore espressione nella L. 49/2023 in materia di equo compenso delle prestazioni professionali, ove l’art. 1 dispone che “per equo compenso si intende la corresponsione di un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale”, nonché – per gli avvocati – conforme ai compensi previsti dal decreto del Ministero della Giustizia ex art. 13 co. 6 L. 247/2012 (cioè, attualmente, il d.m. 55/2014). Si prevede inoltre (all’art. 3) che “sono nulle le clausole che non prevedono un compenso equo e proporzionato all’opera prestata, tenendo conto a tale fine anche dei costi sostenuti dal prestatore d’opera; sono tali le pattuizioni di un compenso inferiore agli importi stabiliti dai parametri per la liquidazione dei compensi dei professionisti iscritti agli ordini o ai collegi professionali, fissati con decreto ministeriale, o ai parametri determinati con decreto del Ministro della Giustizia ai sensi dell’art. 13 c.6 L. 247/2012 per la professione forense”.